“Caro professore, dimentichi Gelmini”

di Mila Spicola l'Unità, 11.11.2011

Caro professor Monti, dicono di Lei che da lunedì potrebbe essere a capo di un nuovo governo per “salvare” l’Italia. Se così sarà non possiamo che esserne contenti. Vorrei però porle un quesito, un dubbio da professoressa di periferia: riscriverebbe oggi il suo editoriale del 2 gennaio 2011? Quello dal titolo: «L’esempio di Gelmini e Marchionne: meno illusioni per dare speranze»?

In effetti è l’esempio quello che distingue un vero statista da un mediocre politico, lo diceva Luigi Einaudi al nipotino, ma spero che il suo esempio non sia l’attuale ministro in carica a viale Trastevere. Da bocconiano non può che ritenere fondamentale la salvaguardia e la promozione del merito. Ma, e non vuole essere un gioco di parole: entri nel merito se vuol parlar di merito. Specie quando tratta della scuola.

Ritengo il suo giudizio del 2 gennaio un po’ affrettato, me lo lasci passare, nell’affermare che «grazie alla sua determinazione, (della Gelmini) verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti e nel fare ricerca». Tutto possiamo fare e mi metto nei panni di un ragazzo che cresce in una scuola di periferia di una città non qualunque come Palermo tranne affermare che le ricadute di quei provvedimenti siano andati a vantaggio di quel ragazzo. Se avesse voglia e tempo le spiegherei come e perché. Ma lo potrebbe fare anche un mio collega di Belluno o di Cologno Monzese. Quello che è stato punito e penalizzato da quella “determinazione” è proprio quel ragazzino: sia in quanto ultimo della classe, perché non ho modi, tempo, strutture e risorse per recuperarlo, sia in quanto primo della classe, perché, per gli stessi identici motivi non riesco a potenziarlo. L’handicap italiano nel formare studenti deriva dal divario enorme che esiste tra i diversi contesti socio-economici e familiari di provenienza. Per cui gli ultimi a scuola, e le posso assicurare lo verifico ogni ora, ogni giorno, ogni mese e ogni anno di lavoro, sono sempre i bambini che hanno famiglie più povere, o disagiate, o con problemi. E sono loro ad essere stati colpiti dai tagli indiscriminati di questo governo. Non certo il docente non meritorio: ovunque sia. Il mio collega immeritorio sta ancora là: dietro la cattedra e con gli stessi deficit. Il ragazzino bisognoso sta ancora là: dietro un banco quando ce l’ha, con meno ore, meno attenzione, meno qualità. E lo perdo. È il primo che perdo: quello che dovrei invece curare e recuperare. È per garantire quel ragazzo che le scrivo.