SCUOLA

Cosentino (Invalsi):
così vogliamo cambiare le scuole

intervista a Giuseppe Cosentino il Sussidiario 15.7.2011

Le rilevazioni Invalsi? Servono prioritariamente a migliorare le scuole. Mi muoverò nel solco delle scelte operate da Piero Cipollone». «L’istituto? Intendo realizzare concretamente la piena inclusione dell’Invalsi tra gli enti di ricerca, e infatti la legge di riordino degli enti di ricerca vigilati dal Miur (decreto legislativo n. 213 del 31 dicembre 2009, ndr) annovera l’Invalsi espressamente tra tali enti, indicandone puntualmente le funzioni e le competenze». Lo dice a ilsussidiario.net Giuseppe Cosentino, direttore generale del Miur e ora commissario dell’Istituto nazionale di valutazione, all’inizio del suo mandato.

Dottor Cosentino, cominciamo dallo statuto. Un lavoro non facile.

Intendo procedere, mediante un confronto ampio e trasparente, a dotare l’Invalsi di uno statuto e di una governance coerenti con la sua natura di ente di ricerca, ivi compreso un Consiglio scientifico con rappresentanze qualificate del mondo accademico e professionale. Per questo occorre assicurarne l’autonomia scientifica e statutaria, insieme ad una stabilità finanziaria e di organico congrua rispetto ai delicati e complessi compiti che gli sono affidati. Occorre elaborare un piano triennale di attività, che indichi a regime le competenze permanenti e il connesso fabbisogno finanziario e di organico.

Interverrà anche sul consolidamento dell’organico?

Sì, perché l’articolo 19 della manovra, in corso di approvazione in Parlamento, pur in un contesto di riduzione della spesa ha stabilito l’affidamento al commissario straordinario di un programma di reclutamento, da completare entro il 31 agosto 2012, in relazione a tutti i posti della dotazione organica. E ciò in deroga ai vincoli stabiliti in materia per le altre amministrazioni pubbliche.

La manovra prevede un adeguamento del finanziamento dell’Invalsi?

Sotto il profilo finanziario la manovra prevede un incremento di risorse finanziarie e il loro inserimento nel «fondo ordinario per gli Enti e le Istituzioni di ricerca», consentendo in tal modo all’Invalsi di disporre di una «autorizzazione di spesa» permanente sul capitolo della ricerca e non, come sinora avvenuto, di contributi finanziari variabili, e riducibili, in ciascun anno. Avremo la possibilità di programmare con certezza e per tempo le azioni di misurazione degli apprendimenti e le altre iniziative previste dalle norme e dalle direttive ministeriali.

Cosa comporterà il consolidamento dell’autonomia dell’istituto?

L’autonomia statutaria e la definizione di un piano di attività triennale, coerente con il piano nazionale della ricerca e con il documento di visione strategica decennale, avverranno nel rispetto e nel contesto più ampio di programmi internazionali di valutazione dei sistemi scolastici e di misurazione degli apprendimenti. Tutto questo assicurerà, come ho detto, certezza, continuità e credibilità nell’azione dell’Ente.

Lei eredita il lavoro svolto da Piero Cipollone. Ritiene ancora valide le sue scelte metodologiche e di indirizzo?

Intendo muovermi nel solco delle scelte operate dall’amico Piero Cipollone, anche tenendo conto del mio diverso ruolo di commissario straordinario. L’obiettivo è quello di fornire alle scuole e al sistema, attraverso le misurazioni sugli apprendimenti, dati attendibili dai quali partire per la progettazione dell’azione didattica e l’attivazione di progetti di miglioramento.

L’idea di una misurazione degli apprendimenti continua ad essere al centro del dibattito scolastico. Secondo lei l’idea di essere valutati è ormai definitivamente accettata da docenti e scuole?

Sono convinto che l’opinione sia progressivamente mutata nel tempo e che tra il personale della scuola ci sia ormai una diffusa consapevolezza dell’importanza della valutazione e dell’autovalutazione, ai fini della ricerca di soluzioni organizzative e didattiche in grado di rispondere in modo efficace alle esigenze degli studenti, delle famiglie e del contesto. È quindi necessario ribadire che la funzione delle rilevazioni dell’Invalsi è prima di tutto quella di aiutare i docenti a riflettere sul loro lavoro, e non avrebbe quindi alcun senso «barare» sulle modalità di somministrazione delle prove standardizzate, perché questo costituirebbe in definitiva un autogol professionale.

Ha detto «attivazione di progetti di miglioramento». Ma qual è, in sintesi, l’obiettivo primo delle prove standardizzate?

Misurare, nel loro ripetersi nel tempo, non tanto valori assoluti ma il delta di miglioramento operato dai docenti in ogni classe. Diversamente, le classi in contesti più difficili sarebbero sempre più penalizzate. Va piuttosto sollecitato un approfondimento sul rapporto tra i profili di uscita e gli obiettivi di apprendimento previsti per i diversi cicli scolastici e le caratteristiche delle prove Invalsi. Su tutte queste questioni intendo aprire presto un confronto con le associazioni professionali e, per la parte relativa all’organizzazione del lavoro, con le organizzazioni sindacali.

Un aspetto importante emerso dalle rilevazioni di questi ultimi due anni è quello della grande variabilità di risultati che, specialmente in alcune aree del Paese, esiste tra le istituzioni scolastiche...

Il fenomeno è noto: scuole dello stesso territorio e con il medesimo background socio-economico-culturale, che teoricamente dovrebbero «produrre» risultati analoghi in termini di apprendimento degli studenti, in realtà presentano risultati diversi. Questo significa che le possibilità di successo dipendono non tanto dalle caratteristiche dello studente, ma dall’efficacia dell’azione della scuola. Anche in questo caso il ruolo dell’Invalsi mi sembra veramente decisivo, per evidenziare il problema e per capire se si tratta di una criticità risolvibile mediante interventi mirati o se invece sono necessari interventi di sistema. La conoscenza dei propri risultati e il confronto con quelli di ambiti territoriali più ampi sollecita innanzitutto la stessa scuola ad attivare processi di riflessione e di miglioramento. Va inoltre ricordato che una norma recente, contenuta nella legge n. 10/2011, prevede la definizione del Sistema nazionale di valutazione, nell’ambito del quale una funzione importante, insieme a quelle della misurazione degli apprendimenti e della valutazione di sistema, sarà quella dello sviluppo.

In altri termini?

La norma prevede il raccordo tra le attività dell’Invalsi, quelle del corpo ispettivo e quelle dell'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, che avrà compiti di sostegno ai processi di miglioramento e innovazione educativa, e di formazione in servizio del personale della scuola. Voglio al riguardo ricordare l’avvio del progetto sperimentale Valutazione per lo sviluppo della qualità della scuola promosso dal Ministero in collaborazione con la Fondazione Agnelli, cui hanno aderito su base volontaria 77 scuole, finalizzato proprio a verificare criteri, strumenti e metodi di «miglioramento» degli apprendimenti e, più in generale, della qualità delle singole istituzioni scolastiche, tenendo ovviamente conto del contesto socio-culturale in cui opera ciascuna scuola.

Connesso al tema del miglioramento dell’offerta formativa delle scuole, c’è quello della pubblicità dei dati. Le scuole sono in grado di leggerli e di «usarli»?

In realtà chi lavora nella scuola sa bene che l’Invalsi, oltre ai rapporti sull’andamento generale del sistema destinati principalmente ai policy makers, fornisce in via riservata e personalizzata a ciascuna scuola i risultati analitici classe per classe e domanda per domanda. I dati sono inoltre leggibili in base a varie categorie di analisi: risultato globale della classe, andamento per genere (maschile e femminile), andamento degli studenti italiani rispetto ai non italiani di prima e seconda generazione, andamento degli studenti con percorsi «regolare» rispetto a quelli anticipatari o posticipatari. Si sta lavorando per introdurre modalità sempre più facilmente e immediatamente utilizzabili per l’analisi e l’interpretazione dei dati, come è avvenuto lo scorso anno con i nuovi grafici.

Che ruolo spetta, in questo quadro, ai dirigenti scolastici?

Nel quadro di un ordinamento scolastico che valorizza la flessibilità curricolare e che fa delle prove standardizzate un elemento di sostegno per i docenti e di garanzia per gli alunni e per i genitori, si rafforza, rispetto al precedente ordinamento, il ruolo del dirigente scolastico come leader educativo. Il dirigente ha il compito di promuovere l’elaborazione di un progetto condiviso, di concorrere a costruire la comunità professionale nell’ambito della comunità scolastica, di promuovere lo sviluppo professionale e la motivazione di tutto il personale e di relazionarsi con tutti gli stakeholders. Siamo ben oltre la pura managerialità.

Quali sono i prossimi obiettivi dell’istituto?

Innanzitutto occorre dare al più presto alle scuole e a tutti i soggetti interessati una informazione completa e precisa in merito alle rilevazioni che l’Invalsi dovrà realizzare nel prossimo anno scolastico, in modo che ciascuno abbia una visione chiara delle cose da fare e possa programmare per tempo le attività e le risorse necessarie. Contemporaneamente, è indispensabile assicurare all’Invalsi una struttura operativa adeguata ai compiti da svolgere.