Troppi minori in carcere
anziché in centri di accoglienza

da Tuttoscuola,  30.3.2011

L’associazione Antigone ha presentato giovedì scorso, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, Ragazzi Dentro, il primo rapporto sugli Istituti di pena per minori, realizzato grazie alle visite effettuate dai propri osservatori nelle carceri minorili italiane. Antigone ha avuto incarico nel 2008 di monitorare anche la condizione dei minori in stato di detenzione. I dati pubblicati mostrano un sostanziale successo della normativa vigente, a cominciare dal nuovo codice di procedura penale minorile, D.P.R. n. 448 dell’88, che ha introdotto una maggiore attenzione ai minori durante il processo penale, separando, ad esempio, il giudizio riservato al minore quando nel reato sia implicato anche un adulto.

Nel tempo si sono accentuati, però, alcuni aspetti che richiedono di essere regolamentati da quell’ordinamento penitenziario per i minori, previsto fin dagli anni ’70 all’interno della riforma carceraria, ma mai concretizzato.

A sostegno dei minori che delinquono attualmente è prevista una complessa articolazione territoriale che comprende anche uffici di servizio sociale per i minorenni, centri di prima accoglienza e comunità ministeriali.

Sembra quindi contraddittorio l’alto numero dei minori detenuti nei 17 istituti carcerari italiani funzionanti. In particolare, è alto il numero dei minori stranieri, nonostante risulti che la bassa gravità dei reati da loro commessi ne permetta una rapida scarcerazione. In un arco temporale che va dal 1998 al 2008, gli ingressi nei CPA, centri di prima accoglienza, sono diminuiti di quasi il 50%, con un più netto calo dei minori stranieri.

Un problema scottante riguarda ciò che accade dopo la scarcerazione, quando i minori stranieri dovrebbero essere affidati alla famiglia di provenienza che spesso in Italia non hanno.

Negli ultimi anni poi si è ventilata l’ipotesi di un abbassamento dell’età minima per l’imputabilità, dai 14 anni attuali ai 12, con le conseguenze che in bambini di quell’età può creare l'esperienza del carcere, la privazione degli affetti, della scuola o trovarsi davanti ad un giudice.

Le strutture di accoglienza e le comunità protette a volte non riescono ad impedirne la fuga, e i giudici, alla reiterazione del reato, sono più portati al mantenimento del minore straniero in carcere.

Il sistema giudiziario tuttavia punta da tempo ad un sempre minor ricorso alle pene detentive e sempre più a misure alternative delle quali la più interessante è quella prevista dall’articolo 28 del citato dpr 448 e definita “messa in prova”. Si tratta di un provvedimento alternativo al carcere, ma anche allo stesso processo, che viene sospeso durante la sua durata. Se la messa alla prova avrà buon esito, alla sua conclusione il reato verrà dichiarato dal giudice estinto.

Si tratta di un istituto in forte espansione, tanto che si è passati dai 788 provvedimenti di messa alla prova del 1992 ai 2.631 del 2009.