Scuola, troppo bassi
stipendi e investimenti

Claudio Tucci Il Sole 24 Ore, 14.9.2011

ROMA
La laurea non risolve tutti i problemi, ma almeno aiuta ad affrontare meglio la crisi. Tra il 2008 e il 2009 nei Paesi Ocse il tasso di disoccupazione dei laureati tra i 25 e i 64 anni è cresciuto dell'1,1%, passando dal 3,3% al 4,4 per cento. Hanno fatto peggio i titoli di studio inferiori. Il tasso di disoccupazione dei diplomati è salito di due punti, dal 4,9% del 2008 al 6,8% del 2009. Mentre la perdita occupazionale di lavoratori senza qualifiche o diplomi ha sforato la doppia cifra, salendo (nel biennio in esame) dall'8,7% all'11,5 per cento.

La fotografia è stata scattata dall'Ocse che ieri a Parigi ha presentato l'annuale rapporto «Education at a glance», un focus di quasi 500 pagine dedicato all'analisi dei sistemi scolastici dei 34 Paesi aderenti all'Organizzazione parigina che si occupa di cooperazione e sviluppo. In Italia, nel 2009, il tasso di disoccupazione dei "dottori" è stato del 5,1% (superiore alla media Ocse), mentre è salito all'8,4% tra chi non è arrivato neanche al diploma superiore. Tra i colletti bianchi (comparando sempre dati 2009) si osserva un tasso di disoccupazione molto simile alla Francia (5%) e al Regno Unito (4,9 per cento). Andiamo invece meglio della Spagna (9%), ma perdiamo terreno rispetto alla Germania, dove il tasso di disoccupazione dei laureati nel 2009 era pari al 3,4 per cento. L'Italia si colloca invece agli ultimi posti come percentuale di laureati che lavorano. I dati sono sempre del 2009 e parlano di un tasso di occupazione del 79,2% (contro una media Ocse dell'83,6 per cento). Peggio di noi solo quattro Paesi: Turchia (73,6), Corea (76,1%), Cile (78%) e Ungheria (78,8 per cento). Le performance dei "dottori" sono migliori rispetto ai non laureati (nel 2009 lavorava il 73,1% di diplomati e appena il 51,2% di chi è senza titoli), ma per la prima volta dal 2000 la percentuale di "colletti bianchi" con un lavoro è scesa sotto l'80 per cento. Restano invece le differenze di genere. In Brasile e in Italia le donne laureate guadagnano il 65%, o ancora meno, di quanto guadagnano i dottori uomini.

Lo studio dell'Ocse conferma poi alcune criticità "storiche" del nostro sistema d'istruzione. A partire dall'ancora basso investimento in scuola e università. I dati sono del 2008 e mostrano come l'Italia spenda appena il 4,8% del Pil, contro una media Ocse del 6,1 per cento. Peggio di noi fanno solo Slovacchia (4%) e Repubblica Ceca (4,5 per cento). Un dato non lusinghiero, fanno notare da viale Trastevere, che si spiega con una percentuale bassissima, per non dire inesistente, di investimenti privati in istruzione. Altro "tallone d'Achille" in Italia sono gli stipendi "cenerentola" dei docenti, che dal 2000 al 2009 sono addirittura diminuiti dell'1%, mentre nel resto dei Paesi Ocse sono cresciuti in media del 7 per cento. E in più rispetto a un connazionale con lo stesso grado d'istruzione i docenti guadagnano il 40% in meno. Il numero di diplomati poi è inferiore di 10 punti rispetto alla media Ocse. Ma gli scolari tra i 7 e i 14 anni passano a scuola 8.316 ore: un record, contro una media Ocse di 6.732 ore. «I dati confermano la necessità di proseguire nella direzione adottata dal Governo», commenta il ministero dell'Istruzione. «La situazione della scuola pubblica è drammatica e l'Esecutivo non se ne accorge», replica invece Domenico Pantaleo della Flc-Cgil. E Massimo Di Menna della Uil Scuola rilancia: «Bisogna valorizzare gli insegnanti. Vanno considerati una risorsa del Paese, come di fatto sono».