L'intervento

Prof allo sbaraglio

 Pasquale Almirante La Sicilia, 5.8.2012

La Fondazione Agnelli ha pubblicato uno studio dal titolo "Sapere di non sapere insegnare" che ha coinvolto 32mila docenti neoassunti in ruolo sulla base di una domanda: come giudicate le diverse componenti della vostra formazione iniziale e quali sono stati i percorsi in grado di conferire gli strumenti professionali più efficaci? Il motivo della indagine è appunto quello di capire la qualità degli apprendimenti degli studenti partendo appunto dalla formazione iniziale e in itinere dei docenti, visto che i successi scolastici ruotano attorno al professore e alle sue competenze. Ebbene dalla indagine è risultato che la maggior parte degli intervistati è soddisfatta della propria preparazione culturale, ma denuncia le scarse competenze didattiche, pedagogiche e tecnologiche fornite nel percorso di formazione iniziale. E non solo, più della metà si sente in difficoltà nelle gestione delle classi eterogenee e non si sente in grado di impiegare e usare efficacemente le nuove tecnologie nella didattica. La maggioranza dice pure che il sistema di formazione delle Ssis risultava più che valido ed equilibrato, sia per il percorso di tirocinio sia per le competenze didattiche acquisite dai corsisti. In pratica, i neo professori conoscono bene la loro materia, ma temono di non saperla insegnare e non si sentono preparatati ad affrontare le classi, vivendo con disagio il rapporto con allievi, famiglie e colleghi.

Tutto questo sta a significare, al di là di quanto si è detto contro i professori neghittosi e ignoranti, che se si vuole qualità nella istruzione e se si intende competere col resto del mondo sui grandi obiettivi della ricerca e della cultura bisogna che lo Stato si accorga finalmente che non può mandare allo sbaraglio personale senza conoscenze seppur minime di pedagogia, psicologia e didattica, compresi elementi di diritto e legislazione scolastica. Né può tenere ancora in cattedra professori ultrasessantenni a digiuno dei moderni sistemi tecnologici, né può chiudere gli occhi sugli aggiornamenti periodici del personale. Più che implementare i tirocini formativi attivi, il Miur avrebbe fatto meglio a prevedere corsi di formazione biennale e intensivi su quelle discipline di cui i neo professori sentono la mancanza, visto che nelle società complesse è sempre più difficile sanare i conflitti e sapere ascoltare le difficoltà.