Indicazioni nazionali: di R.P. La Tecnica della Scuola, 2.4.2012 La rilevazione era stata effettuata a dicembre. Avevano risposto più di 10mila scuole sia statali sia paritarie. I risultati non sono del tutto scontati. Sono stati pubblicati dal Ministero i primi dati relativi al monitoraggio sulla sperimentazione delle Indicazioni nazionali nelle scuole del primo ciclo. Nonostante che la rilevazione non fosse obbligatoria, più di 10mila istituzioni scolastiche (6mila statali e 4mila paritarie) hanno fornite le loro risposte utilizzando il questionario on line i cui risultati sono stati elaborati dall’Ansas. Le domande erano poco meno di 50 e riguardavano molteplici aspetti, dal piano dell’offerta formativa, al curricolo fino alla valutazione e alla formazione dei docenti. I dati che emergono dalla rilevazione non sono tutti scontati, anzi non mancano le sorprese. Nel corso degli ultimi anni, per esempio, la stragrande maggioranza delle scuole ha modificato in qualche misura il proprio POF, soprattutto per adeguarlo alle nuove Indicazioni. Ma il dato curioso è che sono molto poche le scuole che dichiarano di aver modificato il proprio piano dopo aver esaminato e analizzato gli esiti delle verifiche degli apprendimenti degli studenti: sembra insomma che i risultati scolastici degli alunni rappresentino per le scuole una variabile indipendente che non vale neppure la pena di tentare di modificare. In compenso quasi la totalità delle scuole dichiara di avvalersi delle opportunità offerte dalle norme sulla autonomia scolastica. L’ampliamento dell’offerta formativa è l’opportunità più utilizzata, mentre altre possibilità (come per esempio l’articolazione del collegio dei docenti in dipartimenti e commissioni o la flessibilità del gruppo classe) sono assai meno sfruttate. Poco diffuso (riguarda solo una scuola su 5) è l’uso della quota di curricolo di scuola prevista dal regolamento sull’autonomia e dalle successive disposizioni ministeriali. Nella secondaria di primo grado risulta particolarmente diffusa una maggiore offerta nell’ambito delle lingue (una scuola su 4 propone il latino), mentre nella scuola primaria sono maggiormente diffuse le attività musicali e coreutiche. La continuità verticale, nonostante tutto, stenta a decollare: mentre nella maggior parte delle scuole (ma si va dal 55% nel sud per salire all’80% al nord) funziona una commissione continuità, solo in una scuola su 5 vengono organizzati incontri tra i bambini di scuola dell’infanzia e gli alunni della scuola primaria, ma con grandi differenze territoriali: le istituzioni statali del Nord Est si attestano all’8%, mentre le scuole paritarie del Centro arrivano al 54%.
Un altro dato che lascia alquanto perplessi riguarda i criteri e gli
strumenti di cui le scuole si servono per la valutazione degli
apprendimenti: a livello nazionale le istituzioni scolastiche
utilizzano in prima istanza criteri/standard definiti dalla singola
scuola e, a seguire, gli esiti delle prove nazionali (test Invalsi o
altro); ma al sud vengono utilizzate in prevalenza le prove
nazionali e, a seguire, gli standard di scuola. |