Troppi dirigenti scolastici dimostrano
una idiosincrasia per le regole contrattuali

Lucio Ficara, ScuolaOggi 24.4.2012

La parola regola deriva etimologicamente dal verbo latino règere che significa governare, da questo verbo deriva anche la parola dirigere, formata dal prefisso dis e règere, che ha il seguente significato: volgere per linea retta a un dato scopo, guidare, governare.

Se le parole hanno un senso e sono fortemente convinto che lo abbiano, i dirigenti scolastici dovrebbero per buona norma apprezzare le regole contrattuali e utilizzarle per la governance della scuola che a loro è stata assegnata. Invece dimostrano, con il loro dire e con il loro fare, una preoccupante idiosincrasia per le regole contrattuali e la loro applicazione. Per esempio è servita la sentenza del giudice del lavoro di Lagonegro, del 04.04.2012 n.309/2012, per ricordare che nessuna discrezionalità è lasciata al Dirigente Scolastico in merito all´opportunità di autorizzare il permesso per motivi personali o familiari richiesto secondo l’Art.15 comma 2 del Ccnl 2006-2009, né, in particolare, gli è consentito di comparare le esigenze scolastiche con le ragioni personali o familiari certificate per cui il permesso è richiesto, ma avrà solo e semplicemente un controllo di tipo formale in merito alla presentazione della domanda ed all´idoneità della documentazione a dimostrare la sussistenza delle ragioni poste a base della domanda; né tanto meno, è consentito al Dirigente Scolastico porre delle regole preventive che vietino o restringano la possibilità per i docenti di usufruire dei permessi o delle ferie in periodo di attività didattica, qualora queste siano richieste per motivi personali o familiari.

Troppo spesso accade di sentire dirigenti scolastici criticare e disattendere le regole contrattuali. Infatti venendo meno al loro ruolo di inter pares, concedono il permesso retribuito per motivi personali, in modo del tutto discrezionale, ad alcuni docenti e lo negano ad altri. Troppo spesso sento dire, da parte di autorevoli dirigenti scolastici, che il contratto dei lavoratori della scuola e le regole del nostro sistema scolastico, rappresentano, metaforicamente, quei lacci e lacciuoli che impediscono di governare una istituzione scolastica. Questi illustri dirigenti (dis+ regere) si beano dell’orpello dato dal loro ruolo, ma nascondono una realtà fatua, un’essenza effimera e menzognera e quindi dovrebbero chiamarsi, non dirigenti scolastici ma des-potenti scolastici. Il termine da me coniato des-potenti scolastici è rivolto a chi esercita l’autorità conferita, con prepotenza e arroganza, contro le regole pattuite dal condiviso contratto.

A mio modo di vedere, il governo di una istituzione scolastica, quello giusto ed equilibrato, passa necessariamente dal rispetto onorato e condiviso delle regole contrattuali e mai e poi mai, dal libero arbitrio di un despotente scolastico. Nella società odierna che io definisco la società dell’opulenza, del vizio e dell’arroganza, le regole contrattuali sono più che mai necessarie per limitare l’insana furia di onnipotenza di individui, che hanno l’orpello di chiamarsi dirigenti scolastici, ma in realtà sono dei poveri despotenti scolastici. Le norme contrattuali, pensate nel rispetto delle leggi vigenti, hanno l’obiettivo comune di fare funzionare la governabilità di una scuola , che ha bisogno per applicarle correttamente di dirigenti scolastici responsabili, competenti e rispettosi del ruolo conferitogli.