PRIMA I VENETI

Asili, scuole e case popolari
I vescovi contro le precedenze

«Pari dignità». Ma un imam accetta: «E’ la crisi». La Regione rilancia
le leggi che favoriscono i residenti da almeno 15 anni

di Enrico Bellinelli, Angela Pederiva e Nicola Chiarini Il Corriere del Veneto, 15.9.2011

VENEZIA — La Chiesa boccia la precedenza ai veneti. I progetti di legge che favoriscono i residenti da almeno 15 anni nell’accesso a buoni scuola, asili nido e case popolari, punto fermo della campagna che ha portato Luca Zaia a diventare governatore della Regione, sono stati rilanciati dal voto di maggioranza in commissione e diventano ora motivo di attrito con i vescovi. La battaglia identitaria che il Carroccio pareva aver accantonato in questo periodo di crisi si è dunque riaccesa e tra gli oppositori non ci sono solo il Pd («Disegni di legge razzisti») e dell’Udc («Pura propaganda»). Per il vescovo di Rovigo monsignor Lucio Soravito, membro della commissione episcopale per la dottrina della fede della Cei, «coloro che ci governano non possono escludere nessuno dall’assegnazione di alloggi popolari, se ce ne sono, e tanto meno dai servizi educativi, a partire da quelli rivolti ai bambini più piccoli. Ancor meno dai servizi sanitari». Sulla stessa linea Monsignor Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia e delegato della Conferenza episcopale del Triveneto per la scuola e i migranti: «Gli immigrati? In Veneto c’è la paura che ci portino via il pane, ma lavorano per noi. E soprattutto pagano le tasse, anzi: danno allo Stato molto di più di quel che ricevono, perché per ragioni anagrafiche quasi nessuno di loro è in età pensionabile. E comunque dietro queste persone ci sono delle famiglie, avranno anche loro il compito di tirar su dei figli no? Chiediamoci quali sono le esigenze di un bambino, sia che abiti da 15 anni qui o da sette.

Dobbiamo spianare la strada ai nuovi cittadini, con uguali doveri e diritti ». Per la Chiesa il «prima i veneti » è un problema etico, crisi o non crisi. E poco importa che Caner, capogruppo del Carroccio a palazzo Ferro-Fini, abbia evocato queste ragioni per spiegare lo spirito delle tre proposte di legge: «Spetta al legislatore stabilire i flussi tollerabili— continua monsignor Tessarollo — a noi spetta preoccuparci di assicurare pari opportunità e dignità a chi è già qui. Il Veneto è terra solidale. Se ci sono difficoltà a reperire risorse, chi ci guida politicamente deve preoccuparsi di creare una cultura della solidarietà. Le risorse si trovano, senza impoverire nessuno». Aggiunge monsignor Soravito: «Tutti coloro che ci governano hanno il dovere di promuovere il bene comune che secondo la "Gaudium et Spes" consiste nel rendere accessibile all’uomo tutto ciò di cui ha bisogno, per condurre una vita veramente umana, come il vitto, il vestito, l’abitazione, il diritto all’educazione, al lavoro, al rispetto». Eppure qualche voce, nella comunità degli immigrati, pare comprendere il motto «prima i veneti». «È sicuramente una misura penalizzante - sostiene Kahouach El Kouchi, imam di Castelfranco Veneto - ma purtroppo siamo in un periodo di crisi. Sarebbe stato meglio prevedere il criterio dei dieci anni, analogamente a quanto avviene per il diritto alla cittadinanza, 15 sono davvero troppi. Ma potremo riparlarne solo quando l’economia tornerà a girare, i trasferimenti dallo Stato riprenderanno a marciare verso gli enti locali e l’occupazione riprenderà quota». Più tagliente la presa di posizione di don Giovanni Sandonà, delegato regionale della Caritas per il Triveneto: «Aberrante che i bambini vengano coinvolti in questi meccanismi discriminatori. Se anche mi dicesse che si tratta solo del voto della commissione e che poi ci sono tanti altri passaggi e che la cosa potrebbe essere rivista, allora vuol dire che di fatto siamo in campagna elettorale».