Sulla questione della ripartizione
delle cattedre tra Nord e Sud
l'ultima parola deve spettare
più ai demografi che non agli avvocati.

di Gianluca Mungo, 28.7.2011

Vorrei scrivere due righe e manifestare qualche perplessità riguardo alla recente sentenza sulla ripartizione dei posti di ruolo tra Centro, Nord e Sud. La mia perplessità è la seguente: possiamo avere certezza e garanzia che siano stati tenuti nella dovuta considerazione i vari coefficienti della suddetta ripartizione? E soprattutto: sono stati consultati in modo opportuno dei demografi?

Se non sbaglio (errare è anche umano!), mi pare di ricordare che tali posti vengono ripartiti sulla base della crescita demografica delle varie popolazioni e, in particolare, sulla base dei nuovi nati. Se così è (e mi pare che ciò abbia una logica), dove starebbe l’ingiustizia? Forse i demografi e gli statistici hanno commesso degli errori? Ebbene ci dicano ora quali! Sono stati fatti nuovi studi? Dove sono stati pubblicati?

Tre o quattro anni fa circa, tutti assistevamo alla notizia, data dai vari telegiornali e da altri organi d’informazione, che a livello esponenziale a Nord si iniziavano a fare più figli che al Sud. Il Sud restava ancora a livello di numero la popolazione più grossa, ma, di fatto, la crescita esponenziale delle nascite andava invertendosi. A questo aggiungiamo che notoriamente le regioni del Centro e del Nord sono poli di immigrazione più forti che non quelle del Sud le cui famiglie e i cui giovani, anzi, tendono a trasferirsi (magari con tanto di figli a carico!) verso su e assai di rado si assiste all’esatto opposto. Sempre il Centro e il Nord Italia, inoltre, in quanto poli di immigrazione più attivi, attraggono maggiormente rispetto al Sud cittadini asiatici, africani e dell’Est europeo.

Se tali dati sono giusti, come si spiega allora simile sentenza? Oltre agli avvocati e ai giudici che hanno emesso le proprie opinioni presumibilmente su ‘carte’, sono stati consultati, ripeto, demografi e statistici? Lo chiedo perché è anche una questione di rispetto del mestiere altrui e perché non possono sempre e solo gli avvocati ad essere coloro che devono avere l’ultima parola sul destino di un paese e della sua società civile. Se i medici, i biologi e i chimici dimostrano scientificamente che il fumo fa davvero male alla salute dell’essere umano e che quindi si deve contrastarlo il più possibile ed è bene che si limiti l’accesso alla sigaretta nei luoghi pubblici, sarebbe insensato e inopportuno che degli avvocati impugnassero la questione dei diritti umani del fumatore. Se un analista finanziario suggerisce, sulla base di calcoli e statistiche, di investire più in un settore o in una società, sarebbe inconsueto ed insolito che degli avvocati impugnassero principi egualitari e di imparzialità per non discriminare le altre società e gli altri settori, denunciando, così, presunte ingiustizie del libero mercato. Al di là della letterale fregatura che avrebbero i colleghi del Sud che recentemente si sono trasferiti nel Centro e nel Nord qualora le assunzioni andassero ora fatte più a Sud che non altrove, gradirei che l’ultima parola sulla vicenda spettasse proprio a loro: ai demografi!

Se i demografi danno ragione agli avvocati e ai giudici, tanto di cappello, mi complimento con questi avvocati per il lavoro fatto e chiedo loro di restare sempre vigili a che tali ingiustizie non si ripetano, ma se gli stessi demografi dovessero poi dare loro torto, credo (opinione tutta personale!) che, per una questione di umiltà e di buon senso, i medesimi avvocati che hanno sollevato la questione, dovrebbero sfruttare l’occasione per fare un gesto di rispetto all'altrui mestiere e al resto della società civile: starsene zitti!