Per l’Ocse sull’istruzione si può da Tuttoscuola, 21.8.2012 Dopo anni di tagli alla scuola, applicati con particolare rigore dagli ultimi governi Prodi e Berlusconi, molti pensano - all’interno del mondo della scuola ma non solo - che il settore dell’istruzione abbia già “dato” abbastanza. E che quindi ora per eventuali ulteriori riduzioni della spesa pubblica, di cui si parla come passo necessario per una contestuale riduzione della sempre più asfissiante pressione fiscale, sia naturale guardare ad altri settori. Non tutti evidentemente la pensano così. Piercarlo Padoan, capoeconomista Ocse - l’organismo internazionale i cui studi (a partire dalle analisi comparative del progetto Pisa) hanno una grande influenza sulle politiche dei governi -commentando la smentita del governo italiano sul taglio del'Irpef, ha recentemente affermato: “I margini per tagliare le tasse vanno costruiti e consolidati. La riduzione della pressione fiscale va finanziata con tagli di spesa. I margini di guadagno attraverso la razionalizzazione di voci di spesa pubblica, come la sanità o l'istruzione, sono molto considerevoli, secondo alcune stime il 2% del pil, e soprattutto sono permanenti”. E ha concluso che sulla spending review “c'è ancora molta strada da fare”. Quindi l’istruzione sarebbe, con la sanità, uno dei settori dai quali secondo l’economista italiano si potrebbero ricavare significativi risparmi. Eppure l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa pubblica totale è passata in Italia dal 10,3% del 1990 a meno del 9%, e con gli effetti dei tagli degli ultimi anni scenderà ancora. E in rapporto al Pil si attesta al 4,5%, meno di tutti i paesi con i quali ci compariamo (e in Danimarca si arriva addirittura all’8%). A quali rapporti percentuali pensa il Prof. Padoan? E se è vero (come è vero) che viviamo nella società della conoscenza, come si coniugano queste declinanti percentuali con le possibilità di rilanciare l’indispensabile crescita dell’economia italiana? |