A proposito di Indicazioni per la primaria (Il Ministero sta approntando la revisione delle Indicazioni del 2007) di Claudia Fanti Educazione & Scuola 23.4.2012 Nelle Indicazioni (che tra poco verranno riviste e forse modificate), Decreto Ministeriale 31 Luglio 2007, l’articolo 3 recita così: ”Nella prospettiva della revisione degli ordinamenti degli studi vigenti per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo grado, le istituzioni scolastiche verificano altresì – anche attraverso le pratiche di ricerca/azione – l’efficacia e le modalità di attuazione delle Indicazioni contenute nel documento allegato, utilizzando a riguardo tutti gli strumenti di flessibilità previsti dal D.P.R. 275/1999, con particolare riferimento agli articoli 4, 5 e 6. “ Ebbene credo di poter dire con certezza che la tanto decantata “ricerca/azione” è rimasta spesso nelle righe dell’articolo e lì si è fermata. Non per mancanza di volontà di dirigenti e insegnanti, bensì a causa della caterva di impegni collaterali da sbrigare, non ultimo quello relativo alla stesura e revisioni continue negli anni di POF che devono essere condivisi dal collegio, ciò unitamente al lavoro meticoloso con il quale si è stati impegnati a “leggere” i risultati delle prove Invalsi, a prenderne nota per “porre rimedio” alle lacune che alcuni insegnanti hanno creduto di ravvedere nel proprio lavoro didattico in classe. Purtroppo la categoria magistrale è impegnata da anni a scovare gli “errori” commessi colpevolizzandosi e battendosi il petto pur stimando poco le prove Invalsi. Ormai succede ogni anno. E’ un rito la cui colpa però dovrebbe ricadere sulla mania dei questionari di dare, essi sì, indicazioni. La categoria è formata da generazioni alquanto diverse e di differente provenienza e scuola di pensiero: ovviamente,di solito, ma non sempre, più si va in alto con l’esperienza, più si considerano poca cosa le rilevazioni Invalsi, Ocse e Pisa, e non certo per ignoranza. Al contrario, proprio per aver accumulato una solida competenza nell’osservazione dei fenomeni ricorrenti (relativamente a riforme, decreti applicativi e applicazioni). I più giovani sono i più sconcertati dinanzi alla realtà pulsante delle classi e alla contraddizione sconvolgente che vivono sulla propria pelle: da una parte hanno programmi, teorie studiate all’università, raccomandazioni ministeriali, dall’altra i tagli, le incongruenze delle scuole in cui lavorano, le quali pretendono risultati senza dare nulla in cambio in termini di supporto formativo, di accompagnamento alla professione reale. Inoltre, a livello di scuola primaria, i giovani e gli anziani devono fare i conti con una solitudine ormai quasi totale, quella antica che coloro i quali iniziarono la propria carriera come “maestri unici” ben conoscono. Il sistema che si apre anche agli occhi degli ultimi arrivati, quei pochi che sono riusciti a essere assunti a tempo indeterminato, è più o meno questo, soprattutto nei grandi agglomerati scolastici: qualche saluto all’inizio dell’anno nel primo Collegio, la formazione di commissioni ognuna specializzata in qualche ambito: sicurezza, revisione del POF, organizzazione oraria del plesso, organizzazione di eventuali feste della scuola, ecc. E, per ciò che riguarda l’insegnamento, c’è qualche sporadico aggiornamento a tema nel quale di solito ci si dimentica della interdisciplinarità, della trasversalità, della rete tra i saperi. In alcuni casi il capitolo della formazione è proprio chiuso a causa della scarsità di risorse economiche, quindi la scelta di fare formazione (anche per trovare risposte al proprio senso di inadeguatezza e alle incertezze dinanzi alle sfide che le classi reali ogni giorno lanciano alla preparazione teorica) è individuale e generalmente a spese della persona che vi si avventura così come l’acquisto di materiali, libri, riviste, pc… Poi si entra in classe e là capita sovente una specie di sconvolgimento della persona insegnante insieme con i propri alunni: soli, in un recinto. Togliamo subito dalla testa di chi crede di tutto sapere e perciò criticare, che le responsabilità siano della formazione universitaria o dell’ignoranza individuale. La realtà è complessa e riguarda soprattutto proprio (si scusi il bisticcio) la realtà: i bambini sono oggi esseri umani con pretese, che vengono a scuola pronti a esprimersi, e spesso non hanno conosciuto l’autorevolezza dell’adulto, quindi la maestra se la deve conquistare con strategie esperte, mirate e ben studiate caso per caso. La classe è una comunità di esseri pronti a imparare e a vivere bene insieme, purché l’adulto abbia le idee chiare e cioè una eccezionale capacità di ascolto e un’altrettanta solida preparazione culturale, disciplinare, metodologica, didattica, umana…L’edificio scolastico generalmente è vecchio, privo di spazi, arredi a misura di bambino e di strumenti adatti alle attività di laboratorio; libri, atlanti, dizionari, carte geografiche, quando presenti, sono altrettanto vecchi, pochi e consumati dall’uso…Mancano fotocopiatori, registratori, impianti stereo per l’ascolto e la fruizione di musica, fari e faretti per rappresentazioni, proiettori…denaro per sostituire ciò che finisce o non funziona più… Nel rileggere le Indicazioni del 2007 si nota quanto gli estensori abbiano battuto il ferro sul tema della Cittadinanza, del rispetto delle diversità affinché non divengano disuguaglianze anche in riferimento alla nostra splendida Costituzione, eppure non è con il solo progettare studi sulla Costituzione in classe che esso si tradurrà in crescita sociale per tutti. Anzi, se la Costituzione diverrà l’ennesima materia sarà controproducente per se stessa. Al contrario se la conduzione della classe sarà fin dall’infanzia organizzata in un modo cooperativo e sereno, se le azioni tutte, fin dalla prima, saranno impostate nel rispetto della collaborazione, con il dialogo e la discussione, con l’aiuto reciproco negli apprendimenti e senza tutto voler misurare e “votare” con freddi numeri differenziatori, la classe sarà palestra “costituzionale” di allenamento al futuro ingresso nella società degli adulti. La pratica della Cittadinanza democratica è l’unico modo per saper leggere e interiorizzare la nostra Costituzione. Le parole, le lezioni, gli elenchi di regole da rispettare, i cartelloni servono molto meno.
Le Indicazioni
sostengono spesso che ogni disciplina deve farsi tramite di
approccio al sapere in modo rispettoso della Costituzione e delle
problematiche del mondo attuale. Lo dicono in modo egregio, alto,
giusto, ma si sgretolano nell’incontro con la nostra realtà nelle
classi per la pretenziosità delle loro richieste squisitamente
disciplinari in un momento in cui ciò che di bello era stato
costruito a fatica dalle maestre, e cioè una certa loro
specializzazione-formazione su un’area disciplinare, sta
drammaticamente finendo e sta lasciando il posto al maestro
tuttologo, al maestro tappabuchi che corre a far supplenze (nelle
classi dei colleghi) sacrificando le compresenze, e si scontrano
anche con la preoccupazione per i test Invalsi e i risultati.
Proprio i test tastano il terreno di due discipline, quelle basilari
per l’avvio di un possibile ingresso nella società, quando, di
contro, le Indicazioni chiedono il massimo alla primaria per tutte
le discipline. E Arte e immagine? Ebbene, le Indicazioni si sbizzarriscono con splendidi obiettivi che sembrano scritti per un corso del Dams. Tuttavia questi sono solo un esempio delle tante pretenziose richieste delle Indicazioni per ciò che riguarda materie che ormai sono nei fatti lasciate alla deriva vista la carenza di ore, di specializzazione, di formazione. Le cosiddette materie nobili sono tra l’altro, nelle Indicazioni, estremamente vaghe nella loro onnicomprensività, come nel caso di uno degli obiettivi dell’Italiano per la fine della quinta: “…individuare e usare in modo consapevole modi e tempi del verbo; riconoscere in un testo i principali connettivi (temporali, spaziali, logici); analizzare la frase nelle sue funzioni (predicato e principali complementi diretti e indiretti).” Non che con i bambini non si possa avviare una riflessione su qualsiasi cosa. Tutt’altro, ma una formulazione del genere spalanca scenari preoccupanti lasciando la possibilità ai docenti (ripeto di diverse generazioni e derivazioni culturali -scolastiche) di spaziare in un campo alquanto accidentato vista la questione delle grammatiche, della grammatica, e pericoloso è poi l’accenno a “complementi diretti e indiretti”, che incentiva la pratica di alcuni insegnanti, i quali si adoperano nel tentare di “fare” raggiungere il maggior numero di“OBIETTIVI” con il maggior numero di complementi considerandoli tutti “principali”! O, nel caso del verbo, fanno studiare (non soltanto scoprirne l’uso e riflettere sul suo comportamento) tutte le sue peculiarità fino al si passivante, ai riflessivi pronominali, allo studio degli irregolari e altro ancora…Ciò rischia di accadere ancora e ancor più a causa delle prove Invalsi! Si vedono già gli effetti di tali prove-spauracchio guardando le proposte delle case editrici. E succede ora, proprio quando gli studiosi di didattica della lingua consigliano e si raccomandano di dare molto spazio all’analisi di testi, alla loro costruzione-rielaborazione, alla coerenza e coesione, al parlato pianificato, alla scrittura nei suoi molteplici aspetti, alla lettura competente, ecc.
E tra gli obiettivi
finali della quinta delle Indicazioni di Matematica, troviamo
elementi di statistica e probabilità in Relazioni, misure, dati e
previsioni: “usare le nozioni di media aritmetica e frequenza”,
“rappresentare relazioni e dati e, in situazioni significative,
utilizzare le rappresentazioni per ricavare informazioni, formulare
giudizi e prendere decisioni”, “in situazioni concrete, di una
coppia di eventi intuire e cominciare ad argomentare qual è il più
probabile, dando una prima quantificazione, oppure riconoscere se si
tratta di eventi ugualmente probabili.”. Per non parlare degli obiettivi finali di Storia che sembrano scritti per il triennio delle superiori:
“Uso dei documenti:
ricavare informazioni di diversa natura utili alla comprensione di
un fenomeno storico. Rappresentare in un quadro storico sociale il
sistema di relazioni tra i segni e le testimonianze del passato
presenti sul territorio vissuto. E gli obiettivi di Tecnologia? Leggiamone uno: “ utilizzare le Tecnologie della Informazione e della Comunicazione (TIC) nel proprio lavoro” (magari senza collegamento internet, o peggio, senza pc e tablet di ultima generazione!); e in Geografia? Leggiamone un altro: “individuare problemi relativi alla tutela e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, analizzando le soluzioni adottate e proponendo soluzioni idonee nel contesto vicino”. Sarebbe quasi niente, si potrebbe far finta che tutti tali obiettivi non esistano se poi al traguardo non ci fossero i voti e i giudizi sull’operato dei bambini, ma così non è, perché alla fine si deve giudicare, anzi misurare col voto, e non basta, c’è pure il questionario Invalsi che tra l’altro non si sa su quali standard si basa e da chi siano definiti. Gli insegnanti un po’ ingenui potrebbero pensare che gli obiettivi scritti nero su bianco siano quelli su cui l’Invalsi si basa per stendere il questionario e sarebbe un vero tormento per la loro didattica. Fortunatamente la maggioranza dei docenti ha l’equilibrio necessario, per ora, di scrollare la testa e procedere con il lavoro “intenso ma normale” dedicato a bambini “intensi ma reali”.
Mi chiedo spesso quale
sia la percezione che gli estensori dei documenti che riguardano gli
apprendimenti abbiano dei bambini e della scuola così com’è oggi. La scuola sognata ognuno di noi ce l’ha nel cassetto, ma quella POSSIBILE dovrebbe essere studiata con maggiore attenzione al fine di esercitare un minimo di controllo sulle pretese scritte nero su bianco e poi consegnate nelle mani e nelle menti di docenti e alunni, i quali devono fare i conti con la realtà e tentare di trasformarla in una dimensione di serenità e di speranza. Mi piacerebbe che durante la revisione delle Indicazioni per la primaria, qualcuno al quartier generale si preoccupasse di non far sfoggio della propria competenza disciplinare e che invece la usasse per trovare un POSSIBILE lessico per affiancare nel loro difficile lavoro i docenti: sarebbe auspicabile almeno che, in sostituzione della parola OBIETTIVI, vi fosse la più realistica ORIENTAMENTI per “avviare, favorire, far intuire, stimolare, incentivare a, avvicinare a, allenare a…”, insomma una sorta di bussola per la scuola di base. In ogni modo la scuola si è attivata da tempo per costruire curricoli possibili, lasciando sovente nel cassetto le Indicazioni, sia quelle del 2004 sia quelle del 2007. Tuttavia non mi sembra serio e neppure razionale che qualsivoglia programma ministeriale non tenga conto della realtà delle fasce di età a cui è diretto e dei diversi gradi di preparazione disciplinare ed esperienziale dei docenti, i quali tra l’altro non sono mai stati sostenuti da corsi di formazione ministeriali di alcun tipo come invece avvenne nella fase di avvio dei Programmi del 1985, i quali, tra parentesi, sono ancora seguiti e amati per la loro profondità e completezza da molte scuole: come non tenerne conto? Inoltre, e per concludere, se il sistema italiano d’istruzione ha scelto l’inclusione, l’integrazione e l’accoglienza, non si possono fare le nozze con i fichi secchi! L’attenzione dovuta a tutti, proprio a tutti, dovrebbe far riflettere sulle pretese e lasciare agli insegnanti la possibilità di indagare, di potenziare, di tarare contenuti, strategie e azioni del proprio lavoro d’aula sulla base dei bambini reali che si trovano dinanzi. Infatti non è ininfluente la presenza di un alto numero di alunni tra i quali ce ne sono tanti con un estremo bisogno di cura, di ascolto e di strategie mirate. Si dovrebbe, nel pensare a Indicazioni nazionali, comunicare e avere estremo rispetto, riguardo e fiducia nelle capacità di discernimento dei professionisti dell’istruzione che ogni giorno sono in prima linea tentando di porre rimedio ai guasti della società. Sono soltanto loro che possono eventualmente alzare l’asticella degli obiettivi di apprendimento, organizzare attività con difficoltà di comprensione maggiori se i bambini con i quali lavorano lo consentono, sempre tenendo conto, però, delle necessità dell’infanzia che sono anche quelle del gioco, della voglia di stare insieme con i pari in un clima rispettoso del loro bisogno di rilassanti rapporti gioiosi e amichevoli: “bravi” e “meno bravi”, tutti bambini, non scordiamolo mai. I bambini non devono crescere soltanto come futuri cittadini adulti consapevoli, devono poter essere bambini accompagnati anche dalla fantasia, dalla poesia, dall’immaginario in spazi e tempi adatti a loro, alla loro voglia di vivere nella gioia…almeno da piccoli!
*1Per ciò che riguarda
Storia sarebbe opportuno lasciare alla scuola secondaria di primo
grado il compito di una formalizzazione più compiuta e
“accontentarsi” nella primaria di obiettivi alla portata dei
bambini.
Uso dei documenti:
ricavare informazioni da fonti di facile comprensione. Inoltre molti insegnanti della primaria vorrebbero una periodizzazione diversa che permettesse una certa ripetitività del ciclo storico per dar modo ai bambini, curiosi e interessati a tutto ciò che li circonda e non ancora disturbati dalle pulsioni adolescenziali che ben conosciamo, di soddisfare la loro passione per le testimonianze e i segni che la Storia, in particolare quella del ‘900, ha lasciato sul territorio. Si aggiunge poi che la scuola media potrebbe, ad esempio, ripartire tranquillamente dai Comuni per giungere senza affanno alla storia del ‘900 con ulteriori approfondimenti impossibili nella fascia di età della primaria.
2 Rileggendo le
Indicazioni di Corpo, movimento sport e quelle per la lingua
comunitaria, ritengo che gli obiettivi siano condivisibili e scritti
con attenzione e rispetto per le fasce di età a cui sono rivolti.
Evidentemente gli estensori erano persone con grande senso della
realtà e spiccata sensibilità. |