La sarabanda dei libri di testo

di Pietro Raboni Il Fatto Quotidiano, 20.4.2012

In questo periodo dell’anno le sale insegnanti delle scuole italiane traboccano di pacchi-regalo. Qualcuno li scarta avidamente, vedendo forse in quel dono un riconoscimento della propria professionalità; altri li mettono da parte, pregustandone l’apertura nell’ora buca.

E’ l’inizio della sarabanda dei libri di testo, del festival della nuova adozione. Per la verità il momento esaltante del pacco-regalo è solo successivo, com’è logico, a un lento lavorio dei rappresentanti editoriali che, solitamente nel mese di marzo, battono sistematicamente le scuole del territorio a loro assegnato. Più ci si è mostrati disponibili verso i rappresentanti e, soprattutto, più si è fatta ventilare l’ipotesi di una possibile nuova adozione, più il nostro pacco si staglierà oggi voluminoso in sala insegnanti e susciterà l’ invidia dei colleghi.

Purtroppo a me capita, da qualche anno, di vivere questo momento, per gli altri spensierato, con una certa angoscia. Da cinque anni, infatti, abbiamo creato nel nostro istituto un progetto comodato che ci consente oggi di fornire quasi gratuitamente i libri di testo agli alunni del biennio. Ci sono voluti anni per reperire i fondi, aggiungendo pazientemente avanzi di bilancio a finanziamenti regionali e comunali, perchè la scuola potesse avviare questo progetto che copre, oggi, circa un centinaio di alunni e che consente alle loro famiglie un risparmio netto di 20mila euro all’anno. Grazie alla tassa d’uso applicata (per questo il quasi precedente) il progetto, a pieno regime, dovrebbe autoalimentarsi, consentendo lo svecchiamento graduale dei testi e la sostituzione di quelli consunti.

Ovviamente, per funzionare, il progetto deve primariamente prevedere che i testi dati in comodato abbiano una vita di almeno cinque o sei anni. E qui sta il problema, da qui la mia angoscia. Ogni anno, quando inizia il festival della nuova adozione, ho sempre paura che un’abile rappresentante riesca a scalfire il progetto, magari circuendo una giovane collega in cambio del nuovo manuale di storia. Ieri ne ho beccato uno mentre ronzava attorno alla collega di francese. Mi sembrava stesse fecendo breccia e sono intervenuto portando la discussione sui massimi sistemi. Alla fine siamo rimasti solo io e lui a parlare: abbiamo convenuto sul fatto che un sistema di comodato ben fatto potrebbe portare a enormi risparmi; dal suo punto di vista, però, sarebbero soldi in qualche modo “sottratti” al mercato editoriale, posti di lavoro in meno, il suo (e l’ho visto davvero preoccupato) posto a rischio.

E’ vero, c’è anche la crisi dell’editoria. Ma deve essere la scuola pubblica, oggi, a sostenere il mercato editoriale, tra l’altro controllato per tre quarti da sei grandi gruppi?

La strategia concorrenziale degli editori ha oltretutto portato a una moltiplicazione dei prodotti, spesso da un anno all’altro modificati solo superficialmente (un inserto in più, un capitolo in meno, la copertina più psichedelica), che ha tagliato le gambe ai piccoli editori, al mercato dell’usato e, comunque, ha subordinato la qualità del prodotto alla sua vendibilità.

Se dal 2009 il Ministero ha introdotto l’obbligo di mantenere un testo adottato almeno cinque o sei anni, tuttavia, sia per il sopravvenire di modifiche nell’ordinamento scolastico sia per l’introduzione dell’informatizzazione, questa decisione non ha ancora avuto i suoi frutti. E la circolare ministeriale del 2011 (n. 18, prot 1308) sembra introdurre ulteriori possibilità di aggirare il blocco con quel “salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze” che sarà stato accolto con un brindisi nei piani alti delle case editrici.

Nessun cenno, comunque, nelle recenti decisioni ministeriali, e certamente nessun invito a mettere in atto il comodato d’uso dei libri di testo scolastici; si è preferito limare il principio costituzionale (art 34) della gratuità della scuola dell’obbligo (oggi alle medie inferiori e al biennio delle superiori il contributo dell Stato è limitato al “tetto di spesa”) piuttosto che cercare di usare un po’ di fantasia.

Qualunque sia la spesa dello Stato in un anno per l’acquisto dei libri di testo, a cui bisogna aggiungere le miriadi di contributi comunali e regionali indirizzati alla scuola, qualunque sia questa spesa può essere facilmente ridotta di quattro quinti introducendo nelle scuole l’istituto del comodato. I soldi che avanzano? Beh, potrebbero essere davvero investiti nella scuola pubblica, dei cui bisogni non c’è qui spazio per fare l’elenco.

Altrimenti smettiamo di chiamarli contributi statali alla scuola pubblica e chiamiamoli contributi statali al mondo dell’editoria, della grande editoria.

Dimenticavo: questo sistema (il comodato), in Francia, funziona da decenni.