Quello che docenti e scuole di Franco Buccino ScuolaOggi, 2.9.2011 Nel dibattito sulla scuola, che accompagna questa lunga e calda estate, ai tradizionali, ahimè, argomenti del precariato e delle manovre economiche si è aggiunto, a sorpresa, il tema della valutazione e del ruolo dell’Invalsi. È la riprova dell’interesse non episodico del mondo della scuola per tale tematica. Misurazione di competenze e conoscenze degli alunni, valutazione e autovalutazione delle scuole e della loro azione, valutazione di aspetti importanti dell’intero sistema scolastico. Volerne parlare a docenti e scuole, anche se in modo un tantino didascalico, significa sfondare una porta aperta; pensare che non hanno capito di che si tratta è un po’ offensivo. Ma certo ci sono tanti passi avanti da fare; il fiorire di saggi, interventi, commenti, risposte, va nella direzione giusta; e non si insisterà mai abbastanza su interventi formativi specifici. Potremmo chiudere qui il discorso se non fosse che in sondaggi d’ogni genere l’Invalsi con le sue prove riceve la sfiducia di almeno i tre quarti degli operatori scolastici. Una sonora bocciatura, che, per un tragico equivoco, si pensa da parte di parecchi riguardi la valutazione, e invece riguarda l’Invalsi. Bisogna approfondire le ragioni di questo diffuso rigetto. Parafrasando e capovolgendo il titolo di un interessante articolo delle ultime settimane, si potrebbe parlare di “tutto quello che prof e scuole hanno capito dell’Invalsi”. O che pensano di aver capito. Innanzitutto che l’Invalsi non é un’agenzia indipendente. Gli manca lo statuto, i fondi e il personale; non decide in totale autonomia cosa fare, non ha una sua visione del sistema scolastico, non individua le risposte ai problemi. Ha il Ministro addosso prima, durante e dopo. Che banalizza i risultati con commenti del tipo: al nord le cose vanno bene, al sud andiamo male, ma la Puglia… Vi ricordate il classico verbale del consiglio di classe? Trionfo dell’ovvio con finale tragico. “La classe si divide in due gruppi: uno di alunni bravi e volenterosi con qualche punta di eccellenza, l’altro formato da alunni carenti, poco motivati, qualcuno recuperabile, altri pure indisciplinati. Si decide di convocare i genitori di questi ultimi telefonicamente. No, meglio con la cartolina”. Un’agenzia di valutazione indipendente creerebbe qualche problema alle scuole, ma metterebbe molto di più in ansia l’Amministrazione. Perché seguendo le indicazioni dell’agenzia dovrebbe magari intensificare il tempo scuola, ridurre il numero di alunni nelle classi, potenziare i laboratori. Figuriamoci la Gelmini e Tremonti! Un giudizio positivo sull’Invalsi di oggi significa un giudizio positivo sulle recenti politiche scolastiche e le cosiddette riforme del governo. Un Invalsi indipendente oggi sarebbe un’agenzia “resistente”, che smaschererebbe il governo e le sue bugie. Secondo, che l’Invalsi si appresta ad esaurire il suo compito preparando e valutando le prove per gli esami. Quest’anno alle medie, l’anno prossimo alla maturità. In teoria va bene che l’Invalsi intervenga anche durante gli esami. Il fatto è che nella scuola esami, scrutini, corsi di recupero vengono visti come adempimenti burocratici che condizionano e strozzano la normale attività didattica. Mettere le prove Invalsi negli esami significa far scattare meccanismi come le esercitazioni di preparazione alle prove, le prove delle prove, gli aiutini e le copiature. Significa anche far diventare gli esami più difficili e di conseguenza far aumentare il numero dei bocciati. Con grande contraddizione dell’Invalsi e della sua missione, perché la fotografia dovrebbe scattarla anche prima e durante il percorso didattico, facendo ogni volta diagnosi e proponendo rimedi. In pratica queste prove servono al Ministro per dire che le sue riforme funzionano, che la scuola diventa finalmente più severa e quindi più seria. Terzo, che le prove Invalsi servono a mettere in evidenza, per tutto ciò che non funziona, le esclusive responsabilità delle scuole e, quindi, dei docenti. Certo, c’è in questa accusa dei docenti all’Invalsi un’ottica autoreferenziale, qualche pregiudizio e un po’ di vittimismo, ma d’altra parte le prove Invalsi cos’altro mettono in evidenza, oltre le differenze geografiche e sociali tra gli alunni del nostro paese, se non i limiti delle scuole nell’uso dell’autonomia e i difetti degli insegnanti nel programmare e fare lezione. La maggioranza dei docenti non ci sta a far passare questo tipo di valutazione sommaria. Forse perciò vengono ritenuti di sinistra. L’autonomia è divenuto da dieci anni l’alibi dell’Amministrazione per scaricare sulle scuole la sua incapacità e la sua inettitudine: tutto quello che non riesce a fare lo passa alle scuole; e per tutti i compiti che affida loro, non ci sono mai risorse, né economiche, né tanto meno umane. Con la Gelmini gli esempi si sprecano: più tempo pieno con meno insegnanti: uno la mattina e uno il pomeriggio; una materia curricolare in lingua inglese: ci pensano le scuole; hanno sforato con le spese, gli tagliamo i finanziamenti. Le scuole non riescono a fare i miracoli, ma per il Ministro non sanno fare un buon uso dell’autonomia. I docenti, poi, sono passati di ruolo tutti “ope legis”. Come si fa a parlare di merito? Dimenticando che, se gli insegnanti arrivano poco preparati, l’Amministrazione si disinteressa totalmente del loro aggiornamento e della loro formazione professionale. Neppure per le sue riforme epocali investe un euro nell’aggiornamento dei docenti. Questo docenti e scuole hanno capito dell’Invalsi. Ed è difficile dargli torto. Continuano, comunque, a sognare un sistema nazionale di valutazione. Qualcuno che dica loro dove sbagliano e come correggere il tiro dell’azione didattica, avendo con l’autonomia mezzi e risorse. Che sottolinei le carenze di competenze e conoscenze degli alunni in ogni scuola e in ogni territorio e le linee di intervento che bisogna adottare. Che dica con responsabilità e senza ipocrisie al Ministro e al governo dove portano le loro politiche scolastiche. |