La nostra scuola inclinata Vincenzo Pascuzzi, Roma 13.4.2012 In rete, su siti, blog e fb sono contemporaneamente oggetto di dibattito e confronto, in particolare, tre argomenti attinenti la scuola: a) le copiature durante le verifiche in classe; b) i compiti a casa; c) l’ipotesi di votazioni non inferiori al 4. Punti di partenza per i tre argomenti sono stati, in ordine: il libro di Marcello Dei, “Ragazzi si copia” presentato nuovamente a Firenze il mese scorso; l’input per i compiti a casa, partito dai genitori francesi, è stato ripreso dallo stesso ministro Profumo forse incautamente e in termini generici; mentre è stato il preside Innocente Pessina del liceo classico Berchet di Milano a proporre l’abolizione dei voti inferiori al 4. Ora, in una scuola in condizioni normali, che funziona bene, dovrebbe essere pacifico, ovvio e fuori discussione: a) che non è consentito copiare durante le verifiche, b) che una ragionevole quantità di compiti a casa va assegnata e svolta individualmente dallo studente e c) che, se la scala delle valutazioni va da 1 a 10, può ben accadere di assegnare voti inferiori al 4. Questa è/sarebbe la scuola ideale che trasferisce correttamente istruzione e conoscenze e poi – in verità e di conseguenza - certifica mediante promozioni e diplomi. Però la nostra scuola non vive una condizione di normalità, ha diversi problemi, non funziona come dovrebbe. Per fare un paragone, si trova – per alcuni aspetti - in una situazione simile a quella della nave da crociera Costa Concordia, cioè vistosamente inclinata su un fianco. Per di più questa anomala situazione viene in buona parte negata e camuffata, mediante rappresentazioni di comodo o di necessità, ad opera dei soggetti coinvolti (ministri, politici, presidi, docenti, alunni, famiglie, sindacati) e, in varia misura, interessati. Abbiamo così la scuola rappresentata (anche in modi diversi) che istruisce in modo inadeguato e insoddisfacente ma – malgrado ciò - poi certifica regolarmente. Il suo scopo prioritario è quello formale, sono proprio le promozioni e i diplomi comunque attribuiti, anche solo nominali e a prescindere. Quindi la scuola può essere considerata in tre possibili situazioni, individuabili da altrettanti “modelli”. Intendendo per “modello” una rappresentazione semplificata della realtà finalizzata a certi scopi; nello specifico, alla discussione e al confronto dialettico. Abbiamo: 1°) la scuola normale che funziona bene o idealmente; 2°) la scuola reale, concreta, “vera” con problemi anche gravi; 3°) la scuola rappresentata nascondendone i difetti. Forse si può ipotizzare anche un ulteriore 4° modello di scuola ma se ne potrà parlare in successiva occasione. Pertanto, va bene confrontarsi e parlare di copiature, compiti e voti ma va chiarito, esplicitato o individuato se ci si riferisce a una scuola teorica e ideale, o alla scuola reale, o a quella rappresentata. Oppure ci si riferisce ad eventuali azioni per migliorare e recuperare funzionalità. Se il riferimento è alla scuola rappresentata (3° modello), possono andare bene, essere congeniali o tollerabili sia le copiature, che i pochi o nulli compiti a casa, e anche l’eliminazione dei voti bassi (2 e 3). In questa ipotesi è un po’ come muoversi nella motonave inclinata: non si può certo pretendere la verticalità, anzi essa può risultare dannosa. In altra parole si è condizionati dalla situazione e dall’andazzo. Né impedendo severamente le copiature, assegnando e pretendendo i compiti necessari e usando la scala dei voti anche nei suoi gradini più bassi, si può – con ciò stesso - recuperare la situazione. Se si vuole davvero migliorare (cioè riformare non solo nominalmente, ma sul serio e virtuosamente), è opportuno chiarire e chiarirsi. In questo caso, prima di tutto, bisogna partire dalla scuola reale (2° modello), quella “vera”, non da quella rappresentata più o meno falsamente (3° modello). Altrimenti sarebbe come curare le fratture scomposte con i cerotti. In questa eventualità, bisogna orientarsi verso le medie Ue e Ocse rappresentate però da TUTTI i parametri indicatori, non solo da alcuni scelti per momentanea convenienza o simpatia. Occorrono allora risorse economiche adeguate, programmi articolati su tempi medio-lunghi (5, 10 anni), sperimentazioni. Occorre consapevolezza e concordia nazionale, entrambe da costruire fra i partiti (al momento in difficoltà) e fra docenti, discenti e famiglie. Occorre rivalutare il ruolo dei docenti, anche economicamente, liberandoli da incombenze burocratiche inutili e da soggezioni gerarchiche anomale rispetto agli improbabili ma annunciati presidi-manager e alla quizzeria coatta dell’Invalsi.
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