SCUOLA Abravanel: Profumo, un "manager" che può cambiare la scuola in 3 mosse intervista a Roger Abravanel il Sussidiario 16.11.2011 Monti: la lista dei ministri Francesco Profumo, 58 anni, rettore del Politecnico di Torino fino al 2001 e poi presidente del Cnr, è il nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Fa parte della squadra di soli tecnici voluta dal nuovo premier Mario Monti. Roger Abravanel, manager formato in McKinsey, editorialista, membro del comitato scientifico di Confindustria, saluta con favore la nomina. Anche se esprime subito qualche perplessità sulle condizioni non facili nelle quali il neoministro si troverà a lavorare. «Profumo? In realtà non è un accademico puro, perché prima dell’università ha lavorato diversi anni in Ansaldo. Vuol dire che Profumo sa bene come funziona un’azienda oltre che l’università. Dico sempre che la scuola e l’università sono la più grande azienda d’Italia. Mi spiace per i sindacati, ma un po’ di sano aziendalismo è quello che ci vuole per la scuola italiana». Non ha dubbi, Abravanel, su un concetto puntualmente destinato a creare polemiche. «E’ così, perché azienda vuol dire premiare i capaci». «Dunque, stiamo ai fatti. La sua è un’ottima scelta, perché mi risulta che il Politecnico di Torino sia un’ottima università e che sia notevolmente migliorata durante la sua gestione. In più, da quel che ho capito, conosce anche il mondo della scuola». Ma Abravanel non nasconde qualche preoccupazione. «Facciamo un passo indietro. Tra tutte le cose che deve fare questo governo, il problema di fondo è che non si può sapere quanto durerà. La sua durata dipende dalla lungimiranza di chi sta in Parlamento. Ora, delle cose che deve fare alcune sono a beve termine, come i provvedimenti urgenti in materia economica, come ridurre la spesa pubblica e adottare misure per la crescita. Altre sono di medio termine: fare le liberalizzazioni e riformare il mercato del lavoro. Ma per riformare la scuola e l’università ci vogliono realisticamente almeno dieci anni».
La vera domanda allora è cosa potrà
fare Profumo in un’ottica di breve termine. Abravanel in proposito
ha le idee chiare. «Il ministro Gelmini aveva avviato delle riforme
alle quali ora occorrerebbe metter mano con molto più coraggio. La
prima: fare la valutazione dell’università in maniera molto più
incisiva. In altri termini, rivedere e potenziare il ruolo dell’Anvur,
in modo da arrivare al più presto ad una classifica obiettiva,
trasparente, pubblicabile sulla qualità degli atenei - che oggi non
esiste». Ma c’è un altro capitolo dolente, ed è la macchina burocratico amministrativa che governa di fatto la scuola italiana e che fino ad ora non ha esitato a bloccare - o a gestire in proprio - il processo delle riforme. «Il nuovo ministro deve innanzitutto darsi una comunicazione efficiente e dire agli italiani - alle famiglie italiane - che il problema delle scuole italiane non è tanto il taglio dei costi - beninteso è anche questo - ma soprattutto la qualità dell’insegnamento. Profumo deve portare dalla sua parte i genitori, che oggi loro malgrado non sono dalla sua parte perché hanno subìto l’alleanza conservatrice dei sindacati e di una parte degli insegnanti, il cui unico obiettivo è stata la resistenza corporativa a qualsiasi tentativo di riforma e di premiazione del merito».
COMMENTI Caro Pascuzzi, purtroppo c'è poco da essere ottimisti. Sta ricominciando la canzone "L'Europa lo vuole", che ci portò al 3+2, ovvero al disastro dell'università italiana. E stavolta è vero che l'eurocrazia, più potente e aggressiva che mai, lo vuole davvero, visto che ha già chiesto imperiosamente al governo Monti di valutare gli insegnanti in base ai rendimenti dei loro alunni stimati mediante i test Invalsi. E naturalmente un governo di tecnocrati come questo lo farà, eccome, con il consenso trasversale di una politica moribonda. Intanto qui continua il coro di quelli che ripetono il ritornello "oggettivo e misurabile", a dispetto di ogni argomento. Oltre ai tanti testi esteri che sempre più criticano testing, accountability e valutazioni quantitative, segnalo il recente articolo di Ewing: http://www.ams.org/notices/201105/rtx110500667p.pdf
L’efficienza dell’“azienda privata” è diventato un mito pernicioso. Nella realtà, parte di queste aziende tranquillamente corrompono, truffano, falsano i bilanci, falliscono, inquinano, delocalizzano, uccidono anche. Che il paragone scuola-azienda serva solo per segnalare lo sbando del sistema attuale è una novità. Almeno per me. Infatti e ad esempio, Giorgio Israel non l’avrebbe già indicata come «un'idea banalmente sbagliata … che la scuola sia un'azienda fornitrice di beni e servizi e che studenti e famiglie siano l'utenza..». Finora questo paragone è stato usato anche come scorciatoia per confermare, esaltare, giustificare la gerarchia interna (preside-manager che decide lui, minaccia e punisce) e quella esterna (ministro che non provvede allo sbando del sistema attuale, che mantiene a sé le decisioni e il comando mentre delega e scarica ad altri le responsabilità sue proprie, negando però le risorse e i mezzi necessari). Tipica l’ipotetica gara, o concorrenza, fra scuole per migliorare il sistema a costo zero anzi risparmiando. A mio giudizio, non ha senso logico e dialettico intimare, a chi rigetta l’analogia, di fornire una sua alternativa valida. Chi dovrebbe giudicare al riguardo?
Chi afferma che la
scuola dovrebbe funzionare come una azienda privata intende solo
evidenziare lo sbando del sistema attuale: niente obiettivi, niente
selezione, niente scelte strategiche. Le analogie sono sono
analogie. E' un errore renderle assolute. Sostanzialmente Abravanel
afferma che l'unica base di partenza decentemente obiettiva sono i
test. Non dice molto altro, anche perché l'orizzonte temporale di
questo governo anomalo è effettivamente alquanto indefinito. Chi
inorridisce di fronte all'analogia scuola - azienda dovrebbe
spiegare su cosa altro spera di basarsi. Su quali criteri oggettivi
e misurabili intende fondare delle decisioni. Perché le enunciazioni
astratte su cosa sia la formazione integrale della persona
continuano a risolversi in vuota ideologia mentre la situazione
della scuola peggiora. “Se consideriamo la scuola come un'azienda la portiamo alla rovina” così titolava Giorgio Israel, il 19 Giugno 2008, in “Consigli alla Gelmini” e precisava: “ … che la scuola e l’università non sono aziende e servizi, che la cultura e l’istruzione non sono “prodotti”, che l’efficienza aziendalistica è assolutamente inappropriata e inefficiente in questo contesto, che l’idea di concepire alunni e famiglie come “utenti” è devastante, che il termine “customer satisfaction” andrebbe proscritto in questo contesto, salvo la valutazione di edifici, gabinetti e servizi accessori all’insegnamento propriamente detto.” (1) Le aziende infatti hanno un proprietario o padrone che mette il capitale e “lo fa per soldi [cioè per guadagno], per ambizione e per soddisfazione personale" (2). Chi è, o sarebbe, il proprietario o padrone nella scuola-azienda. Non certo il preside! Dall’uguaglianza falsa scuola = azienda discendono poi le considerazioni e i consigli farlocchi dell’ing. Abravanel, director emeritus di McKinsey, certamente esperto in altri campi ma non in quello della scuola. Improponibili, velleitarie, non condivise le 3 mosse consigliate al neo ministro Francesco Profumo. (1)
http://www.loccidentale.it/articolo/se+consideriamo+la+scuola+come+un'azienda+l
(2)
Lungi da me l'idea di consigliare al nuovo Ministro come scegliere gli esperti da cui farsi assistere nel nuovo difficile compito. Una cosa, però, è certa: che la fine dell'era Gelmini deve coincidere anche con la scelta di persone che sappiano di cosa si parla. Persone che abbiano, cioè, competenze. L'ottimo ingegner Abravanel ha frequentato, immagino, come i più scuole italiane. Non c'è altro nel suo curriculum per quanto riguarda il mondo della scuola. E' decisamente poco per farlo assurgere ad "esperto" di politiche scolastiche. Del resto basta leggere l'intervista per capirlo, non serve altro. Essendo peraltro l'ispiratore delle fallimentari sperimentazioni che avrebbero dovuto introdurre la meritocrazia nella scuola direi che è il caso che ritorni ad occuparsi di libri e ricerca e selezione di personale per le aziende. Per quello, certamente, ha i titoli necessari ed è un esperto riconosciuto e stimato. Per cui caro ingegnere auguri per il suo antico lavoro e a non più rivederci per parlare di scuola.
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