I docenti vogliono il pane e le rose! inviato da Marcella Raiola, 19.8.2012.
Fin dall'inizio della
guerra dello Stato alla Scuola Pubblica, che continua con le
ostentate e provocatorie rassicurazioni recentissime di Monti alle
scuole "non statali", quelle che ci fanno crollare, coi loro pessimi
risultati, agli ultimi posti delle classifiche OCSE, per intenderci,
è sempre stata una sorpresa dolorosa, rinnovata ad ogni
dichiarazione sprezzante e ad ogni servile proscinesi ai distruttori
della Scuola, il constatare che i presidi non stavano dalla parte
della Scuola della Costituzione, ma dalla parte dei mercanti che
sono entrati nel "tempio" di quella che fu un'Istituzione e che è
stata ridotta a "servizio", tagliando fondi, umiliando e diffamando
i docenti (andassero a lavorare!), riducendo il monte-ore di materie
portanti, soprattutto di quelle umanistiche, notoriamente inutili
perché notoriamente inutile, anzi nocivo, nell'attuale contesto
socio-economico e politico, è il saper pensare con la propria testa,
sopprimendo laboratori e ricacciando gli ingombranti disabili nelle
buie segrete della vergogna, specie quando la classe è chiamata a
bere la pozione INVALSI, "somministrata" solo a quelli che Darwin
chiamava i "fittest ", i più attrezzati alla sopravvivenza.
Da presidi a
"dirigenti" d'azienda, da intellettuali a veri padroni, piccoli e
felici Marchionne coi sottoposti da bacchettare e far tremare, col
potere puerile e violento della legge del più forte, quella che la
Scuola insegnava a spregiare e a rinnegare, con l'osso della
ricompensa da dare al più ruffiano e la minaccia di licenziamento da
ruggire contro il dissenziente, contro il contestatore retrivo e
nemico del vero progresso, quello, cioè, che regala agli alunni un
buono per comprare la carta igienica alla propria Scuola ogni 50
euro di spesa effettuata nel Supermarket X. Soprattutto, però, ci fa rabbia la prospettiva distorta attraverso cui, in malafede, la preside (Uh! Pardon: la DIRIGENTE!) pretende di riprodurre e rappresentare quella che sarebbe la nostra visione della scuola, cioè un allegro "carrozzone" sfasciato per mediocri sagome di falliti (cioè "non-manager"), desiderosi di trovarsi una "nicchia" nella quale sopravvivere con lo stipendio minimo senza far niente fino al passaggio nella nicchia ultima e ultimativa. E ci fa rabbia, ancora, constatare il compiacimento assurdo, degno di un ignorante astioso verso quella scuola dalla quale è stato messo di fronte ai propri limiti, con cui si approva la "riconversione" dei docenti come una normale e brillante "ottimizzazione" delle "risorse umane", come se fare lezione di matematica anziché di scienze fosse lo stesso che andare ad avvitare bulloni invece che viti a stella!
La Purger e i suoi
colleghi non arrivano a capire che la riconversione è l'ennesima
umiliazione inflitta in primis ai presidi, considerati
dirigenti di un settore "morto" e pieno di lavoratori che la
prepotenza analfabeta di questo governo ignobile e non eletto
continua a trattare da "generici" e "fungibili", come i lavacessi;
non arrivano a capire che difendere la professionalità dei loro
docenti significa difendere la propria dignità di figure necessarie
e non "tollerate" graziosamente da un potere che chiede la rinuncia
ai diritti in cambio della conservazione del posto di lavoro! Vogliamo il pane e le rose significa che non vogliamo solo entrare in classe a fare qualunque cosa pur di portare a casa uno stipendio (che fino alla pensione sarà comunque equivalente a quello di un apprendista in fabbrica), ma per dire ai ragazzi, attraverso le discipline che amiamo e che costituiscono la nostra personale cifra di indagine a largo raggio politica, che la loro preziosità non consiste nell'essere indiretti e ignari committenti di affari per imprese che arrogantemente pretendono di "naturalizzare" un modello di sviluppo sperequatorio e predace, che premia gli evasori e i furbi, mortifica l'intelligenza, denigra la cultura e sputa sulla legge, bensì nel loro essere individui che, investigando con rigoroso metodo il passato, analizzando con realismo critico il presente e prefigurando con creativo coraggio il futuro, si preparano a dare il loro contributo di umanità e di ingegno al vero progresso sociale. |