Mappa delle 19.700 cattedre
scolastiche in meno nel 2011-2012 

 ScuolaOggi, 7.3.2011

Meno 2.534 posti in Sicilia, meno 2.415 in Lombardia, meno 2.234 in Campania, meno 1.989 posti nel Lazio: complessivamente il prossimo 1° settembre le scuole riapriranno con 19.700 posti di insegnante in meno. Lo prevede la bozza di decreto sugli organici 2011-2012 che il ministero dell'Istruzione pubblicherà la prossima settimana.

Alla primaria i tagli maggiori 

A subire la sforbiciata più forte sarà la scuola primaria, che perderà in tutto 9.252 posti. Buone notizie arrivano invece dal fronte pensionamenti.

Il prossimo anno lasceranno la scuola 27.400 docenti. Un numero superiore ai tagli programmati e che potrebbero consentire quindi più immissioni in ruolo dei precari. Viale Trastevere, secondo fonti sindacali, è intenzionata a chiedere l'autorizzazione al Tesoro ad assumere 30mila persone.

Novità anche sul fronte Ata: il prossimo anno andranno in pensione 7.300 unità. Ma sono previsti circa 14mila tagli. 

Alle superiori: 8.984 posti in meno

Tornando alla ripartizione regione per regione dei tagli al corpo docente programmati per il prossimo anno, spicca come alla scuola dell'infanzia (meno 141 tagli totali), la riduzione maggiore l'avrà la Campania, con meno 151 posti. La Puglia, ne perderà 87, la Sicilia, 81. In controtendenza la Lombardia, che invece guadegnerà 116 posti, e il Piemonte, con più 58 posti.

Passando alla primaria, la contrazione maggiore sarà in Lombardia, meno 1.424 posti, seguita da Sicilia, meno 969, Campania, meno 964, Lazio, meno 930. A differenza dell'infanzia, alla primaria non guadagnerà posti nessuna regione.

Alle scuole medie la sforbiciata complessiva sarà di 1.323 posti.

Anche qui segno meno davanti tutte le regioni. Il primato spetta alla Sicilia, con meno 267 posti, seguita dalla Lombardia, con meno 235, dal Veneto, con meno 143 e dalla Calabria, con meno 131.

Note dolenti infine pure alle superiori: meno 8.984 posti in totale. Il taglio maggiore sarà in Sicilia, meno 1.217 posti. A seguire: Campania, meno 1.081, Lazio, 1.217, Puglia, 907.

 

 

 

 

La ministra Gelmini, dopo il pieno appoggio dato al premier contro gli insegnanti della scuola pubblica, inculcatori e seminatori di valori contrari alla famiglia, torna alla carica con le sue colleghe, al chiuso d’un auditorium romano, perché “ qualcosa il Pdl doveva pur fare per l’8 marzo“.

E cosi, assieme ad altre parlamentari e ministre del Pdl , prende a pretesto l’8 marzo per scagliarsi contro le donne del 13 febbraio e la manifestazione che portò in piazza oltre un milione di manifestanti.

“Strumentalizzate, per attaccare Berlusconi” quelle del 13 febbraio, “donne indignate ma l’indignazione non è l’undicesimo comandamento”, sottolinea la Gelmini.

“La dignità non è di destra né di sinistra”, chiosa ancora la ministra ma non la sfiora nemmeno il dubbio di difendere la dignità della scuola pubblica, messa in ginocchio, mortificata e vilipesa, in questi tre anni, proprio dal suo ministero e dal suo premier.

Mentre è più facile per la ministra parlare solo di dignità che non ha colore politico.

Ma quando alle donne togli il lavoro, compreso quello precario, come si fa a parlare di dignità?

Si, perché quando la scure del suo ministero si abbatte sulla scuola pubblica, è soprattutto il lavoro delle donne che viene colpito senza pietà.

Sono loro, le donne, ad essere espulse per prime e a pagare il conto salato del precariato.

Nella scuola pubblica il lavoro dell’insegnante è sempre più donna:

-nella scuola dell’Infanzia al 99,57%

-nella scuola primaria al 95,38%

-nella media al 75,48%

-nelle superiori al 59,18%

Se poi guardiamo le Graduatorie ad esaurimento, lì addirittura le insegnanti-donne-precarie raggiungono l’83%, col 62% proveniente dal sud e isole, il 53% concentrato nell’area umanistica, mentre il 51% ha un’età tra i 35 e i 40 anni.

Ecco, se la ministra volesse onorare l’8 marzo nella scuola e la dignità delle donne , allora provi a convincere il suo collega di governo Tremonti a ritirare l’ultima tranche di tagli (-28mila cattedre) e a varare un serio piano di assunzioni dei precari a copertura di tutti i posti vacanti e disponibili.

Soprattutto le precarie della scuola, sia quelle scese in piazza il 13 febbraio sia quelle che scenderanno l’8 marzo, anche se ancora indignate, almeno per una volta, potrebbero esserle grate.