Il programma per la scuola di Micromega: di Stefano Stefanel da Pavone Risorse, 28.10.2011 Sull’ultimo numero di MicroMega (7/2011) dedicato al “Programma dell’AltraItalia” è uscito un interessante e completo contributo di Marina Boscaino dal titolo “Un programma per la scuola”. Marina Boscaino collabora a Pavone Risorse ed ha un’idea molto lucida sulla scuola e sul suo futuro. La distanza dalle mie posizioni in alcuni punti del suo articolo è molto ampia, ma credo sia un contributo che vada letto attentamente perché frutto di una lucida intelligenza e di una preparazione puntuale. Diciamo che è uno dei rari casi di contributo propositivo e non oppositivo che viene dal mondo della scuola, per cui potrei anche dire che in questo caso sono molto d’accordo con chi non la pensa come me. L’articolo è molto interessante perché permette di evidenziare alcuni punti controversi che costituiscono gli elementi di maggiore criticità dell’attuale sistema scolastico. Redatto da Marina Boscaino il contributo probabilmente è condiviso anche dagli altri collaboratori di MicroMega e questo apre molti spiragli in riferimento ad alcuni luoghi comuni sul conservatorismo, anche perché dalle pagine della Boscaino si percepisce l’idea che la scuola così com’è non funziona e comunque va cambiata. La colpa maggiore della crisi della scuola italiana che traspare dalle sue pagine, la Boscaino la attribuisce ai Governi di centrodestra, ma riconosce che da molto tempo non c’è un reale pensiero costruttivo neppure a sinistra. E certamente i risultati negativi delle rilevazioni internazionali sull’Italia - che datano dal 2000 - non possono essere tutti attribuiti a Ministri che hanno esercitato dopo tale data. La Boscaino inoltre ripropone l’unificazione del primo ciclo dell’istruzione e alla memoria ritorna il “riordino dei cicli” dei Ministri Berlinguer e De Mauro, vissuto in maniera negativa dai docenti e dall’opinione pubblica, forse anche perché declinato con una legge (la 30 del 2000) che aveva alcuni tratti di confusione a cominciare da quelli relativi all’onda anomala. Dove debba stare la scuola “di mezzo” (Scuola secondaria di primo grado o media) è però un tema affascinante, perché in base a quello che si decide cambia anche l’architettura del resto del sistema (pag. 191). Terminologia traditrice. Ci sono tre elementi linguistici che “tradiscono” Marina Boscaino:
Questione economica. Il problema non è di poco conto. Scrive la Boscaino a pag. 183: “la premessa è la necessità di investimenti culturali ma anche e soprattutto economici”. E conclude a pag. 196: “Qualsiasi proposta di sviluppo della scuola (…) deve essere resa coerente con una visione complessiva delle politiche di bilancio dello Stato”. Le due frasi mostrano la complessità del problema: io non penso che si debbano dare più soldi alla scuola, ma che li si debbano dare meglio invece lo penso. Il passaggio è molto interessante se si mettono in relazione “investimenti” e “visione complessiva”: il punto è centrale perché finora si è tagliato in forma orizzontale (io sono d’accordo sull’entità dei tagli, non sull’orizzontalità degli stessi), ma non si sono fatti investimenti. La Boscaino ne propone uno massiccio sull’edilizia scolastica e questo penso sarebbe un punto importante su cui cercare una compatibilità finanziaria, perché i nostri edifici scolastici sono in molti casi vetusti e poco funzionali, soprattutto nel Centro Sud. In questo caso serve proprio una visione complessiva per fare degli investimenti, non una semplice immissione di denaro per ristrutturare o mettere a norma le scuole dei centri dove quei soldi arrivano. Il Governo di Centro-destra ha tagliato molto, ma io non sono convinto lo abbia fatto solo per fare cassa: io penso lo abbia fatto anche perché voleva favorire il rafforzamento del sistema dell’istruzione privata. Questo è un progetto forse non condivisibile, ma non privo di legittimità, perché in molte parti del mondo la scuola privata eroga un servizio pubblico migliore di quello statale. Reclutamento e valutazione. I due paragrafi sul reclutamento e la valutazione (pagg. 192-194) mostrano un vero cantiere aperto. Il contributo giustamente riconosce che così non si può andare avanti, ma struttura la sua proposta in maniera che mi sembra un po’ contraddittoria. Reclutamento: la Boscaino propone tre categorie per una fomazione post laurea (anche se qui andrebbe affrontata la questione della laura in scienze della formazione): disciplinare, didattica, relazionale; però poi aggiunge che queste tre voci dovrebbero avere un “riconoscimento a livello di punteggio nelle diverse graduatorie”. Io credo che il metodo di reclutamento proposto dalla Boscaino sia estremamente corretto ma deve coincidere con l’eliminazione di tutte le graduatorie, che di fatto oggi cancellano proprio le tre voci che lei propone per il reclutamento. O la qualità o l’anzianità, non ritengo possibile avere un sistema che le tuteli allo stesso modo entrambe. Valutazione: la Boscaino scrive che vanno valutati “il sistema scolastico nel suo insieme, il singolo istituto, i docenti” (i dirigenti forse sono impliciti nella valutazione del singolo istituto) e propone che sia un’autonomia indipendente ad occuparsene. Trovo l’idea veramente intelligente. Però poi scrive: “bisogna sgomberare il campo da una visione della valutazione come strumento punitivo o premiante”. Ma come si fa? Se io valuto comunque qualcuno sta in alto e qualcuno in basso e se io non premio e non punisco nessuno vanifico la valutazione che in modo così intelligente e indipendente ho costruito. In varie occasioni nell’articolo la Boscaino “disegna” un docente che è piuttosto lontano da moltissimi che attualmente insegnano nella scuola e questo presuppone una ridefinizione radicale di tutta la professionalità della categoria (si leggano le bellissime pagine dedicate ai “Contenuti disciplinari, conoscenze, competenze” (pagg. 186-189) o quelle sull’innovazione e l’inclusione a pag. 194). Le troppe gambe dell’istruzione secondaria. I Paesi dell’Ocse si sono quasi tutti strutturati su un sistema binario: da una parte i Licei deputati all’istruzione accademica e teorica, dall’altra il Vet System (Vocational Education & Training) che racchiude l’istruzione tecnica e professionale, la formazione professionale, l’educazione per gli adulti (Lifelong Learning che non coincide con i nostri CTP, ma semmai con le Università della Terza e LiberaEtà e con altre agenzie private di formazione) e la formazione tecnica post diploma. L’enfasi e gli esempi della Boscaino sono quasi tutti di matrice liceale e umanistica e credo che qui si apra il grave problema che ha consegnato la formazione professionale e il Lifelong Learning a segmenti esterni all’istruzione. Quando propone che l’obbligo scolastico a 16 anni sia tutto interno all’istruzione dà per scontato che ci sia qualcosa di esterno e professionalizzante cui si può accedere dopo i 16 anni. Io credo che tutta l’istruzione e la formazione debbano stare (dai 3 ai 93 o 103 anni) dentro un unico sistema (come in Finlandia, ad esempio). E credo che il peso delle materie umanistiche debba scendere in tutti gli ordini di scuola, per dare più peso a quelle tecniche e scientifiche. Ma l’impianto proposto dalla Boscaino rimane stimolante (soprattutto quando propone il biennio unico), anche se comunque di matrice fortemente liceale Tempo scuola. Questo è forse il punto di mio massimo dissenso dalla proposta della Boscaino. Nel contributo si dà per scontato che serva più tempo scuola, senza tenere in alcun conto che noi abbiamo il tempo scuola più lungo dell’area Ocse con risultati non molto esaltanti. Il problema del tempo pieno nella scuola primaria è all’ordine del giorno e la discussione sulla valenza didattica delle due ore giornaliere di mensa e dopo mensa rimane una questione molto complicata da affrontare in due parole. L’estensione oraria della scuola in controtendenza con tutta l’area Ocse a fronte di risultati modesti credo rimanga un vero e proprio problema aperto. E la contestata Riforma Gelmini del secondo ciclo comunque modifica un ordinamento che le rilevazioni internazionali stanno giudicando severamente. Avrei dei dubbi a legare il miglioramento di apprendimenti e competenze degli alunni all’alto tempo scuola, perché noi lo abbiamo e siamo dove siamo. La stanchezza di docenti e alunni a maggio dovrebbe forse farci riflettere sulla durata e sull’organizzazione della nostra scuola. Un programma come quello proposto da MicroMega dovrebbe essere verificato sul campo. Non so se sarà possibile. Ma sarebbe interessante vederlo alla prova dei fatti.
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