“Amicus Plato, sed magis amica veritas” La crescita degli alunni stranieri a scuola Roberto Tripodi, La Letterina n. 273 - giovedì 17 marzo 2011 Ancora di segno positivo, il tasso d’incremento della presenza di alunni con cittadinanza non italiana si attesta sul +7% nell’anno scolastico 2009-2010. In termini assoluti, si tratta di un incremento di 44.232 alunni in un anno, pari ad un peso percentuale del 7,5% sul totale della popolazione scolastica. In particolare, la presenza di alunni con cittadinanza non italiana supera la quota dell’8% nella scuola dell’infanzia (8,1%), primaria (8,7%) e secondaria di I grado (8,5%), e si mantiene intorno al 5% nella secondaria di II grado (5,3%). Nell’anno scolastico 2002/2003 gli alunni stranieri in Italia erano 239.808, nell’a.s. 2009/2010 sono passati a 673.592, un balzo in sette anni dal 2,7% al 7,5% della popolazione scolastica. Di fronte a un fenomeno di tale vastità, e totalmente inedito nella storia italiana, ci chiediamo come mai il Parlamento non abbia approvato, magari senza schieramenti preconcetti, una legge d’indirizzo che stabilisse modalità e principi dell’integrazione! Il risultato di questa assenza di regolamentazione è che nelle classi si inseriscono ragazzi senza certificato di equipollenza e quindi senza preparazione adeguata al corso di studi frequentato. Altro problema è quello della difficoltà degli immigrati a padroneggiare la lingua italiana, ma non esistono risorse o strutture per eliminare questa lacuna. Non giudicherei secondario il problema di una parte degli studenti stranieri a non osservare le norme in vigore nelle scuole: dal menu della mensa, al giorno festivo, alle attività extra curriculari. Si sono appena verificati il caso di uno studente islamico che non si è presentato a ritirare la borsa di studio perché la consegna era stata programmata dopo la celebrazione del Natale, e il caso di una mamma Tamil che non voleva che la figlia frequentasse una classe mista. Inoltre non siamo assolutamente in grado di combattere la dispersione scolastica degli studenti immigrati in quanto i nostri assistenti sociali e i nostri carabinieri non sanno come muoversi nell’arcipelago dell’immigrazione, a differenza di altri paesi europei che nei servizi sociali e nelle forze di polizia assumono anche immigrati extracomunitari. Notevoli problemi pongono i Rom che non mostrano grande attenzione per le regole imposte ai nostri studenti nel campo dell’igiene, delle giustificazioni, dell’acquisto dei libri di testo, della continuità di partecipazione. La stessa accettazione dei clandestini, ha scardinato quelle regole di certificazione che sono imposte alla generalità degli studenti (pagella di provenienza, certificati anagrafici, certificato ISEE etc.). L’idea infantile che si debbano iscrivere tutti i ragazzi nelle classi richieste, derogando alle più elementari norme di certificazione, porta alla formazione di classi disomogenee per preparazione, nelle quali i docenti non riescono a insegnare con metodo e con programmazione proficua. Non resta che sperare che alla demagogia di parte, ma di nessun impatto, si sostituisca una legge seria che regoli nelle scuole il flusso immigratorio, anche nell’interesse degli stessi immigrati per i quali la scuola potrebbe essere realmente il mezzo per integrarsi e per emanciparsi.
Roberto Tripodi,
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