Ovvio, banale, anzi irrealizzabile
di Reginaldo Palermo
Pavone Risorse,
15.8.2012
Gli interventi di
Stefanel creano quasi sempre in me reazioni di segno opposto.
E anche il
suo ultimo articolo non sfugge alla regola generale.
Il contrasto deriva dal fatto che le sue analisi e le sue proposte
sono molto spesso semplici e lineari, talmente semplici da risultare
assolutamente irrealizzabili.
Insomma gli interventi di Stefanel sono quasi sempre un mix di
evidenza e utopia e proprio per questo mi mettono in difficoltà e mi
inducono a chiedermi: ma perché le idee logiche sono irrealizzabili,
mentre quelle più di astruse e nocive tendono a trasformarsi in
realtà con maggiore facilità?
L’analisi contenuta
nell’ultimo articolo parte da un dato di fatto difficilmente
confutabile: non è detto che a maggiori risorse corrispondano nella
scuola migliori risultati.
Gli esempi si sprecano sia a livello macro che a livello di singola
istituzione scolastica. I fiumi di denaro dei vari PON e POR
investiti nelle “regioni obiettivo” non hanno impedito a queste
stesse regioni di ottenere risultati al di sotto della media
nazionale (e parliamo non solo degli esiti dei contestatissimi test
Invalsi ma anche della maggiore dispersione scolastica e della
minore propensione nella prosecuzione degli studi).
Si dirà: ma nelle regioni obiettivo mancano le strutture ed è per
questo che la dispersione è alta. Giusto, giustissimo, ma allora
perché si continuano a investire somme considerevoli per
attrezzature di improbabili laboratori, dotazioni librarie e
attività di vario genere se si riconosce che le carenze sono di
altro tipo?
Perché, dal 1990 (anno
di entrata in vigore dei “moduli” nella scuola elementare), si è
continuato ad avere organici pari a tre insegnanti ogni due classi
ben sapendo che mai sarebbero potuti servire per ampliare il tempo
scuola proprio a causa dei ben noti problemi strutturali?
Facciamo un calcolo semplice semplice: ogni anno, a partire dal 1990
almeno 20 mila docenti di scuola elementare (ma forse persino di
più) sono stati utilizzati non per ampliare il tempo scuola ma per
sostenere i livelli occupazionali. Parliamo della bella somma di
500milioni di euro all’anno che potevano essere destinati ad un
serio piano di edilizia (piano che, sarebbe bene ricordarlo, avrebbe
comunque potuto sostenere l’occupazione in quelle stesse regioni).
Dopo 10-15 anni di investimenti costanti il livello qualitativo
delle strutture sarebbe certamente migliorato.
Si è scelta la strada
più semplice e più comoda: investimenti zero e incremento degli
organici (almeno fino ai primi anni dello scorso decennio).
Sarebbe un po’ come se un artigiano o un piccolo imprenditore
spendessero tutti gli utili per assumere nuovo personale ma
continuassero ad usare la macchina per scrivere o la calcolatrice a
manovella di 50 anni fa.
Ecco, nella scuola si è fatto esattamente questo.
L’unico tentativo serio
lo si deve a Luigi Berlinguer. E tutti sappiamo che fine fece il
povero Ministro.
In questo contesto, le
proposte che formula Stefanel mi sembrano talmente condivisibili da
essere quasi ovvie.
L’amico Stefano mi perdonerà ma mi pare quasi di leggere proposte in
perfetto stile “professor Catalano”: vi ricordate i famosi dibattiti
nel salotto televisivo di Renzo Arbore quando alla domanda “E’
meglio essere ricchi o avere buona salute? ” il mitico professore
rispondeva “Io asserisco che è meglio essere ricchi e in buona
salute anziché essere poveri e ammalati”?
Insomma, le proposte di Stefanel sono evidenti, ovvie, logiche,
persino banali.
Talmente banali che difficilmente potranno essere mai prese in
considerazione; d’altronde anche l’amico Stefano lo capisce e non a
caso conclude il suo intervento dicendo che “si fa solo per dire”.
Parafrasando Oscar Wilde verrebbe da dire: “I politici possiedono
un istinto meraviglioso: hanno la capacità di scoprire tutto tranne
l'ovvio”.