SCUOLA
Valutiamo gli studenti, Antonella Sanvitale il Sussidiario 16.7.2011 Terminate le prove scritte dell’esame di stato, i docenti “commissari” si sono febbrilmente impegnati nella valutazione delle stesse. Ogni commissione ha scelto la propria griglia di correzione mossa, come scriveva Mereghetti nell’articolo pubblicato da ilsussidiario.net il 27 giugno, dalla “illusione di poter essere oggettivi applicando numericamente dei numeratori… Invece esprimere una valutazione… non è solo applicare dei criteri, ma è ancor di più esprimere un giudizio sintetico. Ogni insegnante dovrà mettere in campo le sue capacità di giudizio per poter cogliere il positivo di ogni studente e valorizzarlo”. È interessante approfondire questo giudizio, che trovo molto corrispondente alla nostra seria e professionale responsabilità di insegnanti. Infatti spesso, durante lo svolgimento degli scrutini, ho vissuto un profondo disagio nel constatare che tutta l’energia e la preoccupazione di molti docenti e dirigenti consisteva solo nell’applicazione “precisa e puntuale” dei criteri decisi dalla legge e dal Collegio docenti per l’attribuzione dei voti (in gergo scolastico “crediti scolastici e formativi”) che comportava, conseguentemente, la promozione o meno degli alunni. E la stessa logica si è ripetuta nelle commissioni degli esami di stato. Vero è che noi insegnanti spesso siamo sviliti ed ingabbiati da tante regole che rendono la scuola un insieme di convenzioni sociali, ma il nostro agire professionale, il nostro io e quello dei nostri alunni non dovrebbe essere sostenuto, compreso o guidato e quindi giudicato da criteri legislativi applicati in modo svilente e restrittivo; posizione che riduce qualunque dettato normativo a regole astratte e sorde a sostenere e sviluppare il fine per cui sono emanate. Occorre fare, invece, un serio lavoro di approfondimento della ratio delle leggi. Il nostro lavoro è l’evidenza, è il frutto di come ognuno di noi si tratta, si concepisce e quindi considera e tratta chi ha davanti e gli strumenti che gli sono dati (comprese le leggi, che dovrebbero servire a far emergere ed a tutelare la persona e non a definirla). Per questo, quando alla fine di un percorso scolastico andiamo a tracciare il profilo degli studente nell’ambito di un Consiglio di classe che si spende tutto, sinergicamente, per formarli meglio, a tutti i docenti è chiesto di esprimere un giudizio sintetico, evidenziando e dando le ragioni su ogni aspetto culturale-educativo vissuto con i propri alunni. Ed è ragionevole e “legale” trasformare insufficienze in 6 quando il giudizio sintetico è positivo e si impone a tutti come più decisivo di risultati negativi particolari: questa è una valutazione diagnostica, una valutazione autentica, che quindi non è mai l’esito meccanico di una somma di voti. La valutazione è sempre controllo diagnostico, momento di sintesi, momento di riflessione e di riflessività quindi la valutazione, come sancisce l’art. 2 del Decreto 122/2009, “è espressione dell’autonomia professionale propria della funzione docente nella sua dimensione individuale e collegiale, nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche” . La valutazione è controllo diagnostico, in tutte le sue forme, allo scopo di formare meglio, per questo è parte integrante della libertà d’insegnamento: tra le cose che si fanno, grazie alla libertà d’insegnamento, per formare meglio c’è anche la valutazione. Ma approfondiamo ulteriormente la legislazione in materia di valutazione, in particolare il DPR 22 giugno n. 122/2009, che ad oggi coordina le norme vigenti sulla valutazione. Se dovessimo descrivere, a chi non conosce, il DPR 122/2009 e/o a chi non ha nulla a che fare con il mondo della scuola la filosofia politica della valutazione che emerge dagli ultimi documenti normativi, potremmo dire che è evidente una valutazione finalizzata alla inclusività, alla significatività, al conseguimento delle competenze trasversali ed, infine, al protagonismo nello sviluppo personale. Innanzitutto per inclusività si intende il fatto che tutti i soggetti in età evolutiva devono non rimanere esclusi dai processi di insegnamento/apprendimento, come è sancito dal DPR 275/1999. Andando poi nella inclusività più sottile, dobbiamo far riferimento all’intercultura (gli alunni provenienti dai contesti migratori), all’orientamento (ci riferiamo a tutti gli stili cognitivi) alla disabilità (L.104 e Linee guida del 2009) e all’educazione degli adulti. Per quanto riguarda la valutazione in vista della significatività, occorre ricordare che la significatività è l’effetto della perfetta aderenza del percorso formativo personalizzato alla matrice cognitiva del soggetto. La significatività, quindi, si ha quando si personalizza e si utilizzano al meglio i nuclei fondanti delle discipline per “mobilitare” l’interesse dei ragazzi. È ben noto, infatti, ai decisori politici ed agli amministratori centrali, che se oggi una conoscenza non è significativa non c’è nessuna mente in età evolutiva che la ritiene o ne fa buon uso. La significatività, quindi, è la condizione di esercizio della scuola di oggi. I tasselli normativi sono: il DPR 275/99 (in cui ritrovare anche il concetto di personalizzazione), la L. 53/2003 della Moratti e, più recentemente, tutte le misure di accompagnamento del riordino del II ciclo che indicano linee di massima per una progettazione formativa da parte dei docenti, calibrata in modo che sia significativa per i nostri studenti. La valutazione, inoltre, guarda il raggiungimento delle competenze trasversali, cruciali per tutti, quali lo sviluppo della creatività, della capacità di pensare in modo critico, etc.; esse sono più delle competenze chiave, considerate il minimo, l’imprescindibile, cioè i paletti su cui si sviluppano le competenze trasversali. Le fonti italiane relative alle competenze sono, innanzitutto, il DPR 139/2007, che riprende dall’Europa le competenze chiave e le fissa in vista delle competenze trasversali e, più recentemente, la Circolare ministeriale 9/2010 che ha fissato il modello di certificazione delle competenze in uscita per il biennio. Infine la valutazione considera il protagonismo nello sviluppo personale, quale condizione della cittadinanza attiva e dell’occupabilità. La valutazione così vista, la troviamo nella 235/2007, che ha integrato lo Statuto delle studentesse e degli studenti, e nella L. 169/2008. La valutazione per lo sviluppo personale è, per dirla in gergo dell’epoca Moratti, ispirata alla logica del positivo: non si misura mai nessuno per differenza ma si misura sempre partendo da ciò che è per permettergli di capitalizzare quello che non ha. Infine ricordiamo che la vecchia logica della valutazione, ispirata agli input e non alla logica del positivo è definitivamente morta con l’eliminazione dei programmi. I programmi, quando esistevano, venivano definiti “una bella pagina di pedagogia recepita dallo Stato”, perché fissavano “l’autore del momento”, lo elevavano a sistema e lo offrivano a tutte le scuole per essere applicato. Come tutto ciò che è imposto dallo Stato, essi contenevano già in sé gli indicatori per la valutazione cioè i contenuti prescritti. La valutazione, quindi, misurava il grado di conoscenza del programma senza considerarne l’uso nella vita. La svolta c’è stata con l’autonomia e con tutto ciò che ne è seguito. In particolare i programmi nazionali sono “morti”, per il primo ciclo, da quando è entrato in vigore il DL 59/2004,cioè dal 1° settembre 2004, per il biennio della secondaria superiore (meglio, per il primo anno del biennio) dal 1-09-2007, anno di entrata in vigore del 139; per il primo anno del triennio della secondaria di II grado dal 1-09-2010, in quanto è entrato in vigore il Riordino, ed a giorni siamo in attesa di pubblicazione del regolamento per gli ultimi anni della secondaria superiore. Non possiamo, quindi, più ridurci alla logica del valutare per sancire ma dobbiamo sempre più valutare per educare, insegnare ed orientare, quindi per promuovere l’avventura della conoscenza, lo sviluppo personale, quindi l’autostima, la cittadinanza attiva e l’occupabilità. Qui la fonte è tutto il DPR 122/2009. |