intervista
Profumo "Politecnico in inglese? Il ministro: per gli italiani maggiori occasioni Andrea Rossi La Stampa, 13.4.2012 torino
Non sarà una pratica da estendere a tutto il sistema universitario.
Ma nemmeno una fuga in avanti. Piuttosto, deve diventare
un’abitudine «in alcuni atenei di prestigio e in alcuni settori». Di
sicuro il ministro dell’Università Francesco Profumo è convinto che
la decisione del Politecnico di Milano - dal 2014 solo corsi in
inglese per il biennio specialistico - segni una svolta: «Poco alla
volta diventeremo un Paese normale».
«Perché finora il fattore linguistico ha rappresentato una barriera:
per i nostri studenti, in difficoltà nel competere con i loro
coetanei stranieri; e per gli stranieri».
«L’italiano penalizza la nostra capacità di attrarre studenti
dall’estero. Chi viene a studiare in Italia deve imparare la nostra
lingua, perché dovrà essere un nostro ambasciatore nel paese
d’origine. Però non credo debba farlo necessariamente in aula».
«Sarebbe auspicabile. Però deve essere un processo guidato. E andare
di pari passo con un’opera di promozione internazionale del sistema
Italia, che coinvolga anche il sistema delle imprese. E con un
portale che raggruppi tutte le università e di ciascuna mostri
servizi e opportunità: quali corsi offrono, in che lingua, con
quante borse di studio e possibilità di tirocinio. Introdurremo i
test d’ingresso in inglese per ingegneria, medicina, economia e
architettura. E abbiamo firmato un accordo con le questure per il
rilascio dei documenti necessari. Tutto per attrarre più stranieri».
«Sì. Un background linguistico di alto livello è un’opportunità per
avere maggiori possibilità di trovare lavoro sia all’estero sia
nelle multinazionali che hanno sedi in Italia. Senza contare che
così le nostre università potranno competere ancor di più con i
migliori atenei europei».
«Non credo. E non sottovaluterei il valore di ricreare un ambiente
simile a quello che si potrebbe trovare in una grande università
straniera. In tempi di crisi non è aspetto di poco conto, per chi
non ha certe possibilità economiche».
«Sì. In alcune discipline tecniche e scientifiche l’inglese è la
lingua di riferimento. E questa novità non dovrà essere introdotta
in tutte le università. Più che un ostacolo, a me sembra
un’opportunità per il nostro sistema scolastico di migliorare,
mescolando il sangue, costruendo nuovi rapporti tra studenti, e tra
studenti e professori». «Chi si iscrive ad alcune facoltà deve già possedere solide proprietà linguistiche. Non può essere l’università a farsene carico, se non in fase transitoria. Bisogna cominciare prima». |