Scuole, la rivolta dei docenti:
“No ai test contro il diritto allo studio”

Crescono di giorno in giorno le delibere che bocciano un sistema di valutazione considerato la summa di tutto ciò che ostacola l’approccio critico e riflessivo sul quale si basa l’insegnamento nella scuola pubblica statale. Il no degli Istituti superiori.

di Anna Maria Bruni MicroMega, 21.3.2011

Damiani Almeyda di Palermo, E.P. Fonseca di Napoli, Mamiani, Malpighi, De Chirico, Cavazza, di Roma, Almeida di Ostia, Leonardo da Vinci di Firenze, Grassi di Torino. Sono solo alcuni fra licei e Istituti tecnici e professionali che hanno preso posizione contro le prove invalsi. Ma il numero sale di giorno in giorno, e non tocca solo le scuole superiori, bensì anche elementari e medie, nonostante questo sistema di valutazione qui sia già stata adottato dal 2008. In particolare l’Istituto comprensivo Belardi di Senigallia, il Consiglio di Circolo Piero Maffi e il collegio dei docenti della scuola media statale Gianicolo di Roma si sono opposti alle prove dopo averle sperimentate, sottolineando lo snaturamento della capacità di ragionamento e il conseguente disagio degli alunni.

Il sistema di valutazione invalsi, nato come monitoraggio della programmazione e della didattica nelle scuole per consentire un sano processo di miglioramento è diventato un sistema di valutazione degli studenti, e quindi a caduta dei docenti e delle stesse scuole, intollerabile – dicono gli insegnanti – dopo i tagli draconiani che hanno eliminato personale docente e non docente, privato delle supplenze nonché di materiali e strumenti che coadiuvano la didattica, ammassato ragazzi nelle classi inficiandone il sereno funzionamento. E va rilevato che questa ferma opposizione arriva solo dalle scuole pubbliche statali.

Cinque i punti sostanziali che ricorrono nelle delibere. Punto primo, nonostante “l’obbligatorietà della valutazione notificata dal Miur in data 30 dicembre 2010, Prot. N. 3813”, Circolari e Note, come la fattispecie citata, non sono fonti di diritto e come tali non sono vincolanti. “Un’ampia casistica giurisprudenziale”, sottolinea il Liceo Enriques di Ostia, interviene a sostegno del punto, ed in particolare “due recenti sentenze – si legge nella delibera – della Corte di cassazione: la sentenza n. 35 del 5 gennaio 2010 e quella della Cassazione Sezione Unite n. 23031 del 2 novembre 2007”.

Punto secondo, la prova invalsi si configura come “attività aggiuntiva” non prevista dal CCNL, né come funzione, né quindi come remunerazione, e non è prevista neanche, precisano dall’Itc Paradisi e dal Liceo Allegretti di Vignola, nei “compensi del Fondo di istituto per eventuali attività aggiuntive attinenti l’INVALSI”, "non essendo prevista né nel POF (Piano per l’Offerta Formativa), né dal piano delle attività per l’anno corrente”. Il punto non è di scarso rilievo, se si considera che le famiglie nelle scuole medie pagano di tasca loro – 7 euro a volume – ogni testo relativo a ciascuna prova invalsi, e il lavoro dei docenti viene svolto a titolo gratuito. Punto terzo, i Dirigenti non possono imporre le prove, ma devono limitarsi ad esercitare i propri diritti nell’ambito degli organi collegiali, dal momento che, dice la delibera del De Chirico di Roma “l’art. 7 c. 2 del Testo unico sulla scuola conferisce “competenza generale” al Collegio docenti in campo didattico”.

Il quarto e il quinto punto riguardano invece la programmazione, perché denunciano il condizionamento dei docenti, portati “a modificare la didattica per poter affrontare i test invalsi”, sottolineano l’Isis Leonardo da Vinci di Firenze, snaturando così l’educazione al ragionamento e provocando un disagio “di fronte a un metodo buono per il conseguimento della patente di guida, non per saperi complessi”, è ancora il Mamiani. Inoltre, aggiunge la Sms Gianicolo, si determina un’incidenza “superiore della prova nella media della valutazione rispetto a materie studiate nell’arco di tre anni”, che finiscono per diventare marginali. Sono proprio i docenti di questa media a sottolineare quello che dovrebbe essere il vero scopo dell’invalsi. “Se la rilevazione serve ad individuare punti di forza e di debolezza dell’insegnamento – si legge nella loro delibera – essa non deve intervenire nella valutazione finale”. In sostanza, tornare al vero scopo dell’invalsi, cioè esser un feedback sulla didattica, per poterla migliorare.

Flc-Cgil e Cobas sono accanto ai docenti in questa presa di posizione. “Si tratta – si legge in una nota della Cgil – dell’ennesima aggressione fatta a danno del contratto nazionale di lavoro”. Blocco dei contratti e degli aumenti, accanto ai quali la valutazione estesa ai docenti – sottolineano i Cobas – mira al “salario premiale” individuale legato al merito, proprio come stabilisce la legge 150/2009, cosiddetta riforma Brunetta, specificato nell’articolo 3 del decreto applicativo del febbraio scorso, realizzando così, dice la lettera-appello dei docenti del Mamiani, “la discriminazione fra docenti”. Quelli rimasti, s’intende, perché – precisano dal coordinamento precari della scuola – “con uno stipendio già così tagliato, sperare nel salario premiale oltreché implementarlo con le attività aggiuntive è il modo con il quale si è tolto lavoro agli insegnanti precari”.

Sono loro, gli "ultimi”, a chiudere il cerchio ritornando al punto essenziale: i tagli alla scuola pubblica statale. Questa la sostanza a causa della quale le stesse prove invalsi si impongono, secondo l’accusa di quello che si profila come un fronte molto largo, come una nuova selezione di classe fra scuole ricche e “virtuose”, sostenute dai privati, e scuole degradate, portate a dimostrazione che “il pubblico non funziona”.