Al via la partita delle assunzioni In ballo 65 mila posti, domani un vertice a Palazzo Chigi di Alessandra Ricciardi ItaliaOggi, 12.7.2011 legge. Il decreto Sviluppo è stato approvato la scorsa settimana dal senato, senza modifiche rispetto al testo emendato alla camera. E, anche a Palazzo Madama, con voto di fiducia. Via libera dunque al piano programmatico di assunzioni, «sui posti vacanti e disponibili», a partire dal prossimo anno scolastico e per tre anni. Il decreto prevede che ci sia un passaggio propedeutico, rispetto all'autorizzazione ad assumere, di tipo contrattuale. Ancora da chiarire però gli obiettivi della revisione contrattuale, su cui nulla dice lo Sviluppo. Sul tema, visti i risvolti di un piano di assunzioni in un contesto di forti tagli al pubblico impiego e di generale riduzione del personale (è appena finito il piano triennale che ha cancellato oltre 100 mila posti proprio nella scuola), i sindacati sono stati convocati domani a Palazzo Chigi, sotto la regia del sottosegretario, Gianni Letta. A chiederlo erano stati del resto gli stessi sindacati, Cisl e Uil scuola ma anche la Cgil-Flc. E, secondo quanto si apprende da fonti ministeriali, all' atto di indirizzo per le trattative all'Aran stanno già lavorando Istruzione, Funzione pubblica e Presidenza del Consiglio dei ministri. Salvo contraccolpi giudiziari o politici che rimettano in discussione la tenuta o più semplicemente l'assetto del governo. Quello che è certo è che i tempi, se si vuole immettere in ruolo già per questo settembre, sono stretti, anche a voler approfittare della proroga delle procedure a fine agosto concessa dal legislatore. Le previsioni parlano di una disponibilità, tra docenti e Ata, di 65 mila posti per il prossimo settembre. Le prime analisi fatte sulle disponibilità regionali, indicano che oltre il 60% dei posti andrà al Centro-Nord. Nel decreto ci sono poi le norme di manutenzione delle graduatorie permanenti. Oggetto queste di molte tensioni e di un contenzioso, passato anche attraverso la Corte costituzionale, ancora in corso di definizione presso il Tar Lazio circa gli inserimenti a pettine o in coda dei docenti precari abilitati e il numero di province di iscrizione. L'articolo 9 del dl, al comma 17, prevede «la retrodatazione giuridica dall'anno scolastico 2010-2011 di quota parte delle assunzioni di personale docente e Ata sulla base dei posti vacanti e disponibili relativi al medesimo anno scolastico 2010-2011». Obiettivo: far sì che i vecchi titolari di posizioni utili all'assunzione non siano scavalcati all'ultimo momento da chi potrebbe ottenere l'inserimento quest'anno in via giudiziale. L'operazione è giustificata, dal ministero dell'istruzione, dal fatto che i posti vacanti al prossimo settembre in larga misura sono stati maturati lo scorso anno scolastico. L'articolo 9, comma 20, dispone che a decorrere dall'anno 2011/2012 l'aggiornamento delle graduatorie a esaurimento, per la valutazione dei nuovi titoli conseguiti, sia effettuato ogni 3 anni e che la possibilità di trasferimento sia ristretta a un'unica provincia. In precedenza la legge 143 del 2004 dava la possibilità di aggiornare i punteggi e di chiedere il trasferimento in altra provincia ogni 2 anni. Ci sarà quindi un rallentamento degli spostamenti interprovinciali, una scelta che risponde alle istanze di maggiore stabilità del personale di cui si è fatto portavoce il Carroccio. L'articolo 9, comma 21, ridefinsice il trasferimento di coloro che vengono immessi in ruolo: può essere richiesto solo dopo 5 anni di servizio effettivo e non dopo 3 anni. «Con questa misura si punta a contenere il fenomeno di coloro che si spostano da una provincia ad un'altra, alla semplice ricerca della nomina in relazione all'alto punteggio posseduto», spiega il senatore della Lega Nord, Mario Pittoni, «attivandosi poi, appena centrato il risultato, per riavvicinarsi al territorio d'origine, con gli scompensi facilmente immaginabili per la qualità del servizio». Pure l'assegnazione provvisoria, una volta ottenuta la nomina in ruolo, si potrà chiedere solo dopo 5 anni, a differenza di quanto previsto dal Testo unico delle leggi sulla scuola, che lo permetteva dopo il primo anno di servizio. |