No al vuoto: armonizzazione ed essenzializzazione di Gabriele Boselli, consigliere CNPI, da Educazione & Scuola 17.11.2011 Quando il pensiero di chi conta è volto ad altro, all’essenziale dobbiamo pensare noi Le tematiche di cui tratto non erano il primo pensiero della Gelmini e forse non saranno la prima preoccupazione di Monti né del futuro Ministro dell’Istruzione, e nemmeno di parte di chi lavora nella scuola. Si va tranquilli verso un altro anno scolastico in cui scuola dell’infanzia, primaria e la scuola secondaria di primo grado e parte di quella di II grado probabilmente non avranno un documento programmatico vero e proprio. Per la verità ne avrebbero almeno due, derivanti dalle indicazioni Bertagna del 2004 e dalla Indicazioni Ceruti del 2007; hanno anche un atto di indirizzo che invita ad armonizzarle sulla base del concetto di essenzializzazione, ma tutto è estremamente indefinito, non solo a livello operativo, ma anche a livello teorico. In sostanza il messaggio percepito dalle scuole è: non ci interessa, fate voi. Anche se non interessano troppo in alto loco, armonizzazione ed essenzializzazione sono due concetti importanti e cercherò di riprenderli in esame. Essenza è un'idea cardinale nella tradizione della pedagogia come scienza filosofica e, più recentemente, nella fenomenologia generale e nella teoria della complessità. Costituisce l'alternativa alla mera e riduttiva semplificazione operata dalle forme assai diffuse di pensiero impensante. L'essenziale -ovvero il contatto generativo tra un ragazzo e la cultura attraverso dei Maestri nasce da un cenno magistrale che consente ad soggetto di essere autore del suo incontro unico con il sapere. Essenziale è sostenere l'approssimarsi dai punti di singolarità all'intuizione dell'essenza, è ciò che invita a ulteriorità.
Armonizzazione ed essenzializzazione costituirebbero i cardini
dell'asse semantico intorno a cui potrebbe ruotare sul piano
pedagogico il ridisegno in corso della costellazione scolastica. La
prima parola investe la difficoltà della tessitura di indicazioni
che hanno certo punti in comune (idea di persona e di cura nonché il
quadro epistemologico) ma anche notevoli differenze e diversità
strutturali che vanno, a mio avviso, composte proiettandosi in
avanti, negli spazi di ulteriorità offerti appunto dalla seconda
parola-chiave, essenzializzazione. La scuola persegue l’essenziale quando possiede e comunica i codici generativi delle trasformazioni del conoscere; diversamente diffonde saperi non essenziali (generativi), ma effettuali (strafatti). Noi che abitiamo le aule ci ricordiamo invece che ogni sapere è tale se è frammento di luce e, pur in dialogo con il mondo presente, guarda oltre ed è memoria di bagliori e passi antichi, di antichi spostamenti da…a. E' sedimentazione di infiniti riverberi del passato come di atti intenzionali, di disposizioni all'oltre-sé, riflessi di futuro. Parimenti, ogni sentiero scientifico o scolastico (curriculum) seriamente progettato è esito di migliaia di attraversamenti anche sulla stessa linea del territorio. La scuola -tutta- è luogo di orientamento attraverso i saperi, ossia attraverso i testamenti intellettuali dell'umanità come é stata sino ad ora rappresentata. Nulla permane qual’era, tutto può essere cambiato, purtroppo anche comprato e venduto. Fuori della scuola, però, per favore. La scuola è il luogo delle forme essenziali, pure, del conoscere, per dirla con Husserl, delle fondazioni: è allora il tentativo di sottrazione degli eventi alla loro irresistibile trascendenza dalle evidenze del momento, al loro continuo riposizionarsi in una rete ipercomplessa di eventi che continuamente muta ma non cancella la loro stessa identità, intesa come vettrice originale e irripetibile della propria linea trasformazionale. Su questo piano epistemologico svolgerò l'idea di essenzializzazione. Dovremmo considerare l'idea di fondazione in modo relazionato all'ambito delle pieghe mobili e delle onde che percorrono il tessuto elettronico del mondo. In questo tessuto globale in continua fibrillazione e privo di respiro lungo, le evidenze originarie non possono essere solo macchie, grumi di senso che possono persistere per qualche tempo prima di essere travolte da onde di forza casualmente determinantesi sul campo/mercato degli eventi, sul luogo di una intersoggettività senza soggetto ma piena di test (per la gioia di grandi e piccini), pretese competenziali, “verifiche” di sistema. Essenziale è fondazione al nostro essere persone viventi e pensanti, con una propria identità che facciamo agire mentre siamo agiti sul campo d'interconnessione degli eventi; fondazione come riconoscimento e credito di persistenza e di apertura al Novum, necessaria per una vita che non sia solo sopravvivenza sul mercato. Essenziale significa: inerente all'essere, ciò senza di cui l'essere non è più tale, ciò che è necessario affinché l'essere viva; significa la terra, casa in cui si sta, la lingua in cui si risiede; ma anche ciò che schiude al trascendimento dallo stato, apre alla pienezza di un senso intenzionale. Il termine si oppone intrinsecamente ad “accidentale”, ciò che non appartiene al soggetto dell'essere, ciò che aliena, che demolisce il proprio abitare fisicamente e culturalmente la terra, ciò che blocca il distendersi intenzionale del soggetto o -pedagogicamente- ne canalizza gli itinerari di autoeducazione. E' essenziale quel sapere che avvicina il soggetto all'argomento fino al rendersi presente di quel che è remoto, lo porta all'apparire, al manifestarsi dell'ignoto entro l'ambito di ciò che è noto. Essenziale è il sapere che apre, lascia che gli enti e gli eventi cognitivi accadano senza irretirli in tassonomie; crea reti di conoscenza.
La scuola può/deve offrire un orizzonte storico per l'intelligenza
dell'essere: offrire dunque saperi essenziali in quanto lasciano
essere e pensare oltre a trasmettere statuti di ciò che la cultura
dà per consolidato. Se il sapere non è essenziale è chiacchiera,
introduzione al culto del Nulla. Una eventuale risposta riduttivistica al calo delle risorse umane e finanziarie a disposizione della scuola non è pedagogicamente proponibile. Si tratta di dare sicurezza per affrontare l'incertezza, proporre una qualche forma di risposta alla precarietà attuale. Ciò che è essenziale (e che non è identificabile con il minimo) va assolutamente salvaguardato. Nelle scuole, noi possiamo/dobbiamo accogliere la complessità, individuarne le linee costitutive e generative, individuarne il fascio reggente, condividere le strutture intenzionali, contribuire alle direzioni di senso che vi si muovono. Non tagli cognitivi, individuazione delle materie “importanti” ma delle matrici e delle direzioni di senso in cui si generano e si rigenerano i processi della pura e indifferenziata capacità di conoscere. Pura in quanto non finalizzata a risultati ostensibili e mossa da desideri e volontà autentici; indifferenziata poiché volta a conoscere non tanto frammenti del campo ma l'Intero. Capacità che si attua per le vie dell' intuizione, dell'interpretazione, della critica, dell'ideazione.
Guardare e insegnare l'essenziale significa sul piano didattico
comunicare il piacere della scrittura, il gusto della scrittura,
l'eros di quei percorsi formali che ci permettono di guardare i
fenomeni fisici e culturali secondo principi e strutture simboliche
e di muoverci con agilità verso gli altri e nel mondo. Così gli
Interi (le persone) possono trovar interesse a muoversi con
intelligenza dell'Intero. Vi è dunque necessità che preliminarmente tutti i piani disciplinari s’innestino su una visione generale, complessiva (rispondente alla complessità dell'universo dei fenomeni), appassionante, che introduca alla indifferenziata (poiché il mondo in cui vivranno i nostri ragazzi sarà ben diverso dal presente) capacità di conoscere e vivere il tutto e ogni cosa. Gli assi sono in genere linee di riferimento (es. assi cartesiani, asse terrestre, asse diplomatico….); in campo pedagogico devono costituire le linee di flusso rassicuranti, flessibili, vibranti con cui una pluralità di discipline indaga con modalità relativamente stabili e coordinate su un campo di esperienza intellettuale o pratica (buono quel che la scuola dell'infanzia ha sempre detto sui campi di esperienza: che non preesistono al soggetto conoscente, che non sono standardizzabili e tassonomizzabili senza violenza e senza produrre alienazione….). L'essenziale negli assi è l'esperibile (il passarci attraverso, l'esserne attraversati); è la scienza conquistata attraverso l'esperienza: esperibilità come condizione della partecipazione degli studenti e come garanzia post-epistemica, controvertibile, epistemologica. Essenziale non è il tracciare quadri sinottici e acronici; è raccontare (svolgere entro l'asse del tempo), inventare, argomentare culturalmente e pedagogicamente la fisionomia anche locale degli assi culturali affinché questi non siano solo giustapposizioni insensate di discipline pensate in separatezza.
Contro la costituzione e presentazione epistemica e frammentuale,
ogni processione didattica verso l’Intero va interrogata nella sua
vicenda epistemologica (è sapere che viene da una storia, è in
movimento e in discussione), offerta alla rielaborazione, dunque
all'appropriazione, di docenti e ragazzi. Il vero conoscere è dell’Intero (Hegel, Gentile). Non si possono scrivere programmi o indicazioni senza avere una visione complessiva del mondo; né le diverse visioni (anche quegli abbozzi che si vedono nelle indicazioni del 2004 e del 2007) possono essere armonizzate a prescindere da una anlisi e da una discussione della loro struttura profonda. Di qui la necessità che tutti i percorsi programmatici si innestino su una visione generale, armonica (ovvero con-sonante con la complessità dell'universo dei fenomeni, appassionante, che introduca non tanto alla acquisizione di conoscenze e competenze quanto alla finalità essenziale: l'educare l'intelligenza, la capacità di atti puri del sentire, del conoscere, dell’essere-al-mondo.
Nella particolare contingenza dei processi di ristrutturazione della
costellazione scolastica, la scuola saprà ricostruire una vera
cattedra, intesa questa come metafora di un affidabile riferimento.
Una cattedra che provenga da una più intensamente sentita finalità
etica, costituisca punto di avvio al conoscere, prima ancora che a
competenze pre-professionali; queste potrebbero essere rese inutili
dalla imprevedibiltà del mondo a venire. Quelli appena svolti possono apparire ragionamenti astratti; lo sono nel senso che sono tratti-da. Non dalle circolari ministeriali ma da un severo confronto con la cultura e la vita della scuola. Occorre evitare che la gente di scuola, contagiata dal vuoto di idee dei supremi uffici, smarrisca le ragioni fondazionali, la ragion d’essere essenziale del suo magistero, si riduca a considerare quella che occupa non una cattedra da cui insegnare e un banco ove imparare, ma una sorta di scrivania piena di schede di monitoraggio, verifiche e altre pratiche cui adempiere. La scuola “reale” rappresenta un volto della cultura e, prima ancora che obiettivi, ha degli scenari e un orizzonte di finalità a lungo termine. A prescindere: il vuoto altrui non giustifica il proprio. |