Col nuovo bavaglio ai docenti,
il governo autocertifica l’epocale
disastro gelminiano che ha portato
la scuola pubblica statale allo sfascio.

Polibio, da AetnaNet 10.5.2011

Partiamo dall’osservazione che la pubblica amministrazione è un pessimo datore di lavoro (più del privato) per la semplice considerazione che non rispetta le leggi, non esegue le sentenze della magistratura e magari si avvale di specifiche, e addirittura palesemente interessate, iniziative parlamentari da parte della maggioranza del momento, e talvolta da convergenze che appaiono derivate da intese, da connubi o da scambi, per “costruire” leggi al fine di ribaltarle. Per “risparmiare” sulla spesa per l’istruzione, sacrifica decine di migliaia di lavoratori, ai quali toglie il posto di lavoro e lo stipendio architettando “trasformazioni epocali” sotto mentite spoglie e pertanto assolutamente distruttive del sistema scolastico. E lasciando, dimostrando così l’incapacità di recuperare i miliardi di euro che vengono sottratti alla scuola da chi abitualmente ruba allo Stato, che gli evasori fiscali rubino gli stipendi dei precari.

Poiché la protesta del personale della scuola – sia quello con contratto a tempo indeterminato, sia quello con contratto a tempo indeterminato e precario (le sentenze di condanna emesse dalla magistratura nei confronti degli uffici scolastici regionali, del ministero dell’Istruzione e del ministro dell’Istruzione riguardano macroscopiche violazioni di leggi che peraltro arrecano enorme danno all’immagine dello Stato da loro rappresentato) – è generale e determinata di fronte allo sfascio epocale arrecato alla scuola pubblica statale da provvedimenti mistificatori per celare l’incapacità di recuperare gli almeno 60 miliardi di euro che ogni anno restano nelle tasche di chi evadendo il fisco ruba allo Stato, all’istruzione e alla formazione, ecco arrivare il codice di condotta e disciplinare, con corrispondenti sanzioni quale conseguenza delle violazioni, per i docenti e per gli impiegati pubblici.

Un codice disciplinare che si aggiunge a quello relativo al personale dell’area V della dirigenza (i dirigenti scolastici) pubblicato il 21 ottobre del 2010 dal ministero di viale Trastevere, col quale, alla faccia della libertà di espressione, è stato imposto, “salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini”, di astenersi “da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione”. Un’immagine, diciamolo con assoluta chiarezza, già parecchio offuscata e danneggiata da provvedimenti epocali che hanno sconvolto il sistema scolastico. I presidi venivano obbligati, come se fossero sceriffi, ad agire disciplinarmente nei confronti dei docenti e del personale Ata, dovevano “astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che possano ledere” (chi sa dire quali sono quelle che possono “ledere” di fronte allo sfascio pressoché diffuso e generale?!) “l’immagine dell’amministrazione pubblica”, era vietato rilasciare interviste e dovevano “rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa”. Così tuttora.

Ora è la volta del personale della scuola, a partire dai docenti, nei cui confronti il secondo comma dell’articolo 12 del codice di condotta, ripetendo quanto aveva riguardato i dirigenti scolastici, così recita: “Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con la stampa”.

Una sorta di Minculpop del famigerato ventennio. Il bavaglio agli insegnanti e ai dipendenti pubblici. Oggi rispecchia la consapevolezza di chi governa e del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che la scuola è stata da loro ridotta, mascherando l’incapacità di destinarle le risorse finanziarie necessarie, in condizioni disastrose dall’epocale sconquasso del quale vanno orgogliosi. E quindi vogliono assolutamente mettere a tacere tutto il personale della scuola, che coralmente e diffusamente ha messo in evidenza e ripetutamente denunciato ad alta voce e con numerose manifestazioni di dissenso e di protesta i guasti che all’istruzione sono stati prodotti dalla politica del taglia a ruota libera, dei licenziamenti di massa, del pateracchio, del pastrocchio e della patacca, tale da sembrare opera di dilettanti se non addirittura di incompetenti.

Ed è la chiara dimostrazione, la politica del bavaglio agli insegnanti e a tutto il personale della scuola (ed anche a quello degli altri settori della pubblica amministrazione), dell’epocale disastro Gelmini, nel ruolo di esecutrice e di difensore d’ufficio di chi l’ha posta al vertice politico del ministero dell’Istruzione, nonché di altrettanto obbediente esecutrice di quanto disposto dal ministro Tremonti, causato alla scuola pubblica statale. Un epocale disastro che con la politica del bavaglio viene nella sostanza autocertificato. Lo sfascio c’è, ma nessuno deve parlarne. Altrimenti sarà punito.

Ritornerò sul “bavaglio” per evidenziare come e perché si tratti di un’assurdità e addirittura di una sonora sciocchezza.

Intento passiamo ad elencare e a rappresentare una serie di anomalie.

Centoquarantamila tra docenti e personale Ata sono rimasti senza lavoro. Eppure, il numero degli studenti è cresciuto. Le classi sono diminuite perché il numero degli alunni in ciascuna di esse è stato aumentato. Le ore dell’attività didattica settimanale sono diminuite. Nella scuola primaria, è scomparso il modulo (tre docenti ogni due classi, con poche ore di compresenza per realizzare attività di recupero) per realizzare quella che può essere considerata la falsa attuazione del “docente unico”, non soltanto perché l’orario settimanale dell’attività didattica di ciascun insegnante è di 22 ore, ma anche e soprattutto perché, se il piano didattico settimanale è di 27, di 28 o di 30 ore, di insegnanti in quella classe se ne alterneranno sicuramente più di uno ed anche più di due. Il tempo pieno subisce notevoli tagli nelle regioni dove la percentuale era elevata e viene ridotto anche là dove le scuole che l’avevano avuto concesso erano assai poche.

Sono moltissimi gli edifici scolastici niente affatto in regola con le norme di legge sulla sicurezza. Il comportamento ministeriale nei confronti degli alunni disabili è stato riconosciuto discriminatorio (taglio e riduzione delle ore individuali di sostegno) da numerose sentenze della magistratura, mentre una sentenza del Giudice delle leggi ha dichiarato incostituzionale il limite della dotazione organica di insegnanti specializzati ed ha affermato il diritto dei disabili gravi all’insegnante di sostegno per tutte le ore settimanali dell’attività didattica. Altre sentenze hanno visto anch’esse soccombenti il Ministero dell’istruzione e il ministro Mariastella Gelmini: hanno riguardato e continuano a riguardare, con risarcimento di somme che potrebbero complessivamente risultare parecchi miliardi di euro, la mancata assunzione di personale docente ed Ata su posti a lungo disponibili.

Il finanziamento alla scuola statale è stato ridotto di 8 miliardi di euro e si accinge a diventare di quasi 14 miliardi di euro. Le scuole non hanno i soldi per pagare le ore aggiuntive ai docenti delle singole scuole per sostituire i colleghi assenti. Le classi delle scuole primarie (le elementari) accolgono, distribuiti in ciascuna di esse, gli alunni della classe il cui insegnante è quel giorno assente, cosicché nelle aule vengono a trovarsi molti più alunni di quelli che, con riferimento alla superficie quadrata e alla cubatura, sono consentiti da precise norme di legge. Il calendario giornaliero delle attività didattiche viene “improvvisamente” ridotto nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, addirittura con uscita anticipata degli alunni. Se non è possibile assegnare un qualsiasi insegnante, ad esempio, tra la seconda e la quarta ora, in sostituzione dell’insegnante di classe assente, gli studenti rimangono da soli dentro l’aula, e magari giocano a carte; ma se si tratta dell’ultima ora ed anche delle ultime due ore, allora, in mancanza di un controllo diretto, escono dall’edificio scolastico prima del tempo.

Molte scuole sono affidate in reggenza a dirigenti scolastici titolari altrove. Il disagio tra il personale della scuola monta giorno dopo giorno. Gli scatti stipendiali producono altri scompensi ed anomalie. I tagli, addirittura pesanti, al finanziamento alla scuola pubblica statale risultano addirittura sconosciuti al ministro Gelmini, che, quando finalmente ne viene a conoscenza, utilizza l’eufemismo (da una parola greca che significa “usare buone parole”, consiste nell’attenuare un concetto sgradevole usando una parola e una locuzione che esprime lo stesso significato in forma meno cruda) “un risparmio sulla spesa”, una sorta di bubbola destinata agli insegnanti, che sciocchi non sono, e soprattutto ai “precari” della scuola (in numerose decine di migliaia rimasti senza lavoro), che a loro volta la subissano di ricorsi, tutti vincenti, ai giudici del lavoro,