Il «concorsone» per i prof aspetta il 2012

di Gianni Trovati Il Sole 24 Ore, 3.10.2011

La data da tenere a mente è quella del 1° novembre 2012. A quell'epoca, salvo sorprese, saliranno in cattedra i primi "abilitati nazionali", cioè i vincitori dei nuovi concorsi modello-Gelmini chiamati a sostituire le vecchie prove locali crollate sotto il peso delle accuse di "parentopoli" e favoritismi vari.

Ad attendere l'avvio del concorso nazionale c'è un limbo accademico affollato, popolato da almeno 2mila persone che negli ultimi anni hanno partecipato a un concorso per diventare ordinario o associato, si sono sentite rivolgere i complimenti per la brillante vittoria ma non hanno ottenuto il posto perché non c'era; ci sono poi i tremila posti da associato finanziati con la tranche triennale del «piano straordinario» pensato a fine 2010 per contribuire a svuotare il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato cancellato dalla riforma Gelmini; e ci sono i ricercatori, gli assegnisti, i dottorandi, che ambiscono a un futuro in cattedra. Secondo i programmi ministeriali annunciati anche in Parlamento, il nuovo reclutamento sarebbe dovuto partire in autunno, ma nonostante il clima il calendario dice che l'autunno è iniziato e che l'impresa si è rivelata più improba del previsto.

A che punto siamo? Il piano di attuazione della riforma dei concorsi si è ramificato in tre parti, chiamate rispettivamente a fissare la nuova architettura dei settori concorsuali, le procedure per l'abilitazione e i criteri di valutazione dei candidati e dei commissari. I primi due provvedimenti hanno tagliato il traguardo (i settori sono in «Gazzetta Ufficiale», le procedure attendono solo la pubblicazione), ma il tassello dolente è l'ultimo. Il provvedimento che definisce i criteri di valutazione sta per imboccare la strada verso il Consiglio di Stato, e i tempi a questo punto dipendono dai giudici amministrativi.

La tensione è alta, soprattutto fra i docenti che rischiano di vedersi esclusi dalle commissioni se non possono vantare i requisiti che saranno chiesti dal provvedimento in arrivo. Tutto dipende dall'altezza a cui sarà fissata l'asticella da superare prima di sedersi fra i commissari, ma per capire perché la materia è incandescente basta riandare con la memoria al primo decreto Gelmini, quello che nel novembre 2008 provò a mettere un po' di meritocrazia nella macchina universitaria: il decreto (è il 180/2010) prevedeva l'avvio di un'anagrafe nazionale dei docenti, con l'elenco delle pubblicazioni scientifiche "certificate", e negava gli scatti biennali a chi non avesse pubblicato nulla negli ultimi due anni e la possibilità di partecipare a commissioni a chi si rivelasse inattivo per un triennio. La previsione, inedita, creò scalpore ma, a testimonianza delle resistenze interne al sistema, rimase inattuata.

Il fatto che la costruzione dell'impalcatura per l'abilitazione nazionale si sia rivelata più lunga del previsto, anche a causa degli intoppi di uno dei decreti al Consiglio di Stato e dei tempi non proprio fulminei dell'iter fra organi di concertazione e Corte dei conti, rischia anche di cambiare la natura del «piano straordinario» per gli associati, almeno nel primo anno. Il piano straordinario è stato introdotto dalla riforma Gelmini insieme allo stop ai ricercatori a tempo determinato, ed è stato pensato appunto per finanziare l'uscita di una quota di ricercatori da un ruolo ormai in esaurimento. In questo progetto, i beneficiari erano ovviamente i primi vincitori dell'abilitazione nazionale per il ruolo da associato, ma l'abilitazione nazionale ancora non c'è.

Che cosa succede, dunque? L'idea che si va facendo largo è quella di finanziare con la prima fetta annuale del piano, confermata nel decreto sul Fondo di finanziamento ordinario scritto nelle scorse settimane dal ministero (si veda anche l'articolo a fianco), i vincitori dei vecchi concorsi. La prima fetta di risorse, secondo stime non ufficiali di area governativa, dovrebbe bastare addirittura ad assorbire tutti gli associati in attesa di una cattedra. Sarebbe un problema risolto, certo, ma non proprio in linea con le ragioni che a fine 2010 hanno prodotto il piano straordinario; tanto più che in questo modo i fondi stanziati per avviare il nuovo sistema finirebbero per premiare uno degli aspetti più "controversi" del vecchio, vale a dire le doppie idoneità che fino al 2009 hanno consentito agli atenei di bandire concorsi per un posto creando però due "promozioni", in un vorticoso gioco di triangolazioni che ha contribuito non poco a screditare il sistema dei concorsi locali.

gianni.trovati@ilsole24ore.com.