intervista
La Gelmini attacca: "Basta falsità
Come ogni anno, il ministro Mariastella Gelmini
è al centro delle polemiche Michele Brambilla La Stampa, 14.9.2011
milano
«È ovvio che far partire una “macchina” con un milione di addetti e
otto milioni di studenti non è semplice. Ma la verità è che lunedì
l’anno scolastico è cominciato regolarmente. E mi permetta di
aggiungere: è partito regolarmente anche grazie a uno sforzo
eccezionale della pubblica amministrazione».
«Perché quest’anno ci sono stati 67.000 nuovi ingressi tra
insegnanti e personale amministrativo. Lei immagina che cosa vuol
dire assegnare una sede a ciascuno di questi 67.000, convocare tutti
i vincitori dei concorsi, prendere atto delle rinunce eccetera
eccetera, e tutto questo in poco più di un mese? Gli uffici centrali
e periferici della scuola hanno fatto un lavoro straordinario di cui
non parla nessuno».
«Credo che la crisi che stiamo vivendo sia drammatica, e che
sacrifici siano stati imposti a tutti i settori, non solo alla
scuola. Ma, detto questo, si leggono autentiche leggende
metropolitane».
«La storia delle classi pollaio. Sembra che in Italia ci siano solo
classi con più di trenta alunni! Sa quante sono, in realtà, le
classi con più di trenta alunni? 2.108 su 350.000, lo 0,6 per
cento».
«Proprio oggi l’Ocse ha diffuso il suo rapporto sulla scuola, e sa
che cosa dice? Che la media Ocse è di 23 alunni per classe, e la
media italiana di 22. Io capisco le critiche politiche, ma ci sono
dati che non possono essere ribaltati».
«Altra leggenda nera. Dicono che li abbiamo ridotti. Rispondo solo
con un dato: quest’anno sono 94.430, il numero più alto nella storia
della scuola italiana. Non c’è altro da aggiungere, credo».
«Sono calati di sette punti percentuali».
«Alle superiori le abbiamo ridotte perché le ricerche hanno
certificato che erano troppe, e che oltre un certo limite cala la
soglia di attenzione degli studenti. Se poi facciamo un discorso
generale, le leggo un’altra frase testuale del rapporto Ocse: “Gli
studenti italiani beneficiano di classi relativamente meno numerose
e di tempi di istruzione più lunghi”. In Italia gli studenti dai 7
ai 14 anni fanno 8.316 ore di lezione; la media Ocse è di 6.739
ore».
«Anche questa è disinformazione, mi creda. Sono rimaste invariate
nelle medie e nei licei umanistici, e calate solo negli istituti
tecnici perché l’indirizzo di quelle scuole dev’essere un altro. E
comunque siamo sopra la media Ocse».
«Le cosiddette spese di funzionamento erano state ridotte negli anni
scorsi, perché il precedente governo aveva voluto salvare certi
organici gonfiati, così mancavano i soldi per la gestione ordinaria.
Ma ormai da due anni siamo tornati agli stanziamenti di prima del
2007, quindi a cifre superiori ai settecento milioni di euro. Chi
chiede un contributo alle famiglie, lo fa per attività particolari,
non per la gestione ordinaria».
«Sì, ma l’abbiamo aumentata di otto punti. All’università c’erano
molti sprechi, li abbiamo eliminati e ora molti atenei stanno
migliorando i loro bilanci. La strada è ancora lunga ma l’abbiamo
imboccata nel senso giusto».
«Perché sono i primi a pagare le scelte degli anni scorsi, e cioè
l’aumento indiscriminato di ore e di cattedre per fare della scuola
un ammortizzatore sociale. Noi ora, grazie ai risparmi, abbiamo
recuperato gli scatti di anzianità.Ma la nostra sfida è quella di
superare la logica dell’anzianità e di premiare il merito, perché
non è giusto che tutti gli insegnanti guadagnino lo stesso
stipendio. Non sarà facile cambiare, in un sistema ingessato come
quello della scuola: ma non c’è altra via». «Certo vorrei che si parlasse anche delle tante novità positive introdotte dalla riforma, degli investimenti per le nuove tecnologie, dei nuovi indirizzi delle superiori che stanno avendo molto seguito... Ma la cosa più triste è che si alimenta nelle famiglie l’illusione che si possa tornare alla scuola di prima, quella che dava l’impressione di essere ricca ma spendeva tanto e male. Quella scuola non tornerà, perché anche se cambiasse il governo, chi verrà dopo di me dovrà fare i conti con questa realtà». |