IL CASO
Politecnico, no ai corsi in inglese
La rivolta di 234 docenti contro la proposta del
rettore, che vorrebbe gli insegnamenti di Luca De Vito la Repubblica di Milano, 25.4.2012 Al Politecnico di Milano è scoppiata la guerra dell’inglese. Da una parte il rettore Giovanni Azzone con i suoi fedelissimi, dall’altra 234 professori firmatari di un appello contro l’inglese obbligatorio. Il pomo della discordia è la notizia, annunciata a febbraio da Azzone insieme con il ministro dell’istruzione Profumo, di voler svolgere dal 2014 i corsi delle lauree magistrali (ovvero i due anni dopo la triennale) e dei dottorati interamente in lingua straniera. Una “rivoluzione” — approvata dal Senato accademico — coerente con la politica dell’ateneo rivolta all’internazionalizzazione, ma che ha creato malcontento. Il primo segnale di ribellione è stata una lettera firmata da Pier Carlo Palermo, preside della Scuola di architettura e società dell’ateneo, e Ilaria Valente, presidente del corso di laurea magistrale in Architettura della stessa scuola. Nelle quattro pagine inviate ad Azzone, i docenti dichiarano di non poter «condividere l’adozione dell’inglese come lingua esclusiva, in qualunque settore e in un orizzonte di tempo che rischia di diventare incompatibile con i requisiti necessari di qualità ed efficacia». La Scuola è stata una delle prime ad attivare percorsi in lingua — dal master in scienze della pianificazione urbana ad altri corsi di architettura — tuttavia un cambio radicale rischia di essere un passo più lungo della gamba: «Lo sviluppo dell’insegnamento in lingua inglese è un processo graduale e paziente che richiede tempi non brevi». Ancora più duro invece il testo firmato da 234 strutturati (tra ricercatori, associati e ordinari) dal titolo “Appello a difesa della libertà di insegnamento”, che vedono addirittura a rischio «la libertà di scelta di docenti e studenti e il pluralismo dell’offerta formativa», messi in discussione dall’inserimento di un «criterio di discriminazione su base linguistica con effetti sicuri, anche se non del tutto prevedibili e governabili, sulle carriere del personale docente e su quelle degli studenti». La decisione del rettore sarebbe in contraddizione anche con l’articolo 271 del regio decreto del 1933 (ancora in vigore) che dispone «che la lingua italiana è lingua ufficiale dell’insegnamento e degli esami in tutti gli stabilimenti universitari». Al di là dei cavilli quello che alcuni docenti lamentano è una trasformazione repentina. «Il rischio è quello di impoverire l’insegnamento — spiega Emilio Matricciani, professore del dipartimento di Elettronica e promotore dell’appello — la lingua non è un vestito che ci mettiamo addosso. Il pensiero dipende dalla lingua e le sfumature si perdono». E lo stesso Matricciani avverte: «Se l’obbligo dell’inglese passa qui al Politecnico senza colpo ferire, sarà esteso a tutto il Paese, almeno alle facoltà tecnicoscientifiche». |