LE CIFRE

Italia, giovani in via di estinzione
e in ritardo su lavoro e istruzione

Negli ultimi dieci anni persi oltre due milioni di cittadini fra i 15 ed i 34 anni. E sono poco istruiti. In Italia il record di "inattività volontaria": l'11 per cento non studia né lavora, una anomalia nel panorama europeo, la cui media per questo fenomeno è del 3,4 per cento

 la Repubblica 17.5.2011

ROMA - "I giovani sono in via di estinzione. Negli ultimi 10 anni, dal 2000 al 2010 abbiamo perso più di 2 milioni di cittadini di età compresa tra i 15 e i 34 anni". Lo ha detto il direttore del Censis, Giuseppe Roma, entrando all'audizione presso la Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera che sta esaminato il tema dell'accesso al mercato del lavoro. "Sono una merce rara", ha aggiunto Roma, spiegando che i dati italiani sono i peggiori insieme a quelli tedeschi. In contrapposizione - ha aggiunto - nello stesso periodo sono invece aumentati di 1 milione 896 mila unità gli italiani over-65.

Non solo, i giovani italiani, secondo Roma, sono scarsamente istruiti. Tra i middle young (25-34 anni d'età), quando normalmente il ciclo educativo dovrebbe essere compiuto, il 29% ha concluso solo la scuola secondaria inferiore, contro il 16% di Francia e Regno Unito, e il 14 della Germania. E ancora, i laureati registrano i valori più bassi rispetto agli altri grandi Paesi europei: il 20,7% a fronte di una media europea del 33%, del 40,7 del Regno Unito e del 42,9 della Francia.

Inoltre, dati i tempi prolungati dei diversi cicli formativi, l'ingresso nella vita lavorativa per i giovani italiani è ritardato rispetto agli altri Paesi europei. Tra i più giovani (15-24 anni) il 60,4% risulta ancora in formazione, rispetto al 53,5 della media Ue, il 45,1 della Germania e il 39,1 del Regno Unito. Gli occupati sono il 20,5% rispetto al 34,1% della media europea, il 46,2% della Germania e il 47,6% del Regno Unito.

Un'altra particolarità tutta italiana è l'alta percentuale di giovani che non studiano né lavorano. "La vera anomalia italiana è rappresentata dai giovani che non mostrano interesse nè nello studio, nè nel lavoro: in Italia sono l'11,2% rispetto al 3,4% della media europea". Quello che l'istituto definisce il "record di inattività volontaria".

Secondo i dati Censis, per i middle young, tra i 25 ed i 34 anni d'età c'è un'inversione tra chi studia (dal 60% si scende al 7) e chi lavora (dal 21% si sale al 65), e crescono le persone alla ricerca di un lavoro o esclusi da qualsiasi attività (dal 20% al 28%). E' bassa la partecipazione al lavoro nell'età dell'apprendistato e del diploma.

Nei successivi dieci anni, la quota di chi non ha avuto accesso alla vita attiva, alla piena autonomia e responsabilità raggiunge il 35% tra i 25-34enni, e la percentuale sale al 45% tra le donne e al 53% nel Mezzogiorno. "E non bisogna neanche agitare lo spauracchio del lavoro precario - ammonisce una nota del Censis - i giovani occupati a tempo determinato in Italia sono il 40,1% nella classe di età 15-24 anni e l'11,5% tra i 25-39enni, meno che negli altri grandi Paesi europei. In Germania le percentuali salgono rispettivamente al 56% e 13,5, al 54,3 e 25,6 in Spagna, al 53,9 e 13,2 in Francia".

Scarso, infine, l'impatto della laurea. Da noi "non paga" e "i nostri laureati lavorano meno di chi ha un diploma, meno dei laureati degli altri paesi europei, e con il passare del tempo questa situazione è pure peggiorata", ammette Roma.

Di fronte a questo scenario, sono tre le proposte avanzate dal direttore del Censis per favorire la possibilità di impiego dei giovani. "Anticipare i tempi della formazione e metterla in fase con le opportunità di lavoro: la laurea breve dovrà sempre più costituire un obiettivo conclusivo nel ciclo di apprendimento". Inoltre "non solo lavoro dipendente, ma soprattutto iniziativa imprenditoriale, professionale e autonoma: bisogna detassare completamente per un triennio le imprese costituite da almeno un anno da parte di giovani con meno di 29 anni", ha proseguito Roma. "Infine accompagnare il ricambio generazionale in azienda. Si potrebbe introdurre un meccanismo per il quale l'azienda che assume due giovani con alti livelli di professionalità potrà essere aiutata a collocare un lavoratore a tempo indeterminato non più giovane, dopo opportuni corsi di formazione, in altre unità produttive, rimanendo il costo della formazione in capo ai soggetti pubblici".