INFANZIA

Sempre più 'abusivi' negli asili
i sotto-età fanno quadrare i conti

Dal 2002 possono accedere alla scuola dell'infanzia anche i bambini con meno di tre anni. Una tendenza che si è diffusa a macchia d'olio, salva i conti delle paritarie e funziona come valvola di sfogo per le enormi liste d'attesa dei nido. A scapito però della qualità formativa. Senza che il ministero faccia nulla

Salvo Intravaia la Repubblica, 13.11.2011

PICCOLI ABUSIVI crescono. Come in edilizia o nei mercati rionali, anche la scuola ha la sua fetta di abusivi: i bambini delle scuole dell’infanzia troppo piccoli per essere inseriti in classe. Il ministero dell’Istruzione ne ha censiti quasi 9 mila nel 2010/2011, con una percentuale doppia nelle scuole paritarie rispetto alle statali. E nonostante viale Trastevere sia a conoscenza delle singole scuole in cui il fenomeno è presente, non fa nulla per circoscriverlo.

Anzi, il ministero tollera questa situazione di “irregolarità” che potrebbe mettere nei guai i capi d’istituto, ma che ha anche i suoi risvolti positivi: contribuisce ad allentare la pressione sociale delle famiglie alla disperata ricerca di un posto negli asili nido; “salva” gli organici delle materne statali e assicura qualche entrata in più alle paritarie. Il tutto a scapito delle maestre della scuola dell’infanzia, che oltre a classi sempre più affollate sono costrette a fare le baby-sitter ai più piccoli. E con la qualità dell’offerta formativa che precipita.

L’anno scorso, il ministero ha conteggiato 8.824 superpiccoli: bambini di scuola dell’infanzia nati dopo il 30 aprile. Per comprendere la questione occorre fare un passo indietro. Nel 2002, l’allora ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, lancia l’anticipo scolastico: consente l’ingresso alla scuola materna ai piccoli di due anni e mezzo.

La circolare sulle iscrizioni prevede infatti che i tre anni canonici per essere ammessi a scuola occorre compierli entro il 30 aprile dell’anno successivo e non più entro il 31 dicembre, aprendo di fatto le porte della scuola ai piccoli di due anni e mezzo.

La norma, per la verità, consente una scappatoia, perché le scuole “situate nei comuni montani, in piccole isole e in piccoli comuni, appartenenti a comunità privi di strutture educative per la prima infanzia, possono accogliere piccoli gruppi di bambini di età compresa tra i due e i tre anni”. Il fatto è che, scorrendo i dati, piccoli sotto età sono presenti in scuole di città come Roma, Napoli, Bari e Milano. Insomma, non proprio scuole di comuni di montagna o in piccole isole. Nelle paritarie, secondo i dati ministeriali, i piccoli con meno di due anni e mezzo erano 4.057: quasi uno ogni cento frequentanti. Nelle statali 4.767: uno ogni 200.

Ma gli ultra-piccoli nelle sezioni di scuola dell’infanzia consentono di fare quadrare i conti sugli organici. Per formare una classe di scuola dell’infanzia statale occorrono almeno 18 bambini e se per raggiungere questo obiettivo occorre inserire un piccolo sotto età si chiude un occhio. In ballo c’è il posto della maestra che rischia di andare in soprannumero se si chiude la sezione. Ma non solo. I posti disponibili negli asili nido comunali sono ampiamente al di sotto del fabbisogno della famiglie. Una recente pubblicazione di Cittadinanzattiva testimonia di liste d’attesa sempre più lunghe e di una copertura pari al 6 per cento del fabbisogno.

Una pratica, quella dei piccoli sotto età in classe, molto più diffusa al Sud, dove la carenza di posti negli asili nido è cronica. Per questa ragione la scuola statale funge da valvola di scarico inserendo piccoli che due anni e mezzo li devono ancora compiere. Ma la norma è tassativa: tre anni da compiere entro il 30 aprile dell’anno successivo.

Per le scuole paritarie il problema degli organici non c’è, ma inserendo piccoli sotto età si riesce a raggranellare qualche retta in più. La contropartita è piuttosto cara: il rischio è quello di perdere la parità, il titolo più importante per continuare a rimanere aperti.