La seconda via dell’apprendistato

da Tuttoscuola, 9.5.2011

Il consiglio dei ministri della scorsa settimana ha approvato, tra l’altro, anche il Testo Unico sull’apprendistato, che coordina le norme riguardanti questo particolare canale formativo con riferimento alla riforma del’istruzione secondaria superiore, ai 58 nuovi Istituti Tecnici Superiori (ITS), al via dal prossimo settembre, e ai provvedimenti di riforma del mercato del lavoro. L’obiettivo dichiarato è quello di contrastare la disoccupazione giovanile e combattere la dispersione scolastica attraverso la valorizzazione dell’apprendimento nei luoghi di lavoro.

Con i contratti di apprendistato sarà possibile: 1) assolvere l’obbligo di istruzione già a partire dai 15 anni (norma molto criticata dall’opposizione) e acquisire una qualifica professionale; 2) ottenere un diploma regionale, per poi proseguire negli IFTS; 3) conseguire un diploma di ITS (previa acquisizione di un diploma di maturità); 4) conseguire lauree e dottorati attraverso convenzioni tra università e imprese.

L’apprendistato diventa così, almeno nelle premesse, una vera e propria modalità formativa, perdendo le caratteristiche che ha finora quasi sempre avuto in Italia di nascondere veri e propri contratti di lavoro senza formazione.

Di particolare rilievo, anche se di non facile realizzazione, appaiono gli ITS, che saranno gestiti attraverso fondazioni nelle quali saranno presenti un istituto tecnico o professionale, un’università e le imprese. Un modello gestionale di tipo consortile che opera in una logica di mercato e che appare diverso da quello, più istituzionale e stabile, scelto da altri Paesi.