DIRITTO di CRONACA

Nella fabbrica dell'Invalsi

Come e dove nascono i test più contestati d'Italia

Flavia Amabile La Stampa, 11.5.2011

Tutto è nato con una mail inviata nell’autunno del 2008 a associazioni, case editrici e riviste specializzate, esperti di didattica, per invitare i prof di tutt’Italia a un grande convegno a Roma destinato a preparare la rivoluzione che sta turbando i sogni di molti loro colleghi, i test Invalsi, la valutazione di studenti, docenti e scuole sulla base di domande uguali e prove di qualsiasi soggettività.
Risposero in 400 circa, si trovarono a Roma alla fine del 2008 e partì così una macchina capace di sfornare centinaia di test l’anno per studenti dai 6 ai 18 anni.

Tutti mobilitati per inviare domande che l’Invalsi avrebbe esaminato, solo il 5% dei docenti invitati al convegno rinunciò. Gli altri andarono avanti in quello che sembrava soprattutto un passatempo: i responsabili dell’Istituto erano stati molto chiari sui compensi, circa 10 euro lordi a domanda accettate. E le domande accettate sono in media 1 su 4. Il che significa che la gran parte dei prof ha lavorato a vuoto. Perché l’ha fatto? Roberto Ricci, una laurea in scienze statistiche, alla guida del Servizio Nazionale di Valutazione dell’Invalsi sorride: «Sono persone motivate dal circuito di idee che si è creato, dal contatto con esperti internazionali, gli stimoli. E’ un’opportunità professionale unica per chi ama il lavoro di docente e intende svolgerlo al meglio».

Costo della macchina: quasi 3 milioni di euro. Il 60% della cifra serve per rimborsare gli osservatori, i circa 5 mila docenti e dirigenti selezionati dall’Invalsi per seguire le prove nelle scuole che entreranno a far parte del campione, un terzo per le operazioni di confezionamento e imballaggio, il resto va via in compensi per i test o le spese dei convegni o amministrative.

Una bella cifra, non c’è che dire. Roberto Ricci scuote la testa. «La Gran Bretagna spende 20 milioni di euro, in altri Paesi si spende meno ma comunque sono su cifre intorno ai 10 milioni di euro».
D’altra parte i numeri della macchina sono quelli che sono: 21 Tir di carta, 45 mila pacchi di domande imbustati e inviati solo per queste prove di maggio, 115 mila classi da coprire. Qualcosa si può ancora risparmiare, aggiunge Ricci. «Vorremmo gradualmente eliminare la versione cartacea e sostituirla con una prova digitale che risulterebbe più economica perché permetterebbe di evitare le spese di confezionamento e imballaggio, circa un terzo del totale. Permetterebbe di non incorrere in errori inevitabili su queste cifre. E infine di avere una prova più ricca e articolata per gli studenti».

E’ questa la macchina che una parte dei prof e dei sindacati vorrebbe eliminare, una squadra composta da 25 persone, non più di 7-8 a contratto indeterminato, il resto da precari. Lontani da Roma e dalle sedi istituzionali, lavorano immersi in una sede bellissima, la villa Falconieri a Frascati, completa di parco e sale affrescate, che dà molto nell’occhio e forse nasconde la realtà. Non ci sono soldi nemmeno per riparare le maniglie e una parte del sistema informatico è formato da pc vecchio tipo riassemblati in una geniale e italianissima struttura capace di reggere il peso di decine di migliaia di domande anche contemporanee come avviene nei momenti di maggiore afflusso e retta da un responsabile, l’unico con contratto a tempo indeterminato, e altre sei persone, tutti precari.

Essere lontani da Roma non vuol dire essere lontani dalle polemiche sui risultati del loro lavoro. «Vado ovunque - spiega Ricci - per parlare, per cercare di far comprendere che cosa stiamo facendo. Nessuno vuole valutare i professori, vogliamo solo dare alla scuola italiana uno strumento obiettivo, indispensabile per aiutarla a crescere future generazioni di ragazzi preparati. Ho incontrato tutti, i Cobas, i genitori, i professori, alcuni hanno capito, altri forse no, ma io ho fatto il possibile».