“Amicus Plato, sed magis amica veritas”

Gli stranieri: un coro a più voci
affidato alla scuola

Giuseppe Luca, La Letterina n. 273 - giovedì 17 marzo 2011

In questa settimana, i mezzi di comunicazioni di massa hanno parlato di un ragazzo di 14 anni di origine filippina che frequentava la terza media di una scuola nel cuore di Roma. Gonzales (lo chiamiamo così) parla bene la nostra lingua ma non ha nessuna voglia di studiare. A scuola è descritto come un ragazzo elegante, intelligente, atletico e socievole ma, qualcuno, sotto voce, dice che sarebbe il capo di una delle cellule che compongono la banda del quartiere composta di un gruppo di ragazzi dei paesi dell’Est particolarmente specializzati in piccole rapine e in spaccio di stupefacenti. Qualcuno aggiunge, sempre sottovoce, che Gonzales, in seno al gruppo, vuole un ruolo di responsabilità, più soldi e il rispetto dei compagni e che, a volte, ritorna a scuola con qualche ferita ma, né i compagni né i docenti, sembrano volere approfondire le cause. Alla fine dell’anno scorso, Gonzales, nonostante “non abbia aperto bocca” in sede di esami, è stato promosso e, nei corridoi della scuola, si sussurrava che la promozione sia stata l’unica strada per allontanarlo e per evitare che altri compagni fossero contagiati dal suo comportamento discutibile. Non sappiamo se Gonzales sia ritornato al suo Paese, ma siamo certi che non volendo e non potendo restare solo, forse, continua la sua scalata nel gruppo. Se sei solo e straniero, sarai, infatti, picchiato, deriso e derubato, se t’inserisci in un gruppo, sarai protetto dalle violenze e da ogni forma di segregazione ed esclusione.

Mi rifiuto di credere che si possa promuovere un alunno solamente per allontanarlo dalla scuola ed evitare un possibile contagio negativo, ma anche il solo pensiero che ciò possa accadere, è veramente triste. Si tratterebbe, infatti, di un campanello d’allarme, un segnale di fallimento che richiederebbe di fare subito uno sforzo di approfondimento culturale - teorico su un fenomeno che è spesso all’attenzione dei mass-media e che ci deve coinvolgere nel vissuto quotidiano fuori e dentro la scuola.

Accogliere e integrare gli alunni immigrati non dovrebbe essere un compito speciale perché ogni scuola ha il compito ordinario di accettare e rispettare tutte le differenze etniche, di età e di condizione sociale.

In questo senso, la scuola come primo luogo per l’integrazione, la coesione sociale e la formazione dei cittadini futuri, ha una responsabilità rilevante, senza con ciò pensare che possa essere indicata come l’unica responsabile dell’accettazione e dell’integrazione.

La presenza di alunni stranieri è un dato ormai strutturale del nostro sistema scolastico, s’inserisce come fenomeno dinamico in una situazione in forte trasformazione a livello sociale e culturale e può essere davvero un’opportunità e un’occasione di cambiamento per tutta la scuola se ben attrezzata.

Già nell’Ottobre del 2007, l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale, attivo presso il MPI, aveva messo a punto un documento dal titolo significativo: “la via italiana alla scuola interculturale” sottolineando come la diversità sia un paradigma dell’identità stessa della scuola, un’ occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze.

 archivio.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/pubblicazione_intercultura.pdf

Le indicazioni e le linee d’azione contenute in questo documento costituiscono un quadro di orientamento entro il quale collocare e valorizzare il multiforme e ricco patrimonio di esperienze, di strumenti, di buone pratiche presenti nel campo delle scuole dell’autonomia.

In sintesi, sono affrontati temi quali la dirigenza, l’autonomia, le reti tra istituzioni scolastiche, la società civile e territorio, la formazione dei docenti e del personale non docente.

Ma quali strumenti/risorse hanno gli Istituti scolastici per gestire questo “coro a più voci” che scandisce la giornata lavorativa delle comunità scolastiche?

La risposta, almeno quella teorica, è nelle conclusioni del documento relativo all’indagine sulle problematiche connesse all’accoglienza degli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano, approvato, il 12 gennaio 2011 dalla 7a Commissione della Camera: “L’onere richiesto alla scuola - senza dubbio rilevante e aggiuntivo - in un momento in cui la ristrettezza delle risorse e le riforme in corso di attuazione comportano complessi e molteplici problemi che aggravano il lavoro quotidiano di docenti e dirigenti - potrebbe tentare di far ritenere il contesto come uno dei tanti elementi della scuola italiana e non il più urgente da affrontare.

Il contesto culturale della scuola italiana non è, d’altra parte, una variabile indipendente e ignorare tal evidenza avrebbe conseguenze negative sul complessivo funzionamento della scuola, sul livello qualitativo dell’insegnamento e inciderebbe inoltre sullo sviluppo economico, sociale e culturale dell’intero Paese. Per affrontare, infatti, il tempo della globalizzazione occorre passare dalla «cultura liquida» di oggi, che caratterizza in particolare l’Europa, a una cultura che abbia al contempo radici profonde nella propria terra d’origine e sia attrezzata per comprendere, discernere e valorizzare il positivo delle culture degli altri che ci vivono accanto o con i quali si hanno, per svariati motivi, relazioni. Occorre, in altre parole, prendere atto che non esiste più un mondo monoculturale, neppure nelle più piccole realtà locali. Si deve avere il coraggio dunque di salpare verso questo nuovo mondo”.

Sarà così più facile riappropriarsi in modo nuovo e concreto delle proprie radici.

 Giuseppe Luca, pippo.luca@alice.it,

Direttore Responsabile della “Letterina