La psicoterapeuta Troppo severi i giudizi non aiutanO Silvia Vegetti Finzi Il Corriere della Sera, 7.4.2012 Mai come in questi ultimi tempi la scuola è stata così presente nei commenti della stampa e dei social-network. Dopo la discussione sui compiti, ecco ora quella sui voti che, in un certo senso, ne misurano le conseguenze e, unitamente ad altre valutazioni, possono essere utili ad allievi, insegnanti e genitori. Se le votazioni positive non fanno problema, quelle negative assumono spesso la forma di un giudizio globale e definitivo. Espressioni come «non hai cervello», «non ti impegni mai», proiettano sui ragazzi una immagine di incapacità che condiziona la loro identità in costruzione. Poiché la scuola, anche quando non sembra, coinvolge l'intelligenza emotiva ancor più che quella cognitiva degli alunni, il voto pesantemente negativo sarà vissuto come una frustrazione, una condanna. Per limitare questo effetto deprimente, occorre che l'insegnante non intacchi mai la fiducia e l'autostima dei ragazzi. Dato che il voto non deve umiliare ma spronare, considero controproducenti i punteggi inferiori al quattro. Per il destinatario l'importante è sapere che non ha raggiunto la sufficienza e che si deve impegnare per risalire una muraglia più o meno ripida, mai invalicabile. Ma sono i genitori i più coinvolti nel problema «voti scolastici». Spesso la madre di fronte ai voti negativi ritiene di aver fallito la sua funzione, si colpevolizza e, presa dall'ansia, entra in conflitto con l'insegnante. In questi giorni il confronto tra madri che lavorano e madri che possono seguire i compiti dei figli, è uno degli argomenti più accesi negli scambi su Internet. In realtà sedersi accanto al ragazzo che studia per sostenerlo sino a sostituirlo, non è un buon metodo educativo perché contrasta la spinta all'autonomia propria dell'età evolutiva. Spesso chi ha ottenuto voti alti per un investimento familiare eccessivo, alla fine rivela i suoi limiti perché non ha messo a punto metodi di studio personale, è intellettualmente passivo. L'importante è consentire al ragazzo di seguire un percorso che prevede, come tutti gli itinerari significativi, prove ed errori. Come dice una saggia professoressa: «Se prendi un quattro in matematica non vuol dire né che tua madre è un fallimento, né che non troverai mai un lavoro e farai la punkabbestia...». |