Ancora sui test: ma quanti
li usano senza saperlo?

di Maurizio Tiriticco ScuolaOggi, 2.9.2011

Mi chiedo: dopo quello che è successo con le prove Invalsi, il Miur ci avrebbe dovuto pensare mille volte prima di riprovarci con il test per i DS! Ma al Miur vanno avanti così, come i muli sempre sulla cresta di una montagna… però il mulo non cade mai, semmai è il conduttore che non sa guidarlo che lo fa precipitare! Magari il Miur avesse il cervello di un mulo! Invece ha quello di un conduttore, purtroppo!

Non voglio divagare e vengo al dunque. Alcuni miei interlocutori hanno apprezzato il pezzo sui test, altri meno, altri mi chiedono ulteriori esplicitazioni. Ribadisco: non sono un esperto, per cui rinvio alla letteratura… basta cliccare su google… “prove oggettive” ed ogni curiosità sarà risolta, almeno come primo approccio. Ciò che mi interessa dire in questo approfondimento è assai semplice, cioè che tutti usiamo quotidianamente dei test – proprio così – senza però rendercene conto, anche se dei test diciamo peste e corna! Mi spiego meglio.

Un test, o meglio l’item di un test, o meglio ancora una proposizione, può essere vera o falsa nella misura in cui corrisponda o meno ad un contesto assunto come vero. Tre per tre eguale nove, il sole è una stella, Manzoni ha scritto i Promessi Sposi, sono asserzioni vere in quanto i tre contesti a cui si riferiscono sono altrettanto veri. Tre per tre eguale dieci, il sole è un pianeta, Manzoni ha scritto le Odi Barbare, sono asserzioni false in quanti i tre contesti, largamente noti, ci dicono il contrario.

Nel quotidiano quante asserzioni facciamo nell’arco di una giornata? Quante sono vere? Quante sono false? Poi, nel linguaggio comune, un’affermazione falsa viene considerata molto semplicemente… una bugia! Ma questa è altra cosa! Due amici vanno a vedere l’ultimo film di Olmi, il Villaggio di cartone: è una circostanza oggettiva, per cui l’affermazione di ciascuno dei due ‘ho visto il Villaggio di Cartone’ è vera. Però, uno dei due dirà: ‘mi è piaciuto’! L’altro dirà: ‘non mi è piaciuto’! Si tratta di due affermazioni soggettive che non sono né vere né false, si tratta di due “reazioni” personali a fronte di un ipotetico quesito: ‘ti è piaciuto l’ultimo film di Olmi?’ Concludendo, al quesito: ‘quale film hai visto?’ si può rispondere il vero o il falso: ‘ho visto l’ultimo film di Olmi’ (vero); ‘ho visto Terraferma’ (falso). E’ il caso della bugia. Al quesito ‘ti è piaciuto il film?’ non si danno risposte - o meglio, non si producono proposizioni – né vere né false: semplicemente si esprimono giudizi largamente soggettivi. Ed ancora: ‘cosa avete mangiato al ristorante giapponese’?’ ‘Il sushi’! ‘Vi è piaciuto’? ‘A me si! Ottimo’! ‘A me no! Che schifezza’! La nostra vita quotidiana è fatta di proposizioni vere/false, che rientrano nel criterio test, e di proposizioni reattive, che rientrano nel criterio, appunto, reattivo, che cioè riguarda la persona nel suo sentire soggettino.

Nella pratica didattica, quando proponiamo un’equazione, una verifica di geografia, o di storia, scritta od orale che sia, ci muoviamo in zona test, se vogliamo sapere se lo studente ha acquisito date conoscenze; 42 + 32 = x; dove nasce il Po? In quale anno è scoppiata la seconda guerra mondiale? Le risposte sono queste e non altre: 25; dal Monviso; 1939. Ed ancora; Dante è un poeta italiano: affermazione vera. Però: Dante è un grande poeta italiano: l’affermazione non è né vera né falsa, in quanto contiene un giudizio di valore, grande. E’ noto come per tanti secoli Dante sia stato un poeta oscuro; il grande e l’oscuro sono giudizi di valore che nulla hanno a che vedere con il vero/falso, rientrano nel mi piace/non mi piace, nell’ok/non ok (per usare un’espressione dell’analisi transazionale), quindi sono reazioni soggettive. E ancora: quando è nato Dante Alighieri? è un quesito test; che cosa pensi della Vita nuova? è un quesito reattivo. Mi piace sottolineare che nella pratica psicologica molti strumenti che sono chiamati test, sono in effetti dei reattivi: si pensi, ad esempio, al test della famiglia o a quello dell’albero: ciascun soggetto darà una risposta diversa a seconda di come vive il suo milieu famigliare o il suo sviluppo/crescita. Ed è così per tutti i test proiettivi e per quelli di appercezione tematica.

Concludendo, non solo il nostro quotidiano è un continuo alternarsi di proposizioni test e di proposizioni reattive. Sono uscito con Francesca, splendida donna! E’ una proposizione test seguita da una proposizione reattiva. La stessa cosa avviene nelle aule scolastiche! Quante proposizioni orali e scritte devono comporre i nostri studenti? Quante di esse rientrano nella zona test? Quante nella zona reattiva? Nella stessa interrogazione e nello stesso compito scritto! Ma è normale che sia così! E, per quanto riguarda gli insegnanti, quante affermazioni test si fanno in una lezione?

E per finire! Sono stato commissario di esami per almeno un quarantennio: da quanti insegnanti, nemici giurati dei test, ho sentito proporre domande a tappeto del tipo: chi ha scritto l’Ettore Fieramosca? In quale canto del Paradiso troviamo Cacciaguida? Qual è la formula dell’acido solforico? Dove scorre l’Uebi Scebeli? In quale anno la defenestrazione di Praga? Anche oggi negli esami di Stato, in cui il colloquio dovrebbe dare ampio spazio alle proposizioni reattive più che a quelle test, è l’area test che la fa da padrona. Il fatto è che condurre un colloquio veramente pluridisciplinare non è affatto cosa semplice, ed è molto più facile e sbrigativo far passare il candidato da una materia a un’altra! Così ciascun commissario tiene ben saldo il suo territorio che può anche… marcare con un pezzetto di voto… pardon, di punteggio! E allora! Nemici giurati dei test, riflettete su che cosa fate in classe minuto dopo minuto: se fosse possibile un microteaching – pare che con la privacy non siano più possibili – vi accorgereste quanti minuti della vostra ora di lezione sono stati impiegati in zona test e quanto pochi in zona reattiva.

E allora, non sparate sul… testista!