Un'altra scuola è possibile? Le classi italiane sono sempre più multiculturali: i figli degli immigrati sono già 750 mila, tra studenti e scolari, provenienti per lo più dalla Romania, dall'Albania dal Marocco e dalla Cina. Peccato che la Gelmini abbia tagliato i 20 milioni di euro per favorire l'apprendimento dell'italiano di Corrado Giustiniani L'Espresso, 19.9.2011 In Val Maira, provincia di Cuneo, gli alunni che meglio degli altri apprendono l'occitano, l'antica lingua romanza citata da Dante nel "De vulgari eloquentia", sono quelli della Costa d'Avorio. "Sono francofoni e questo li aiuta. La loro è nettamente la migliore pronuncia", notano compiaciute Gianna Bianco e Sandra Salviti, maestre della scuola elementare di Dronero dove, per conservare la tradizione, lo studio dell'occitano è obbligatorio. Poco più in là, a Luserna San Giovanni, in Val Pellice, una delle mete degli scalpellini cinesi, venuti a estrarre la pietra bargiolina che per Leonardo da Vinci era paragonabile al marmo di Carrara, si è da tempo celebrato il primo "cento centesimi" alla maturità di una ragazza dello Zhejiang, di nome Fang Xiu. Nella quinta elementare dell'Istituto comprensivo Sampierdarena 2, di Genova, c'è un gruppo di bambini che segue un corso volontario di latino: quattro italiani e 15 stranieri, per metà ecuadoregni, alle prese con Fedro in lingua originale. "Ma è facile come l'italiano", esclamano sorpresi gli alunni di questa classe di eccellenza. Nel Veneto che non ti aspetti, 650 scuole si sono organizzate in 47 reti, per scambiarsi idee, esperienze e personale con l'obiettivo di integrare meglio gli alunni stranieri. Al liceo Manzoni di Milano il cinese lo imparano i ragazzi italiani, dal 2009 e per quattro ore la settimana, opportunità ormai offerta da un centinaio di altre scuole sparse lungo lo Stivale. All'Istituto professionale Francesco Datini di Prato, la scuola dove si diplomò Roberto Benigni nella città che ospita la più grande comunità cinese d'Europa (41 mila persone) c'è un professore di italiano e storia, Luciano Luongo, detto "Marcopolo", che da autodidatta ha imparato il cinese, perfezionandolo poi con cinque viaggi in Cina, e ha organizzato stage di studenti nelle scuole di Wenzhou, opportunamente gemellata con Prato. All'Istituto Daniele Manin di Roma, infine, il rappresentante dei genitori della scuola dell'infanzia si chiama Silvio, nome perfetto per la politica. Soltanto che lui è di nazionalità rumena. Sono alcune tappe di un viaggio avvincente nelle scuole multiculturali di tutta Italia. Lo ha compiuto e trasformato in libro Vinicio Ongini, maestro per vent'anni, autore di saggi e testi per bambini e attualmente esperto dell'Ufficio integrazione del ministero dell'Istruzione. Ha per titolo "Noi domani", lo pubblica Laterza, ed esce in questi giorni in coincidenza con l'avvio del nuovo anno scolastico, proprio per trasferire agli operatori della scuola e ai genitori stessi una spinta di ottimismo e di entusiasmo su un tema - i figli degli immigrati nella nostra scuola - solitamente trattato con i paraocchi del pregiudizio ideologico. Ma quanti sono i ragazzi stranieri all'avvio del nuovo anno scolastico 2011-2012? Il dato statistico non è ovviamente ancora disponibile, i conti si fanno a gennaio, ma una stima più che attendibile sì: sono circa 750 mila, secondo Ongini. "In ogni caso, non si pubblica più da due anni l'indagine nazionale del ministero dell'Istruzione sugli alunni con cittadinanza non italiana. E invece abbiamo bisogno come il pane di quegli indicatori annuali, per capire i nodi emergenti e affrontarli", invoca Graziella Giovannini, che insegna Sociologia dell'educazione all'Università di Bologna. Lo aveva chiesto anche alla Camera, nel corso dell'indagine parlamentare sugli alunni stranieri a scuola, conclusa a gennaio di quest'anno. Ad ascoltarla c'era il presidente Gianfranco Fini, ma non il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Sono dunque 750 mila circa, i figli degli immigrati scolari e studenti. Tanti o pochi? Dipende dai punti di vista. Tanti se si pensa che vent'anni fa, anno scolastico 1991/1992, erano appena 32.500, e ciò dimostra la straordinaria velocità con cui la scuola italiana ha dovuto reagire a correnti migratorie di intensità paragonabile soltanto a quelle subite dalla Spagna. Tanti, ancora, se si tiene conto che in Francia, Paese che riceve immigrati da centocinquant'anni, gli alunni di nazionalità straniera sono poco meno di 500 mila. Tanti, infine, rispetto alle magre risorse economiche e umane messe a disposizione per l'integrazione dal ministero: l'ultima beffa è quella che ha accompagnato la circolare numero 2 del 2010, voluta dalla Gelmini per porre un tetto del 30 per cento agli alunni stranieri di ciascuna classe. Il ministro aveva promesso che sarebbero arrivati insieme 20 milioni di euro per favorire l'apprendimento dell'italiano, che però nessuno ha visto. |