intervista

"Dove l'istruzione è di qualità
migliore il Pil corre di più"

L'economista Eric Hanushek ospite del convegno
della Fondazione per la scuola della Compagnia Sanpaolo

Tonia Mastrobuoni La Stampa, 25.5.2011

torino

È uno dei maggiori studiosi al mondo del rapporto tra istruzione e crescita economica. Sarà ospite del convegno della Fondazione per la scuola della Compagnia Sanpaolo su «La sfida della valutazione» che si apre oggi a Torino. Ma l’arrivo dell’economista di Stanford Eric A. Hanushek nel giorno del rapporto dell’Istat è l’occasione per allargare il campo dalla stretta analisi sugli effetti benefici dell’istruzione a uno sguardo sul futuro del Paese.

Professore, c’è un rapporto tra la pessima media che risulta ormai ogni anno dai test Pisa Ocse sui rendimenti scolastici degli studenti italiani e il decennio di «crescita perduta», certificata dall’Istat?

«C’è un rapporto chiarissimo che rileviamo da tempo tra i tassi di crescita dei Paesi dell’Ocse e i risultati dei test Pisa. I paesi che fanno meglio, soprattutto nelle scienze, sono quelli che crescono di più. È un grande problema per l’Italia, all’inverso, avere da dieci anni risultati sotto la media Ocse. Se fosse come la Finlandia, i benefici sul Pil sarebbero di 16 miliardi di euro».

Fino agli anni Duemila il sistema scolastico finlandese era considerato pessimo. Adesso è in cima alla lista dei Paesi con i migliori rendimenti. Come ha fatto?

«A mio parere il loro segreto è l’importanza capitale che hanno assegnato alla scuola e al miglioramento dell’insegnamento, in questi ultimi anni. Così sono riusciti a conquistare per le scuole, ad esempio, i laureati migliori».

In Italia non avviene spesso.

«Infatti. E aggiungerei un altro elemento: i sindacati degli insegnanti in Finlandia lavorano assieme alle scuole per migliorare la qualità delle lezioni».

Quindi, come bisogna procedere?

«La prima cosa da fare è misurare il livello degli studenti. Poi bisogna premiare gli insegnanti che fanno bene il loro lavoro e aiutare quelli che non lo fanno bene a trovarsi un’altra occupazione...»

In Italia è inimmaginabile.

Anche negli Stati Uniti c’è un dibattito su questo. È anche un problema culturale, ovvio, oltre che sindacale. Ma per gli Usa abbiamo calcolato che se si sostituisse il 5-10% degli insegnanti peggiori con insegnanti di livello medio, le scuole americane raggiungerebbero la Finlandia. E lo stesso discorso vale per l’Italia. Si tratta di un cambiamento piccolo ma che avrebbe effetti enormi».

Come sono gli insegnanti italiani?

«Mancano troppi elementi per valutarli. Quando è stato fatto, finalmente, negli Stati Uniti, c’è stata una drammatica presa di coscienza su quanto fosse stato importante farlo...»

C’è una polemica sull’Invalsi italiano, c’è chi la sta boicottando.

«Lo so. Ma torno a dire che i test misurano cose importanti. Le persone che hanno punteggi più alti guadagneranno di più, nella vita, avranno carriere migliori. Si possono sempre migliorare, ma non bisogna mai dire che i test non contano. È falso».