Competenze/2. Tuttoscuola, 10.4.2012 Negli anni successivi, in parallelo con le indagini internazionali Ocse-Pisa, realizzate ogni tre anni a partire dal 2000, e con l’elaborazione in sede comunitaria di programmi per lo sviluppo del capitale umano europeo (Lisbona 2000, definizione di key competencies per la cittadinanza, quadro europeo delle qualifiche), si affermò la tesi che le competenze più importanti, quelle ‘strategiche’, non erano quelle disciplinari ma quelle inter o transdisciplinari (dette personali o trasversali) come l’imparare a imparare, la capacità di progettare e di risolvere problemi, la creatività, la relazionalità ecc. Ma mentre le conoscenze, e anche le competenze intese come capacità di utilizzare le conoscenze per risolvere problemi (secondo il modello Ocse-Pisa e Invalsi), potevano essere valutate, o meglio misurate su larga scala tramite test, come è stato fatto a livello internazionale e nazionale, non altrettanto è avvenuto per le competenze più complesse come quelle trasversali. Il quadrimestrale ‘Scuola democratica’, diretto da Luciano Benadusi, ospita nei numeri 3 e 4 diversi contributi sull’argomento, e un vivace confronto sull’utilizzabilità dei test come indicatori di competenze, in particolare di quelle trasversali. Scettici, per motivi diversi, appaiono Giorgio Israel (si vedano anche le sue precisazioni pubblicate in tuttoscuola.com, rubrica ‘botta&risposta’), a cui giudizio i test possono misurare solo il grado di acquisizione di competenze minime e imprescindibili di carattere linguistico o di calcolo, e hanno il grave inconveniente di incoraggiare il teaching to the test, e Norberto Bottani, che pure è stato uno dei protagonisti della svolta in direzione della creazione di indicatori internazionali per la valutazione comparativa dei sistemi scolastici. A suo giudizio l’attuale modello organizzativo dei sistemi scolastici, fondato su regole rigide e impersonali (discipline, classi, standard), non si presta né alla valutazione né alla valorizzazione delle competenze, operazioni che richiederebbero una forte personalizzazione dei percorsi di apprendimento e il superamento delle tradizionali coordinate di spazio (luoghi fisici) e di tempo (durata dell’insegnamento e dell’apprendimento). A difesa dell’utilità dei test, soprattutto come indicatori di qualità ed equità dei sistemi e strumenti di supporto delle decisioni politiche (ma anche consapevoli dei loro limiti), si schierano soprattutto sociologi ed economisti dell’istruzione, tra i quali Paolo Sestito, attuale commissario dell’Invalsi. Sul sito www.scuolademocratica.it è possibile leggere gli abstract degli interventi più significativi.
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