Tra inculcatori e inculcati spunta
la libertà di educazione per inculcare la Tv

Pasquale Almirante, AetnaNet 7.3.2011

Benchè forse sia stata una manovra diversiva per allontanare l'attenzione della gente da tutti gli altri problemi che lo stanno interessando, le parole di Berlusconi contro i docenti inculcatori di principi difformi da quelle delle loro famiglie fanno un po' parte del luogo comune italiano e in modo particolare di chi ha della scuola una idea autoritaria, perché se così fosse nessuno dovrebbe più dormire tranquillo in democrazia dal momento che basterebbe una squadra di “inculcatori” appunto in qualche migliaia di scuole e il gioco è fatto. Ancora peggio se la scuola fosse un potere forte in mano alla sinistra, come sostenne sempre Berlusconi, perchè significherebbe già una nazione tutta di comunisti o comunque con una sua schiacciante maggioranza, visto che il premier sparò quest'altra cannonata nel 2001 e siccome ne avrebbe dovuto avere percezione ancora qualche anno prima, oggi al Governo, stando alle sue parole, ci dovrebbero essere solo bolscevichi.

Ma come si può vedere non è così, per cui le indignazioni unanimi che hanno suscitato le sue parole, anche nella contrapposizione fra scuola pubblica e privata, sono come al solito, a parte le successive smentite comprese le esiguità salariali dei professori, argomento di conversazione, nonostante sia opportuno segnalare un sintomo di insofferenza contro la scuola e i docenti salariati comunque dallo Stato. E se si osserva bene il vero nocciolo della questione, oltre al dirottamento da altri intoppi, è dare addosso alla istruzione pubblica per giustificare non solo i licenziamenti, gli accanimenti contro i precari, i mancati aumenti contrattuali e gli scatti di anzianità, ma anche tutti gli altri dispositivi messi in atto per fiaccare la resistenza degli operatori, a cominciare dalla valutazione del merito, all'eccessivo peso dato al dirigente, svuotando di contenuto decisionale il collegio, e finendo con la divisione sindacale. La scuola pubblica in effetti non fa altro che rispecchiare la società con tutte le sue contraddizioni e le sue asperità, sia nella composizione sociale e sia nel sentire comune, essendo appunto aperta indiscriminatamente a ognuno, sia nel reclutamento dei docenti e sia della utenza. E se non fosse così sarebbe altro, sarebbe proprio scuola privata che per la sua stessa natura ideologica deve avere un proprio, peculiare progetto educativo, un suo intimo obiettivo formativo da raggiungere, come potrebbe fare una comunità islamica che, scelti i docenti secondo la propria fede e ottemperato ai vaghi programmi ministeriali, “inculca” ai giovani il suo credo e la sua visione del mondo. La libertà educativa, prevista dalla Costituzione, è anche questa, ma senza oneri per lo Stato, perché è nel suo ordinamento statutario la formazione dei giovani, così come volle il Fascismo che tolse alla chiesa questa specie di monopolio e che ora una certa destra vorrebbe riconsegnare pur di avere qualche voto in più, dimenticando la sua natura statalista e unitaria, compresa la gratuità. Parlare dunque di libertà educativa a spese delle collettività significa pagare docenti, strutture e organizzazione funzionali a una specifica ideologia e a uno specifico progetto educativo, qualunque esso sia, tant'è che i professori vengono reclutati da queste scuole non su graduatorie oggettive e rigide avallate dallo Stato, ma sulla loro formazione ideologica o il gradimento del direttore. Che senso avrebbe infatti per una scuola islamica reclutare un docente leghista? O per una scuola leghista un docente islamico? Non si svilirebbe quella libertà educativa di cui parla, senza forse afferrare bene il suo ruolo, anche la ministra della istruzione? Ma di più: implementando e allargando la nascita di tante scuole funzionali a questa presunzione di libertà, non c'è pure il reale rischio che possano sorgere tante piccole agenzie formative, non solo in lotta fra di loro, ma anche in conflitto ideologico come le bande violente delle periferie delle metropoli? L'obiettivo di questa strana destra italiana sembra allora quello di sganciare la scuola pubblica dai suoi interessi finanziari, intanto per risparmiare su questa voce che interessa poco a chi si appoggia ad altre agenzie educative come le Tv (come spiegare sennò che il 33% degli studenti è disposto a prostituirsi per il lavoro e il successo) e quindi lasciare che la massa faccia le sue scelte, qualunque scelta, anche perchè le élite sanno bene dove prepararsi per continuare a dirigere la società.

Pasquale Almirante
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