Scuola.
Solo gli italiani odiano le medie,
Il Rapporto della Fondazione Agnelli fa il punto
da Vita, 29.11.2011
La scuola media è l’anello debole della scuola italiana. Lo
suggeriscono le rilevazioni internazionali: gli studenti italiani
infatti, che in matematica e scienze in quarta elementare (indagine
Timss 2003) erano ben sopra la media internazionale, nel 2007,
arrivati in terza media, facevano registrare il peggior crollo di
risposte di tutto il mondo (-23 punti in matematica e -21 in
scienze). L’indagine Ocse-Pisa del 2009 ha misurato i risultati
degli stessi ragazzi in seconda superiore, e le prestazioni sono
tornate a salire. I ragazzi sono sempre gli stessi, quindi deve
essere la scuola media ad avere qualche problema… Parte da qui le
nuove ricerche realizzate dalla Fondazione Agnelli e rese pubbliche
oggi nel suo Rapporto sulla scuola in Italia 2011.
La scuola media italiana, nata nel 1962, fatica a staccarsi di dosso
l’etichetta di «terra di mezzo» oscillante tra due opposte
prospettive pedagogiche: quella di prolungare l’approccio empatico
delle scuole elementari e quella di anticipare l’adozione della
cultura selettiva propria delle superiori. Il prolungamento
dell’obbligo di istruzione al biennio delle superiori – scrive il
Rapporto - ha aggiunto un ulteriore elemento di disorientamento per
la scuola media e, come osservato nell’Atto di indirizzo del
ministro, anche per il suo esame di Stato.
Le 170 pagine del Rapporto mettono in luce come sia proprio alle
scuole medie che esplodono in modo drammatico i divari di
apprendimento determinati dall’origine socio-culturale degli
studenti, che invece le scuole elementari riescono a contenere con
successo. La probabilità di essere in ritardo alla fine delle medie
da parte di uno studente figlio di genitori con licenza media è
quattro volte superiore a quella del compagno figlio di genitori
laureati, quella di uno studente straniero nato all’estero e
scolarizzato in Italia è addirittura venti volte superiore a quella
di un italiano. I divari sociali di apprendimento che nascono alle
medie rischiano di compromettere il percorso scolastico,
specialmente degli studenti di origine più svantaggiata. Questi
divari e ritardi diventano, infatti, irrecuperabili alle superiori,
generando la grave piaga dell’abbandono, mettendo a rischio il
futuro di troppi ragazzi e, in definitiva, privando il Paese di
risorse umane preziose in una fase storica così difficile e incerta.
La scuola media è la scuola della preadolescenza. E la
preadolescenza è spesso considerata un’età «difficile» e «incerta».
Secondo le indagini della Fondazione Agnelli, però In Italia, gli
adolescenti italiani sono quelli che meno di tutti vanno volontieri
a scuola e ci vanno con più stress. Ad andare a scuola volentieri
sono solo il 17% dei maschi e il 26% delle femmine undicenni contro
il 33% e il 43% della media Hbsc, con valori ancora più elevati in
altri paesi avanzati. La situazione precipita ulteriormente a 13
anni, età in cui il gradimento scolastico scema un po’ per tutti, ma
per gli studenti italiani raggiunge minimi che collocano il nostro
paese agli ultimi posti.
Il Rapporto rivela, inoltre, che gli insegnanti della scuola media
sono i più anziani (età media, oltre 52 anni, con moltissimi
concentrati nella fascia intorno ai 58 anni) e i meno soddisfatti
della loro preparazione complessiva, oltre a essere coinvolti nel
più vorticoso turnover di cattedre di tutta la scuola italiana: 35
docenti di scuola media su 100 non insegnano l’anno dopo nella
stessa scuola, con le prevedibili conseguenze negative per la
continuità didattica dei loro allievi. Per il Rapporto occorre affrontare presto e con energia questa profonda crisi della scuola media, che da molti anni ha smarrito la propria identità e il senso della sua missione (non riuscendo a essere efficace, ma nemmeno equa). Occorre ridarle una missione chiara (essere più efficace, innanzitutto perché più equa) aggiornando le sua offerta pedagogica e didattica, attraverso 1) un forte orientamento alla personalizzazione dell’insegnamento da realizzarsi attraverso un’estensione del tempo scuola con una vera “scuola del pomeriggio”; 2) maggiore attenzione alla progettazione comune degli insegnanti; 3) un arricchimento della “cassetta degli attrezzi” dei docenti che permetta loro soluzioni didattiche che integrino o sostituiscano la lezione frontale (ad es. il cooperative learning); 4) una valorizzazione pedagogica del modello dell’istituto comprensivo (e del curricolo verticale), diffusosi e oggi generalizzato quasi esclusivamente per ragioni di contenimento dei costi, ma di cui le ricerche della Fondazione indicano una evidente superiorità dal punto di vista degli apprendimenti; 5) una seria riflessione nazionale sul tema dell’essenzializzazione delle materie. Perseguendo queste priorità, sarà possibile rendere la scuola secondaria di primo grado più adatta alle esigenze di allievi preadolescenti, nel pieno di una delicata transizione dal punto di vista cognitivo, psicologico e relazionale. La prima condizione per realizzarlo è approfittare della finestra di opportunità offerta dal prossimo pensionamento di decine di migliaia di insegnanti delle medie per realizzare un serio e profondo rinnovamento del corpo docente, attraverso soluzioni di reclutamento (chiamata diretta o concorso) orientate in modo specifico alla secondaria di primo grado, che permettano di verificarne l’effettiva preparazione sul piano disciplinare come su quello pedagogico-didattico, quest’ultimo in particolare oggi assai carente. |