Perché nelle scuole molti docenti, di Simonetta Salacone da ReteScuole, 29.5.2011
Non è facile per chi non frequenta le
scuole capire il motivo del rifiuto, che si fa sempre più massiccio
, dell’operazione messa in piedi dal Servizio di Valutazione
Nazionale dell’INVALSI, da parte di docenti, genitori, studenti.
Cosa e chi si intende valutare: gli
alunni? i docenti? il sistema scuola? Vi è rifiuto dei testi INVALSI da parte di molti docenti perché, come professionisti dell’educazione, non si è stati chiamati, a ricercare e a condividere gli strumenti e le modalità più adeguate per effettuare un’operazione così delicata e complessa e perché non è prevista alcuna possibile interlocuzione con l’Istituto, ma solo l’esecuzione di disposizioni. Vi è rifiuto perché si riduce la valutazione ad una misurazione di strumentalità, eseguita tramite test (quiz), molto spesso confusi e addirittura scorretti, comunque avulsi dai programmi svolti in classe, dai contesti in cui le scuole operano e dalle diverse situazioni dei singoli alunni e delle singole scuole. Vi è rifiuto, infine, perché l’operazione di valutazione censuaria (non è una ricerca su campione!) avviene proprio negli stessi anni in cui la scuola italiana è sottoposta ai tagli più feroci della sua storia, è impoverita di docenti e risorse finanziarie, è investita da cattive riforme che riducono gli orari, azzerano le sperimentazioni, aumentano gli alunni per classe, divaricano i percorsi degli studenti più deprivati e fragili da quelli degli studenti socialmente più favoriti, è attaccata quotidianamente dal Presidente del Consiglio e dai Ministri del suo Governo e accusata di condizionare ideologicamente gli alunni proprio per le sue caratteristiche di laicità del pensiero e pluralità dei saperi.
Il sistema dei test corrisponde
perfettamente ad una scuola che si vuole addestrativa, riduttiva
della complessità, soffocatrice delle divergenze e delle diversità
di pensiero, più “produttiva”.
Le Scuole e i docenti sanno, invece,
quanto sia delicata l’operazione di valutazione che quotidianamente
essi svolgono nei confronti dei propri alunni .
I docenti migliori sanno che valutare
periodicamente è un’ attività che si fa in team e che si collega
alla ricerca di strategie e metodologie efficaci, soprattutto quando
non si riescono ad ottenere risultati positivi.
Valutare comporta sempre, un
confronto: delle prestazioni offerte dagli alunni in momenti diversi
del loro percorso di apprendimento; dei risultati di alcuni con
quelli dell’universo-classe o di un gruppo di pari; di obiettivi
raggiunti rispetto a standard e risultati attesi (definiti
chiaramente dai docenti su misura delle possibilità e dei punti di
partenza di ciascuno). Da più parti, pareri delle OOSS, sentenze di giudici amministrativi, pronunciamento dell’Avvocatura di Stato, pareri di Associazioni professionali… si afferma che la ricerca affidata all’INVALSI, da realizzare con mezzi garantiti all’Istituto dal MIUR, non può comportare alcun obbligo aggiuntivo per i/le docenti, tenuti alla valutazione dei loro alunni secondo gli strumenti e le modalità dettate, come previsto dall’autonomia, da ogni Collegio.
Diverse, a questo proposito, sono le
posizioni sulle quali i Collegi, in questi giorni, si confrontano:
alcuni deliberano il libero uso, anche parziale delle prove, da
parte dei Consigli di classe e di interclasse, ma solo a fini di un
confronto interno; altri oppongono un rifiuto totale alla
somministrazione dei test ai propri alunni e alla correzione
successiva, anche in riferimento al contratto di lavoro, che non
prevede obblighi di tale natura, meno che mai imposto da un Istituto
esterno all’assetto del MIUR; altri ancora accettano di
somministrare i test, ma chiedono ai dirigenti scolastici di non
inoltrare i risultati all’INVALSI… Diverse sono anche le posizioni dei dirigenti scolastici: si va dalla richiesta di collaborazione alla emanazione di ordini di servizio (che si configurano, invero, come abusi, alla luce anche dell’attuale normativa e della stessa circolare del 20 aprile 2011 del MIUR) , all’adeguamento alle delibere dei Collegi, quando questi chiedono che non si dia inoltro all’INVALSI dei risultati, al rifiuto di attenersi alle delibere che esprimano tale posizione, considerate illegittime. Diverso è anche il livello di mobilitazione delle famiglie e degli studenti: si va dalle assenze programmate nei giorni delle prove, alle diffide dei genitori verso docenti e dirigenti che intendano sottoporre i propri figli ai test, alle denunce alla scuola per le informazioni richieste tramite gli studenti sulle singole situazioni familiari, alla proibizione, trasmessa per iscritto al dirigente scolastico, di fornire all’INVALSI i risultati dei test che, tramite il codice identificativo, non garantiscono la privacy. Un risultato, comunque, tutta questa operazione INVALSI l’ha ottenuto: riaprire il dibattito sulla valutazione e sugli strumenti e le modalità che le scuole adottano per verificare il raggiungimento delle strumentalità di base e delle competenze che devono essere garantite agli studenti, qualunque sia la situazione di partenza.
E’ importante che nelle scuole si
riprenda a discutere nel merito di tali problemi, affinché il
rifiuto dell’operazione INVALSI non appaia ideologico o difensivo di
interessi di categoria. Per rilanciare i temi della valutazione del sistema educativo italiano è necessario garantire ai docenti più tempi per la ricerca e la messa a punto degli strumenti didattici, più aggiornamento disciplinare, metodologico, psicologico, più spazi per la collegialità e la riflessione adulta, meno alunni per classe, più autonomia professionale, più considerazione sociale, più risorse e sussidi tecnologici, meno precarietà lavorativa, più attenzione alle problematicità che, in una società complessa, pone la relazione con bambini, adolescenti, famiglie…. Allora, chi governa la Scuola dovrà capire che si valuta non per premiare e punire, ma per intervenire nelle criticità e per diffondere strategie e pratiche didattiche efficaci e i soggetti incaricati della valutazione di sistema dovranno prima di tutto avere scambi costanti e paritari con chi opera sul campo, per poter individuare cosa valutare e come e per poter migliorare insieme il sistema scolastico nel suo complesso. |