OCSE
Ricci (Invalsi): dobbiamo investire intervista a Roberto Ricci il Sussidiario 14.9.2011
Che una buona istruzione sia la base su cui costruire la propria
esistenza, quella lavorativa, almeno, è un dato di cui chiunque, in
tutti i momenti della storia, ha avuto nozione. E' un’acquisizione
dell’esperienza che fa sì che, anche chi nella vita non ha potuto o
voluto studiare, non vorrebbe mai che i propri figli ripercorressero
i medesimi passi. E’ questo, ma non solo. Anche i dati dell’Ocse,
infatti, evidenziano una correlazione tra il livello di istruzione e
quello del lavoro, tra mancanza di istruzione e disoccupazione.
Quest’ultima, tra i laureati, si è attestata - nel 2009 - al 4,4%,
tra chi non lo è, invece, è arrivata all’11,5%, dall'8,7% dell'anno
precedente. Il conteggio, di per sé, si presta ad un'intepretazione
immediata. Per escludere ogni possibile dubbio, ilSussidiario.net ha
chiesto ragguagli a Roberto Ricci, responsabile del Servizio
Nazionale di Valutazione dell'Invalsi.
Riflettono come, in una società matura, ciò che sempre di più fa la
differenza è la qualità del capitale umano, per cui è più semplice
trovare spazi lavorativi per chi gode di una formazione elevata.
Per capitale umano s’intende quel bagaglio di competenze,
professionali e umane, apprese dai libri o dall’esperienza, e della
rete di rapporti di cui una persona dispone. L’istruzione formale -
seppur non in via esclusiva -, gioca un ruolo fondamentale nel
fornire, oltre alle professionalità specifiche, quella capacità di
comprensione della realtà e di muoversi al suo interno di cui la
società dei servizi e dell’informazione, la nostra società, ha
sempre più bisogno.
Nel lavoro di tutti i giorni occorre sapere accedere alle più
svariate tecnologie. Ovviamente, non da esperti. Ma il solo essere
in grado di fruirne implica una flessibilità intellettuale in cui le
competenze sviluppate da un sistema di istruzione sono fondamentali.
Mi riferisco, ad esempio, alla capacità di leggere testi complessi o
alle abilità logico-matematiche.
No, dalla rivelazione Ocse si evince come il mercato del lavoro sia
sempre più alla ricerca di persone con competenze elevate. Quelle
del 14enne che lascia gli studi è evidente che sono estremamente
limitate.
E’ evidente: siamo penalizzati dal fatto che la percentuale di
laureati per classi di età è molto inferiore rispetto a quella delle
altri nazioni avanzate. Tali classi sono divise in quinquenni. Tra i
25 e i 29enni italiani, ad esempio, ci sono meno laureati rispetto
alla media europea, e il divario aumenta con l’aumentare dell’età.
Va da sé che, quindi, la percentuale sul numero totale di abitanti è
più bassa.
Dovrebbe insistere ed investire sulla qualità dell’istruzione e sul
mantenimento di livelli alti; mettendo in campo la nostra tradizione
ma mettendosi in gioco in chiave comparativa. Significa che dobbiamo
iniziare a confrontarci con i nostri naturali termini di paragone,
ovvero i Paesi delle economie avanzate. Il che necessita anche di un
metodo di valutazione standardizzata, di un modello di raffronto
qualitativo sia interno (tra gli istituti formativi italiani) che
esterno (con gli altri Paesi).
A tutte. Spesso non viene adeguatamente sottolineato come la buona
formazione parta dalla scuola primaria. Tant’è vero che i Paesi che
sortiscono i risultati migliori, in termini occupazioni e di
sviluppo, hanno prestato grande attenzione alla propria scuola
partendo da quella di base. Del resto, un buon capitale umano matura
negli istituti superiori o nelle università - questo è vero, ma a
condizione di aver ottenuto buoni risultati nei livelli precedenti. Anche gli operai specializzati hanno bisogno di buone competenze di base. Le loro specializzazioni, infatti, nel mondo lavorativo di oggi dopo poco tempo potrebbero diventare obsolete e per riadattarsi al mercato, devono acquisirne di nuove, ma è un'operazione che richiede competenze acquisite in precedenza. |