il caso
La vera storia delle tasse sui dottorandi
Come è
nato l'emendamento e siamo sicuri che non ci sia più pericolo?
Flavia Amabile La Stampa,
17.4.2012
E' stato un bel pasticcio
questo su dottorandi, specializzandi ed altri titolari di borse di
studio. Il governo ha fatto sapere che non ne voleva sapere di
questa norma e alla fine ieri la commisione Finanze della Camera ha
approvato un emendamento del Pdl (Di Virgilio) e uno del Pd (Sarubbi)
che eliminava la tassazione ma nella confusione di una settimana di
allarmi via Web sempre più concitati a rimetterci in immagine è
stato innanzitutto il governo come scrivo più ampiamente oggi per il
giornale cartaceo.
In molti infatti sono rimasti
perplessi: è possibile che proprio il governo dei
tecnici abbia messo la propria firma su quella che è stata definita
la «tassa sul merito»? Le cose sono andate diversamente, spiega il
ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. «Fin dall’inizio come
ministero abbiamo lavorato per far cadere questa misura che andava a
colpire la ricerca e la qualità di chi se ne occupa. Il governo non
è mai stato coinvolto. Si è trattato di un emendamento di cui non
sapevamo nulla e, quando abbiamo saputo, c’è stata immediatamente
una presa di posizione negativa con un parere scritto».
La misura, infatti,
è il frutto di un emendamento, il 3143, scritto da due senatori
dell’Svp, Helga Thaler Ausserhofer e Manfred Pinger. E’ stata
parzialmente corretta da Mario Baldassarri, presidente della
commissione Finanze del Senato, che ha introdotto un limite di
11.500 euro al di sotto del quale l’esenzione era ancora valida. I
redditi al di sopra di questa cifra però dovevano essere tassati
hanno deciso i senatori, e così il testo del ddl è arrivato alla
Camera.
Il tentativo dei senatori della
Svp era di eliminare differenze tra le borse di
studio di dottorandi e specializzandi, dei medici in formazione
specialistica e dei corsisti in medicina generale fino ad allora non
tassate, e altre del mondo sanitario che ammontano a 7-800 euro, su
cui il Fisco preleva la sua aliquota. Al grido di «basta ai
privilegi!» è stata, quindi, unificata l’intera materia.
Ed invece era solo un gran
pasticcio. E ancora non è detta l'ultima parola.
Andrea Sarubbi del Pd, il primo politico a lanciare l’allarme sui
social network e a firmare un emendamento alla Camera per chiedere
la cancellazione della «tassa sul merito», avverte. «Per fortuna i
giovani e i diretti interessati sono intervenuti e hanno permesso di
cancellare una misura che avrebbe penalizzato il loro valore e le
loro ricerche. Ora speriamo che non ci siano sorprese mercoledì in
aula».