"La scuola è aperta a tutti" (Art. 34 della Costituzione Italiana)

COLPO SU COLPO, le mie risposte alla Gelmini...

di Silvia Bisagna I docenti scapigliati, 20.3.2011

Queste sono le mie risposte a quanto il ministro Gelmini ha detto durante l’intervista a Fabio Fazio domenica 13 marzo. Ho impiegato molto a scriverle non per mancanza di ispirazione ma per essere serena e pacata e, parola mia, c’è voluto molto tempo per assorbire il colpo. Ma rispondo adesso, colpo su colpo.
 

1. La manifestazione del 12 marzo nasce da un presupposto sbagliato: che il governo, ed in particolare il presidente del consiglio, abbia attaccato la scuola pubblica. Da questo governo non c’è nessun attacco alla scuola pubblica.

La manifestazione del 12 marzo era nata dall’idea che la nostra Costituzione è ancora valida e forte. Alcuni giorni prima di quella data, però, il primo ministro affermò che «gli insegnanti inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie». A prescindere dal fatto che gli insegnanti non “inculcano” (Inculcare: imprimere nella mente o nell'animo di qualcuno con assidui ammaestramenti, dizionario della lingua italiana Garzanti), ma istruiscono ed educano, quali sarebbero queste idee diverse da quelle delle famiglie? Idee di cittadinanza onesta e attiva? Idee di uguaglianza sociale? Idee di parità di diritti e doveri? Bene, se le famiglie non educano i loro figli a queste idee, è solamente un gran bene che lo faccia la scuola al posto loro affinché, crescendo, i ragazzi diventino adulti seri, responsabili e consapevoli.
 

2. Separare la scuola statale dalla paritaria è un errore. Dovremmo concorrere per migliorare la scuola pubblica sia statale che paritaria [...] Casi minoritari in cui gli insegnanti “inculcano”.

La scuola statale e la scuola paritaria devono essere separate. La prima, infatti, è l’unica scuola garantita dalla Costituzione. La scuola pubblica, per definizione, è liberamente accessibile a tutti, è gratuita (o dovrebbe esserlo, visto che le scuole sono costrette a chiedere sempre maggiori aiuti alle famiglie per la gestione ordinaria, dato che il governo ha sottratto anche questi fondi), è laica (o così dovrebbe essere) e quindi è di tutti. La scuola privata è, per Costituzione, una scuola che non si fonda su finanziamenti dello Stato, ma viene gestita grazie alle rette che le famiglie pagano. E spesso si tratta di scuole confessionali, e quelle sì che inculcano! Io direi che è un “capriccio”. Ossia, se ho a disposizione per fare lo stesso tragitto un autobus pubblico o un taxi, il primo posso prenderlo pagando un piccolo contributo, il secondo, se sono abbiente e comodista, lo pago profumatamente. Il problema è che in questo momento lo Stato garantisce più il servizio costoso e privato piuttosto che quello pubblico.
 

3. Lo Stato concorre alla paritaria in modo lieve. Investiamo 43 miliardi in statale e complessivamente diamo 500 milioni alla paritaria che consentono di risparmiare 5 milioni perché dal funzionamento della paritaria si ricava grande risparmio. Il tema è il progetto educativo che abbiamo per il paese. Molti di quelli che sono scesi in piazza mandano i figli alla scuola privata, come “loro” la definiscono, a spiegare che queste persone non hanno fiducia nella scuola pubblica. [...] La sinistra sostiene che il problema della scuola siano i cosiddetti tagli, in realtà sono stati tagli agli sprechi, soprattutto nell’università. La spesa nella scuola è aumentata del 30% con i diversi governi. Il problema è una cattiva gestione. Per esempio nelle pulizie. Abbiamo 200 mila bidelli e spendiamo 600 milioni per appalti nelle pulizie. Più bidelli che carabinieri e le scuole sono sporche. Per gli investimenti nell’edilizia e nella formazione dei professori resta solo 3% perché tutto va in stipendi e la spesa corrente. Gli insegnanti sono pagati pochissimo perché sono troppi. […] Non ho licenziato alcuno perché nella PA non si può licenziare. Abbiamo contenuto l’aumento della pianta organica.

Forse perché non sono un grande economista, ma proprio non riesco a capire come si fa, investendo “solo” 500 milioni a risparmiare 5 miliardi. Saranno forse tutti i soldi risparmiati chiudendo e accorpando istituti? Aumentando il numero di alunni nelle classi così da risparmiare in quantità di insegnanti che si ritrovano ad avere a che fare con classi sovraffollate (con buona pace di ogni minima norma di sicurezza e igiene), riducendo così sostanzialmente la qualità dell’insegnamento? Davvero un gran risparmio, non c’è che dire!
Quanto a quelli che lei definisce “cosiddetti tagli”, vogliamo dare un’occhiata alla finanziaria 2008, dove tutto ebbe inizio, e allo Schema di piano programmatico del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze di cui all’art. 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133? Basta guardare le tabelle finali per accorgersi della situazione: riduzione del personale docente nei tre anni: 87.600, riduzione del personale ATA nei tre anni: 44.500; per un totale di 132.100 unità di personale in meno nelle scuole per aumentarne la qualità!
E non è che l’inizio. La finanziaria ed il conseguente piano programmatico hanno valore triennale, ma le loro ricadute proseguiranno anche negli anni successivi. Le cifre sono solamente ipotizzabili. Ma sicuramente non sono positive. Il tema è questo.
Quale sarebbe il progetto educativo di questo governo? Non si è mai sentito parlare di obiettivi didattici e formativi, a meno che gli slogan del 5 in condotta e del grembiulino non siano obiettivi didattici. Le famose “tre I” di Berlusconi non esistono. Informatica, inglese e impresa sono al palo. Pensiamo alla seconda, l’inglese. Le ore di lingua straniera sono state ridotte in ogni grado di scuola. Alla primaria è sparita la figura dell’insegnante specializzato per inserire anche l’inglese tra le mansioni dell’insegnante prevalente. Ciò significa, riassumendo brevemente, che gli insegnanti non specializzati in lingua straniera hanno fatto un corso di inglese di circa 300 ore e, secondo il Ministero, ciò basta affinché insegnino la lingua ai bambini. Ma d’altronde basta ricordare quanto disse Tremonti qualche tempo fa: “La mente umana è semplice e risponde a stimoli semplici” (Corriere della Sera, 22 agosto 2008). E dire che per anni ed anni psicologi, pedagogisti, neuropsichiatri infantili hanno studiato e divulgato delle bislacche idee sulle intelligenze multiple e sulla elevatissima capacità di apprendimento dei più piccoli in un ambiente ricco di stimoli diversificati.
Per quanto riguarda quel che viene detto su chi va in piazza e poi manda i figli alla scuola privata (che si chiama proprio così, privata, perché viene pagata): forse non tutti hanno la possibilità di avere qualcuno che vada a prendere i bambini alle 13.00, quando la scuola finisce. Perché quello è l’orario. Il tempo pieno e il tempo prolungato, grandi conquiste per le famiglie e, soprattutto per le madri lavoratrici, sono stati drasticamente ridotti, particolarmente al sud, dove il livello di disoccupazione femminile è al 50% e sicuramente il fatto di non avere assicurato un tempo scuola corrispondente magari non al totale, ma ad una buona parte del tempo lavorativo, non aiuta le mamme.
Sulla quantità di collaboratori, ecco un altro meraviglioso slogan di questo governo: più bidelli che carabinieri. I collaboratori scolastici (così si chiamano adesso) sono stati tagliati anche loro in modo incredibile. Nelle scuole essi non svolgono soltanto la funzione di “pulitori” ma, soprattutto, di sorveglianza e piccola manutenzione. La carenza numerica dei collaboratori costringe le scuole a richiedere servizi di pulizia ai privati perché un solo collaboratore non può, materialmente, pulire tutto un piano (bagni inclusi) e contemporaneamente effettuare la vigilanza del piano stesso. Ancora il dono dell'ubiquità non l’ha avuto nessuno. Proprio sulla situazione del personale ATA (che include gli assistenti tecnici, gli assistenti amministrativi e i collaboratori scolastici) si è espresso il TAR del Lazio, dichiarando illegittimi e incostituzionali i tagli alla qualità della scuola per un fine strettamente economico.
Sulla quantità di insegnanti, mi sento realmente una scarpa nuova ma fuori moda. Sono entrata in servizio a scuola perché ho conseguito una abilitazione (a numero programmato) con esame ministeriale e, successivamente, una specializzazione (anche questa a numero programmato). Ho svolto meticolosamente il percorso previsto dall’ordinamento statale. Ho svolto diligentemente e dignitosamente il mio lavoro. Adesso però mi si dice che sono di troppo, che non servo. Ma a chi non servo? Ai miei alunni? Lo chieda a loro, signora ministro, lo chieda ai loro genitori, lo chieda ai dirigenti scolastici, ai colleghi, se a scuola siamo troppi. Si sentirà dire che le scuole sono in carenza di organico, che le classi sono state accorpate e gli alunni aumentati tanto che non si riesce a seguirli bene come si faceva prima, che la mancanza delle compresenze crea problemi sia alla gestione che alla didattica, che l’annullamento del modulo ha portato la scuola primaria a perdere quella qualità europea che le era riconosciuta.
Ma parlare con gli addetti ai lavori e con gli utenti della scuola non è nel suo stile, né in quello del governo cui appartiene. Dice che non ha licenziato nessuno. “Riduzione degli organici” esattamente cosa significa? E come mai insegnanti precari da 5, 10 o 15 anni oggi non hanno più un lavoro? Il suo governo e i governi precedenti hanno giocato troppo con le nostre vite, hanno creato la figura del lavoratore stabilmente precario, in spregio della normativa europea che oggi tutta una serie di tribunali del lavoro italiani stanno riconoscendo, ed oggi voi vi vantate di non avere licenziato nessuno, ma questo io lo chiamo licenziamento.
Licenziamento, questo sì, epocale
Ed anche questo in barba alla normativa europea che riconosce al lavoratore con contratto a tempo determinato che svolga le stesse funzioni del collega a tempo indeterminato, il diritto non soltanto all’immissione in ruolo, ma anche agli scatti di anzianità. Ma se ne parlerà in tribunale.
 

4. 7000 euro di bonus per gli insegnanti meritevoli fanno parte di due sperimentazioni avviate perché vorremmo cambiare il contratto 2013 [...] Vogliamo restituire dignità e prestigio agli insegnanti e riconoscere economicamente lo sforzo. Valutare l’esperienza e la qualità dell’apprendimento e della didattica con due metodi: premiando gli insegnanti individualmente e premiando la scuola.

Ricordo volentieri alla signora ministra che le scuole hanno rifiutato l’adesione alla sperimentazione. Comunque, come disse testualmente lei stessa (18/11/2010), tale sperimentazione prevedeva che “ai docenti particolarmente meritevoli verrà assegnato un premio pari ad una mensilità di stipendio. Agli istituti migliori un premio fino ad un massimo di 70 mila euro”. Altro che 7.000 euro di bonus!
 

5. Non sono stati tagliati 8 miliardi alla scuola.

Questa frase è sfuggita forse ai più, ma riascoltando l’intervista si sente bene. Signora cara, si rilegga bene la legge 133 del 2008.
Suggerirei anche di rileggere o riascoltare le parole pronunciate dal presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, il 14 marzo, “non è intelligente tagliare né la scienza, né l'istruzione né la cultura” (Adnkronos). Qualcosa di altrettanto incisivo è stato detto dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, la scorsa estate: “Non si licenzia chi educa i nostri figli”. Europa, USA, Cina, India nei periodi più neri della crisi hanno aumentato gli investimenti nella scuola, nell’università, nella ricerca e nella cultura proprio perché soltanto così si può sperare di prevenire nuovi disastri e porre rimedio ai danni già subiti.
 

6. Sostegno. Il ministero non è stato condannato. Gli insegnanti di sostegno non sono stati tagliati ma sono 3500 in più in organico di diritto, oltre i precari che sono stati presi. Il problema è la distribuzione e qualche volta di superficialità nel riconoscere disabilità che non esistono.

Sul delicato punto del sostegno bisogna essere più che chiari. Il ministero aveva tagliato il sostegno come tutto il resto. I genitori che, fortunatamente, conoscono i diritti loro e dei loro figli, hanno fatto tutta una serie di ricorsi ed alla fine, nel febbraio 2010, si è espressa la Corte Costituzionale dando ragione a chi lamentava un ingiusto taglio al sostegno. Ancora fino a qualche mese fa i TAR si sono espressi in favore degli alunni in situazione di handicap e le scuole hanno dovuto fare i salti mortali per restituire i diritti precedentemente negati dal ministero.
Penso che non finirà qui, ma costringere famiglie già in situazioni difficili a dover ricorrere al tribunale mi pare proprio disumano. Sulla seconda parte dell’affermazione del ministro, non mi sento neanche di commentare.
Vorrei solo sapere quali famiglie disgraziate si prendono la briga di fare certificare patologie terribili ai loro figlioli solo per avere il sostegno a scuola. Conosco, al contrario, molte situazioni in cui le famiglie, per vergogna, rifiutano di fare certificare disabilità più o meno gravi ai loro ragazzi, che spesso si ritrovano in situazioni di difficoltà senza potere usufruire dell’aiuto di cui avrebbero bisogno.