Ma il concorso per i docenti
nasconde un inghippo?
Una nuova infornata di insegnanti per i prossimi
due anni. Una notizia che realizza i sogni di chi, da anni, si
arrabatta per salire di qualche punto in graduatoria. Sarà
l’immissione a ruolo degli abilitati di prima fascia e di terza, più
un concorso con bando a settembre. Tutto a posto? Non è detto. I
dettagli sono importanti, come fa notare Matteo Cacciolo, e
potrebbero rovinare tutto il disegno. Per cui, ci vorrà attenzione,
ed ecco perché.
Dario Ronzoni
Linkiesta, 25.8.2012
Svolta nel mondo della scuola? Non è ancora chiaro. Gli annunci, però,
sono trionfanti. Il 24 settembre è previsto il bando per un concorso
(il primo da 13 anni) per l’immissione a ruolo di almeno 12mila
insegnanti. Qualcosa si muove, anche perché adesso si cerca di
esaurire le graduatorie di prima e terza fascia. Insomma, si risolve
il nodo della scuola? È ancora presto per dirlo.
«Bisogna andarci piano», spiega a Linkiesta Matteo Cacciola,
ingegnere e insegnante, esperto di scuola. «Parlare di
concorso che copre i posti disponibili può sembrare una buona cosa,
ma occorre capire come questo verrà fatto». Stando a quanto è stato
detto, cioè pochissimo, ci sarà un bando, che, «con ogni
probabilità, sarà nazionale, cioè e prevederà di coprire i posti
vacanti a livello di tutto il Paese», a cui seguirà un
«sub-contingentamento provinciale successivo, cosa che non è
insolita». È stato fatto, ricorda, «per l’Agenzia delle Entrate».
Ma quale
potrebbe essere il problema? La risposta, esemplificata per le
Scuole Superiori ma calabile anche per gli altri gradi
d'istruzione, è nei dettagli. «Una questione di tipo tecnico, ma che
diventa sostanziale. Quali sono i posti non coperti che si
vorrebbero coprire?», si chiede. «Un punto che andrebbe
specificato». Il rischio è che si vada a coprire spezzoni di ore
molto piccole. «Al momento, i posti non coperti sono assegnati a
personale docente abilitato. E ci sono due tipi di abilitati: quelli
che hanno fatto un concorso – l’ultimo è stato fatto nel 1999 – e
quelli che hanno fatto le scuole di formazione per l’insegnamento,
le Sis, o i percorsi speciali di formazione». Le scuole, dal canto
loro, «possono trovarsi con alcune ore non coperte per alcune classi
di insegnamento. In quesi casi si va ad attingere alle graduatorie».
Ma non è sempre così: «Quando in una scuola il monte ore da coprire
per una classe non raggiunge le sei ore, e cioè si tratta di
spezzoni di ore molto piccoli, le scuole non sono tenute a
comunicarlo all'Ambito Territoriale di competenza. Questo, comunque,
non può nemmeno decidere di accorpare spezzoni di ore da scuole
diverse per raggiungere il minimo di 12».
In quei casi, quando serve coprire poche
ore di una materia, le scuole possono ricorrere anche a graduatorie
di istituto, che possono comprendere anche docenti non
abilitati. Ma il punto è un altro: «Siamo sicuri che nei posti
considerati buoni per chi farà il concorso, non siano compresi anche
questi spezzoni di ore?». Se così fosse, continua, «si avrebbero
casi di professori costretti a spostarsi per poche ore alla
settimana, ma comunque remunerati secondo il contratto nazionale,
che prevede un minimo di base e aggiunte successive». Risultato:
«Più professori ma meno pagati e comunque una spesa maggiore da
parte dello Stato. Cioè, la situazione peggiore che si possa
immaginare». Almeno, allo stato attuale delle cose. Finché il
provvedimento non sarà più chiaro, ci si può aspettare anche questo.
Se, però, lo scopo è quello di immettere in
ruolo il maggior numero di docenti al fine di coprire i
posti vacanti, il concorso è davvero necessario? «Se i posti decisi
dal contingentamento nazionale su base provinciale non riguardano
gli spezzoni orario, ma sono parte di quella mole di assegnazioni
che annualmente gli Ambiti Territoriali danno ai docenti abilitati
tramite Graduatorie ad Esaurimento, si potrebbero affinare soluzioni
tecniche nuove, per immissioni in ruolo a costo zero» continua
Cacciola. «Questo perchè il Ministero è a perfetta conoscenza di
tutte le graduatorie a esaurimento di ogni provincia d'Italia. Se
invece, per un dato insegnamento, la graduatoria ad esaurimento
della tal Provincia non è del tutto sguarnita, il Ministero potrebbe
permettere all'Ambito Territoriale di immettere in ruolo anche in
assenza delle 18 ore di cattedra completa».
E poi,
«se invece, la graduatoria ad esaurimento risultasse vacante, la
soluzione è ancora semplice: si potrebbe incrociare le
altre graduatorie delle province vicine, e pescare da lì, con un
margine temporale di risposta e il tutto a costo zero».
In ogni caso, «c’è anche un secondo dubbio,
che andrebbe chiarito», aggiunge. E riguarda la libertà
dei docenti, una volta di ruolo (e quindi a tempo indeterminato), di
cambiare sede. «Questo è molto poco probabile per i docenti che
seguono le graduatorie, che sono legate alle province. Quei docenti,
inseriti nella prima fascia 2012/2013 saranno pressappoco esauriti,
se già non lo sono. E poi si attinge ai docenti di terza fascia. In
ogni caso, qui il problema non si pone davvero: chi sceglie le
graduatorie ha già fatto una scelta di vita, decidendo di stabilirsi
in un luogo preciso. Sarebbe difficile che costoro, una volta
ottenuta la posizione di ruolo, cambino zona per spostarsi». Chi
passa il concorso, invece, lo può fare senza problemi da un punto di
vista normativo, «ed in più non ha quel radicamento di cui si
parlava prima, anzi è più portato a fare sacrifici per un solo anno
pur di ottenere un posto a tempo indeterminato e spostarsi, poi, nei
luoghi di origine». «E dal momento che, cambiando provincia, lo
stato deve comunque farsene carico, può cercare impiego anche in
scuole dove la sua presenza non è per nulla necessaria». Mettere
limitazioni, in questo senso, non sarebbe possibile. «Per questo
motivo la cosa va studiata bene: non dico che i tecnici non lo
faranno, ma invito solo alla prudenza». In queste cose, «sono stati
fatti già molti errori».
Una riforma della scuola, spiega Cacciola,
«non si vede da decenni. Non dico per scherzare.
Anche quelle sbandierate nei recenti anni – e prescindo dal colore
politico – non sono state vere riforme, ma pezze». Quello che
sarebbe utile «è una riforma vera, corposa, grande». In una parola,
coraggiosa, per far sì che la scuola smetta di essere usata, e di
essere vista, come un grande serbatoio di ammortizzatori sociali.