LA POLEMICA

"Noi, in classe senza certezze"
Così la scuola peggiora l'Italia

Comincia un nuovo anno, ma i problemi sono sempre gli stessi. Tagli agli istituti pubblici, docenti poco motivati, studenti abbandonati a sé stessi. E mentre aumenta la divisione fra tecnici e licei d'élite, gli insegnanti statali si preparano a un anno di battaglie

Manuel Massimo la Repubblica, 9.9.2011

Suona la campanella, si torna sui banchi: dopo le vacanze prende il via un nuovo anno scolastico. Ma studenti e docenti sono alle prese con i problemi di sempre. Il calendario della pubblica istruzione in Italia sembra essersi fermato a molti anni fa: la scuola statale sembra perdere la sua funzione educativa e propulsiva. E' più ripetitiva e meno capace di formare cittadini consapevoli. Un universo nel quale gli insegnanti sono perennemente in cerca di status e gli alunni vedono assottigliarsi i propri diritti, mentre il governo continua con i tagli e delegittima l'istituzione. Lo confermano i racconti degli studenti e dei docenti, i protagonisti che tutti i giorni animano le aule e faticosamente portano avanti i loro compiti.

Zero in condotta. Mariano Di Palma, coordinatore nazionale dell'Uds (Unione degli Studenti), è netto: "Non si fa alcun investimento nella scuola pubblica: i fondi per l'edilizia scolastica sono insufficienti, il diritto allo studio non è garantito alle fasce più deboli e c'è un enorme tasso di abbandono scolastico dovuto a ragioni economico-sociali". In questa legislatura, dice, il voto in condotta viene utilizzato come "arma non convenzionale" per punire chi contesta: "Con il ministro Gelmini è tornato in auge l'autoritarismo del passato: le sanzioni disciplinari per chi svolge attività politica a scuola sono all'ordine del giorno, come l'inasprimento del voto di condotta, usato come arma per colpire il dissenso". E fin dal primo giorno di scuola i ragazzi dell'Uds hanno deciso di mobilitarsi contro la crisi e le politiche "restrittive" in classe: "i conti li fate con noi" e "valutato, non schedato" sono le parole d'ordine.

Insegnanti a metà. Il corpo docente, intanto, è alle prese con antiche questioni economiche e nuovi problemi di ruolo, come sottolinea Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti: "Le difficili condizioni economiche in cui versa la professione sono arcinote. Oggi purtroppo è diventato pessimo anche lo status di docente. L'autonomia scolastica è stata portata avanti basandosi sull'aziendalismo. Un obiettivo che rovina il nostro lavoro". Un modello a cui guardare, secondo Di Meglio, è quello tedesco: "In Germania i docenti hanno un buon trattamento economico (prendono circa il doppio dei loro colleghi italiani, ndr) e non sono vessati da compiti burocratici". Da noi, invece, la crisi della scuola va a braccetto con la mortificazione della docenza: per questo la Gilda, l'associazione professionale degli insegnanti, chiede un'area contrattuale specifica per i docenti e l'istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza, battaglie che porterà avanti nel corso dell'autunno.

Scuola di classe. Docenti in cerca di status, a causa di una scuola sempre meno autorevole. Girolamo De Michele, insegnante e autore del libro "La scuola è di tutti", individua l'inizio del declino negli Anni Ottanta: "La scuola ha perso il suo ruolo formativo, almeno in parte, a causa dei modelli promossi dalla televisione commerciale di quegli anni, con programmi come Drive-in e Colpo grosso. Oggi la scuola è guidata da chi ha creato questa cultura, figlia del berlusconismo". Secondo De Michele il governo sta mettendo in atto un disegno preciso: "Vogliono indirizzare le famiglie verso le scuole private, che da noi sono le peggiori d'Europa: veri e propri diplomifici dove spesso ti puoi comprare la promozione. Si tende a un modello che mantiene la cultura a livello d'élite, escludendo la maggior parte delle persone". A farne le spese, afferma De Michele, sono soprattutto gli studenti che frequentano gli istituti tecnici: "Il governo sta abbattendo l'istruzione professionale: non fornisce ai ragazzi gli strumenti minimi per decodificare la realtà e segna il loro futuro, condannandoli a subire la cultura di massa".

Cattiva maestra televisione. Il tema delle scuole di "serie A" e di "serie B" è condiviso anche dal regista Valerio Jalongo, autore del film "La scuola è finita" e docente in un istituto tecnico-professionale di Roma: "I liceali rappresentano un 30% di privilegiati rispetto al 70% dei loro colleghi che frequentano gli istituti tecnici. La scuola è lo specchio di quello che sta succedendo nelle fibre più intime del nostro Paese. Questo governo di destra insegue un modello anglosassone: non crede più nella possibilità di riformare la scuola pubblica e sovvenziona le scuole private". E la televisione, sostiene Jalongo, ha finito per sostituirsi alla scuola: "I ragazzi italiani passano più tempo davanti alla televisione che sui libri: ormai è questa la loro agenzia formativa, con modelli come il gioco dei pacchi e il Grande Fratello. La nostra scuola, di stampo materno e cattolico, appiattisce tutto: il bravo professore non è valorizzato e questo appiattimento si riverbera anche sui ragazzi, con atteggiamenti di rinuncia e un abbassamento del livello medio d'istruzione".

Il talento che non conta. Molti insegnanti, secondo Jalongo, non sono però esenti da colpe: "I sindacati hanno stretto un patto deleterio con una classe docente demotivata: il punteggio per le graduatorie e gli scatti di carriera è formato dall'anzianità e dalla situazione familiare. L'aggiornamento è facoltativo e non porta niente in busta paga. Negli Stati Uniti gli studenti valutano i loro professori e il preside ne tiene conto. Nella scuola pubblica francese i docenti che si aggiornano hanno dei benefici e uno stipendio migliore. Un paese cresce se investe in cultura e in formazione, che al momento sono le nostre uniche possibilità di salvezza. Ma le risorse vanno spese bene: che cosa fa la nostra scuola per valorizzare il talento dei ragazzi?". Ben poco, almeno guardando i rank internazionali: alle elementari stiamo ai primi posti, alle medie scendiamo a metà classifica e gli studenti escono dalle superiori peggiori di come sono entrati. Un declino che rispecchia lo stato della scuola pubblica italiana.