SCUOLA
Cinque domande al Nord, al Sud di Tiziana Pedrizzi il Sussidiario 26.9.2011 Inizio d’anno scolastico: solita buriana sull’irrisolvibile problema della formazione e del reclutamento degli insegnanti, sui presunti affollamenti delle classi, etc. Dopo le polemiche primaverili, il Rapporto nazionale Invalsi di luglio sui risultati delle prove si è perso nella calura estiva e per il momento non se ne parla molto. Poiché invece della scuola la cosa più importante è cosa ci si impara, vale la pena cominciare a guardarci dentro, magari in modo non sistematico. 1. Non sarebbe vero che risultati mediocri dei nostri studenti siano dovuti alle prove a risposta chiusa, i famigerati quiz, che comprimerebbero le loro capacità. I risultati peggiori, sia in Invalsi sia in Pisa, vengono dalle risposte aperte, che richiedono più impegno e più capacità e che, infatti, corrispondono ai livelli più alti di prestazione. In parte ciò è dovuto forse alla mancanza di motivazione: le percentuali di mancata risposta diminuiscono nelle classi dove il Snv non è al debutto e perciò si comincia a comprenderne l’importanza. Ma non potrebbe contare anche il fatto che i nostri studenti sono poco abituati ad esprimere sinteticamente motivate valutazioni personali? Le terze prove dell’esame di maturità nella loro grande maggioranza riproducono delle interrogazioni formato bonsai.
2. Guardiamo ai licei. Secondo Invalsi i licei del Sud raggiungono
lo stesso livello degli istituti tecnici del Nord, che sono
inferiori ai licei del Nord, e per di più - novità - i licei del
Centro tendono ad omologarsi a quelli del Sud. Ciò vuol dire che i
mediocri risultati del Centro e del Sud non riflettono solo una
rilevante percentuale di livelli bassi, ma anche una scarsità di
livelli alti (che in generale sono presenti nei licei). 3. È sempre più provato lo iato fra Nord e Sud. Fattori genetici o sociali? La seconda che hai detto! Al Sud i bambini all’inizio del percorso sembrano più svegli di quelli del Nord; è dopo che si perdono. La ragione potrebbe essere che la scuola non lavora come dovrebbe, che ci sia troppo lassismo ed indulgenza verso i risultati bassi, che è poi auto-indulgenza? Di solito a questo punto saltano su gli esempi preclari di eccellenza. Ma il problema del Sud è una normalità accettabile, garantita, standard, che avvicini i livelli culturali delle diverse classi sociali. Perché gli appassionati al tema dell’equità sono anche sostanzialmente i difensori della scuola del Sud così come è? 4. Gli stranieri di seconda generazione, perché non recuperano? Perché, per populismo ed in omaggio al politically correct, agli infelici è applicato il metodo globale, in disgrazia anche presso gli autoctoni. In nome dell’accoglienza e della non discriminazione li si colloca linguisticamente nudi e crudi nelle classi e non si insegna loro a parlare italiano con corsi appositi, in modo sistematico, organizzato ed obbligatorio. Di solito a questo punto saltano su di nuovo quelli che sbandierano le poche eccellenze esistenti. Ma non di buon cuore c’è bisogno, ma di routines decenti, garantite e standard. Questa situazione è grave non solo per ragioni di equità, ma anche di efficienza: sta diventando di senso comune l’osservazione che fra questi giovani si trovano, oltre che casi difficili, anche i più disponibili allo studio ed al sacrificio, alla ricerca di una promozione sociale ed economica, di cui gli autoctoni non sembrano più necessitare. 5. Infine una nota di ottimismo. A volte le risposte dei bambini e degli allievi si rivelano migliori di quanto si sarebbero aspettati gli insegnanti, che a volte lamentano la eccessiva difficoltà di prove che ottengono invece risposte positive. Non è che gli adulti che lavorano nella scuola in Italia si sono troppo seduti? |