SCUOLA

Gavosto (Fga): le classifiche?
Servono a migliorare le scuole

intervista di Federico Ferraù ad Andrea Gavosto, il Sussidiario 4.4.2012

La Fondazione Agnelli ha appena sfornato le classifiche regionali delle scuole superiori in quattro regioni italiane. Lo studio – giunto alla terza edizione per il Piemonte mentre è la prima volta per Lombardia, Emilia-Romagna e Calabria – valuta la qualità delle scuole superiori attraverso i risultati dei loro diplomati immatricolati negli atenei italiani. Il principio è semplice. Cari matricole, diteci come va il vostro primo anno di università e vi diremo da che scuola venite.

L’idea di una classifica delle scuole è quanto di più ovvio si potrebbe immaginare, invece pare proprio l’incubo del nostro sistema scolastico. Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, fa il punto su quanto emerge dallo studio, che viene pubblicato sul sito della Fondazione a partire da oggi. «Il nostro sistema scolastico è molto variegato» dice Gavosto a IlSussidiario.net «non solo dal punto di vista regionale ma anche da quello dei singoli istituti vicini e apparentemente simili». E questo si sapeva. Ma c’è dell’altro. In Piemonte, dove l’indagine è al terzo anno, la classifica pubblica qualcosa ha portato. «Molte scuole sono venute a chiederci cosa non avesse funzionato. Perché – dicevano – «vorremmo capire come migliorare...».

Andrea Gavosto, come nasce questa ricerca?

Il progetto è nato tre anni fa, quando abbiamo iniziato ad occuparci di valutazione della scuola. Ci rendemmo conto che un aspetto che non veniva molto osservato era quello relativo a ciò che succede dopo che la scuola finisce, in altri termini, come la scuola frequentata prepara al «dopo». I test Invalsi, per esempio, non tengono conto di questo. Nel caso degli studi che presentiamo (relativi alle scuole di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Calabria, ndr) il dopo è l’università; ma ci piacerebbe valutare anche come gli istituti professionali preparano per il mondo del lavoro.

Il vostro lavoro si presenta come una classifica in piena regola. Come leggerla e come usarla?

La scuola è un sistema molto complesso e se volessimo approfondirlo come merita potremmo e dovremmo fare cento e più tipi di diversa valutazione. Quello che consideriamo è tramutabile in una serie di indicatori – partiamo dai libretti universitari, quindi consideriamo le medie dei voti, il numero dei crediti ottenuti, la velocità, etc. – ma una graduatoria rimane a conti fatti il modo più semplice di presentare i risultati. La cosa che più facilmente suscita polemiche è vedersi pubblicamente inseriti in una graduatoria. Non piace, com’è ovvio, a chi non si è classificato particolarmente bene.

In Piemonte sono tre anni che fate questo studio.

Il primo anno infatti c’è stata molta discussione, perché in Italia l’idea di una classifica delle scuole non è così popolare – al contrario, per esempio, della Gran Bretagna. Poi però qualcosa è cambiato, anche per un fattore di mentalità. Oggi «viviamo» di classifiche su mille altri aspetti: pensiamo per esempio alla classifica delle città in cui si vive meglio. Per le amministrazioni locali sono un importante momento di verifica.

Si potrebbe obiettare che a valutazione ottenuta il problema è solo spostato: voi avete fatto la classifica delle scuole, ma «quale» università sta valutando le matricole del primo anno?

Ha ragione. Ci sono atenei di manica più larga e altri che sono più severi. E, detto in maniera ancora più brutale, prendere 30 a ingegneria è molto più difficile che prender 30 a lettere. In realtà, teniamo conto di entrambe le cose. In gergo si dice che «normalizziamo» sia per la classe di laurea, sia per l’ateneo. Per farla breve, la comparazione diventa possibile.

Ma allora che cosa permette di definire «buona» una scuola? Tra gli indici c’è l’«effetto-scuola». Che cos’è?

Per capirci partiamo dalla fine: da cosa può dipendere rendimento dei giovani al primo anno di università? Alcuni fattori sono legati al territorio: per esempio i giovani che vengono da un piccolo centro sono più motivati e hanno voti più alti di quelli che vengono dalle grandi città. Altri dipendono dall’indirizzo di provenienza: chi viene da un liceo è favorito rispetto a chi viene da un istituto tecnico. Poi vengono elementi come il voto finale dell’esame di Stato o l’essere maschio o femmina (le ragazze infatti vanno meglio). Tolti questi fattori, cosa «rimane»? L’effetto-scuola: semplificando, la qualità del corpo docente e la capacità organizzativa del dirigente scolastico.

Sono migliori le statali o le paritarie?

Le statali. Solo in Lombardia le paritarie hanno posizioni di rilievo, perché in generale annoverano nel loro gruppo anche i cosiddetti «diplomifici» che come sappiamo non hanno come scopo principale quello di preparare all’università, ma di dare a chi li frequenta il famoso «pezzo di carta».

Avete rilevato anche la Calabria. Nord e sud sono paragonabili?

Non con la metodologia adottata. Le nostre graduatorie non permettono di fare confronti tra regioni ma solo confronti interni ad una data regione. I dati che consentono di fare comparazioni tra i livelli di apprendimento già li abbiamo e sono quelli forniti dall’Invalsi. Del resto già sappiamo da altre fonti che le scuole del sud preparano meno bene di quelle del nord.

 

Qual è, in sintesi, la «fotografia» della nostra scuola che restituisce lo studio della Fondazione?

Conferma che soprattutto a livello di scuole superiori il nostro sistema scolastico è molto variegato: non solo dal punto di vista regionale ma anche da quello di singoli istituti vicini e apparentemente simili. Il problema rilevante diviene quello della selezione del corpo docente e del ruolo del dirigente scolastico.

In altri termini?

In Italia non sono le scuole che scelgono i docenti, né i docenti che scelgono le scuole, ma è un terno al lotto; le carriere procedono per anzianità e non per merito, e si potrebbe continuare. Occorre chiedersi come reclutare al meglio il nostro corpo docente.

Torniamo al Piemonte, dove l’indagine è più collaudata essendo giunta al terzo anno. Questo ha prodotto conseguenze sulle scuole?

È una domanda che ci siamo posti, cioè se la pubblicazione delle graduatorie potesse determinare spostamenti in termini di iscrizioni da una scuola all’altra. Devo dire che non ci sono state migrazioni bibliche. La cosa interessante invece è un’altra: molte scuole sono venute a chiederci cosa non avesse funzionato. Perché – dicevano – «vorremmo capire come migliorare...».