La guerra dei test/4. da TuttoscuolaNews, n. 493 6.6.2011 Al di là della dialettica tra i fautori e i critici dei test, di cui si è offerta qualche esemplificazione nelle precedenti news, ci sono buone ragioni per ritenere che una equilibrata composizione dei diversi approcci e metodi non sia impossibile, e che anzi sia opportuna. Si tratta certo, e in via preliminare, di concepire i test solo come una delle componenti di un processo valutativo più complesso e articolato. Assegnare ad essi un compito in linea con il loro “mestiere” (come ben ricordava Israel, i test sono utili per “valutare l’avvenuta acquisizione di livelli imprescindibili (…) sul piano ortografico, grammaticale, sintattico, di calcolo, di conoscenza di basilari ordinamenti storici e geografici, ecc”), e non pensare di usarli per compiti e scopi a cui non possono rispondere adeguatamente. Ma una volta affermato questo principio si deve riconoscere l’utilità di strumenti come i test che consentono screening di massa sui livelli di acquisizione di alcune competenze di base fondamentali, con possibilità di analisi comparative dei risultati, e che sono finora colpevolmente mancati nella scuola italiana. Ai test possono e devono affiancarsi altre modalità valutative più idonee a valutare quelle componenti del processo formativo (senso critico, creatività, capacità riflessive complesse ecc.) che non possono essere ‘testate’ e che possono emergere ed essere valutate solo nell’interazione tra docente e alunno. Insomma, per la valutazione complessivamente considerata c’è una terza via. A noi sembra che proprio la pluralità dei punti di vista e degli accenti consentirebbe di effettuare valutazioni più comprensive, sistematiche e approfondite, e che questa sia quindi la strada da battere, l’unica capace di valorizzare insieme la valutazione tramite test e quella dei docenti, senza metterle in competizione, ma integrandone le caratteristiche e i risultati. |